NEWS | Inaugurazione anno accademico

Il vero sapere è un'esperienza

28 novembre 2025

Il vero sapere è un'esperienza

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Rivolgo a ciascuno di voi un cordiale benvenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2025/2026 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

L’inedita organizzazione scenografica dell’Aula Magna è il segno più evidente che la cerimonia di questo anno accademico è letteralmente straordinaria, insolita rispetto a quelle del passato. Abbiamo riorganizzato gli spazi per consentire al Maestro Riccardo Muti di dirigere i musicisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Consentitemi dunque di esprimere sincera gratitudine e profonda ammirazione al Maestro Muti per l’originale e suggestiva lectio magistralis che oggi ci offrirà, un intreccio eccezionale di musica e parole. Maestro, Lei rappresenta una delle più alte e nobili espressioni dell’Italia nel mondo, un vero ambasciatore del nostro patrimonio culturale. Siamo davvero onorati di averLa con noi.

Desidero rivolgere il mio più vivo ringraziamento all’Arcivescovo di Milano, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Mario Delpini, Presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, per aver presieduto la celebrazione eucaristica nella Basilica di Sant’Ambrogio e per le riflessioni che vorrà condividere con noi. Grazie, Eccellenza, per la Sua guida ispirata e lungimirante, che è per noi un dono inestimabile e un vigoroso stimolo per la nostra missione educativa.

Ringrazio per la loro partecipazione le numerose Autorità Religiose, Civili e Militari. Mi è gradito rivolgere un saluto deferente alle Alte Cariche dello Stato, in particolare al Presidente del Senato della Repubblica Ignazio La Russa, al Vice Presidente del Senato Licia Ronzulli, al Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, al Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, al Giudice della Corte Costituzionale Antonella Sciarrone Alibrandi, al Sindaco di Milano Giuseppe Sala, al Prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Rivolgo altresì un saluto particolarmente grato ai senatori e deputati della Repubblica che hanno accolto il nostro invito. La presenza di voi tutti conferisce ulteriore significato all’occasione odierna.

Un saluto cordiale alle Autorità Accademiche, ai Magnifici Rettori e loro rappresentanti e, nuovamente, al Ministro Bernini che avremo il privilegio di ascoltare. La Sua presenza testimonia l’esistenza di una collaborazione solida e qualificante volta a rafforzare il comune e sinergico impegno per un sistema universitario nazionale di qualità.

Saluto e ringrazio gli stimatissimi colleghi e colleghe docenti, le ricercatrici e i ricercatori, le assegniste e gli assegnisti di ricerca, le dottorande e i dottorandi. Costituite il nostro patrimonio vitale, da voi dipende il prestigio e la qualità delle nostre attività di didattica e di ricerca, così come il valore umano che dà senso e profondità alla nostra missione. In questa solenne cerimonia, vi ringrazio pubblicamente per la passione con cui ogni giorno svolgete la nobile responsabilità di cui siete investiti, a Milano, Roma, Brescia, Piacenza e Cremona.

Rivolgo un saluto cordiale e un ringraziamento al Pro-Rettore Vicario Anna Maria Fellegara, e ai Delegati rettorali, per la condivisione e il sostegno nella realizzazione del nostro progetto educativo. Ringrazio i Presidi, per la lodevole opera svolta alla guida delle rispettive Facoltà e per l’autentica collegialità con cui, nell’ambito del Senato Accademico, interpretano il loro mandato. In questo anno ciascuno di voi è stato parte attiva di un’orchestra armoniosa, dove competenze e dedizione hanno contribuito a rendere piena e coerente la sinfonia del nostro impegno comune. In particolare, auguro buon lavoro ai nuovi Presidi Claudio Giannetti e Alessandro Sgambato. Un saluto riconoscente va ai professori che nell’anno trascorso hanno concluso il loro incarico come Presidi, Maurizio Paolini e Antonio Gasbarrini. A quest’ultimo rivolgo un ringraziamento sentito per la disponibilità a ricoprire il ruolo di Direttore scientifico dell’IRCCS del Policlinico Gemelli.

Saluto, con un particolare ringraziamento, l’Assistente Ecclesiastico Generale, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Claudio Giuliodori, anche per averci guidato nel pellegrinaggio in occasione del Giubileo del mondo educativo, momento che ha rafforzato quello spirito di famiglia che è il segno più autentico della nostra comunità educante. Saluto gli assistenti pastorali, i docenti di teologia e la fraternità francescana dei Frati Minori. La vostra è una presenza utile e preziosa che si rivela nell’incontro con l’altro, che alimenta il dialogo fra la teologia e le altre discipline coltivate in Ateneo e che valorizza l’orizzonte spirituale, della cui essenzialità ci rendiamo conto ogni giorno di più.

Un saluto, unito a un ringraziamento sincero e profondo, va ai membri del Consiglio di amministrazione dell’Ateneo per il decisivo contributo impresso nelle scelte strategiche e ai membri del Comitato di indirizzo dell’Istituto Toniolo per il costante accompagnamento nel perseguire i fini istituzionali. Desidero ringraziare il Presidente Michele Lenoci per la cura con cui ha guidato il Nucleo di Valutazione di Ateneo. Ringrazio altresì il Direttore Generale Paolo Nusiner, i Direttori di Sede, la struttura manageriale e il personale tecnico-amministrativo, che lavorano ogni giorno al servizio della comunità universitaria. Un servizio al quale la Fondazione EDUCatt, che ringrazio, partecipa concretamente. Un ecosistema, quello dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, cui la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS apporta un contributo straordinario; saluto, dunque, il suo Presidente Daniele Franco, gli esponenti del Consiglio di amministrazione e il nuovo Direttore Generale Daniele Piacentini. Colgo l’occasione per rivolgere un ringraziamento al professor Marco Elefanti per il lungo e meritorio impegno profuso a beneficio della Fondazione.

Saluto, con il consueto e caloroso affetto, le studentesse e gli studenti, i protagonisti della nostra missione educativa e i nostri migliori ambasciatori nel mondo. Un saluto particolare a chi frequenta i Collegi, luoghi di esperienza unici, ai quali Padre Agostino Gemelli e la Beata Armida Barelli avevano riservato, con lungimiranza, molte attenzioni. Saluto, inoltre, i tanti alumni che seguono e sostengono le nostre attività. Siete voi il lievito per una società capace di disegnare le mappe di un nuovo mondo, orientato al bene comune e alla pace.

Piano Strategico: la migliore università per il mondo, dove il servire unisce

È proprio guardando al futuro che siamo impegnati nel processo di elaborazione del Piano strategico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il triennio 2026-2028. Tre i principi che lo guidano: valorizzare il profilo di ateneo cattolico non profit; favorire una piena integrazione tra la dimensione di comunità educante e quella di research university; costruire un luogo di esperienza del sapere e non solo di trasmissione del sapere.

A partire della complessità dell’attuale contesto congiunturale, il Piano promuove progettualità capaci di generare impatto alla luce di una riflessione sulla natura e sulle finalità educative e istituzionali dell’Università. Non si tratta semplicemente della stesura di un documento, quanto invece di uno strumento che ha attivato un processo partecipato in cui tutte le componenti stanno portando la loro voce per incidere creativamente sulla vita dell’Ateneo. Affidandosi a metodi condivisi e criteri trasparenti, il Piano ha l’obiettivo di traghettare l’Università verso il futuro dando corpo all’idea di migliore università per il mondo.

L’originalità di questo Piano sta nel suo metodo e può essere colta con le parole usate dall’Arcivescovo Delpini nel Messaggio per la giornata diocesana della Caritas Ambrosiana. Se nella visione dominante l’organizzazione ha come principio trainante l’efficienza e la conseguente verifica dei risultati, in quella cristiana l’organizzazione è fatta per costruire rapporti e la verifica si basa sulla valorizzazione delle persone. Ma un’organizzazione così intesa può essere anche efficiente? Per l’Arcivescovo il cuore della questione risiede nella procedura per prendere decisioni. Dunque, se concepiamo l’Università sì come istituzione ma anche come organizzazione – vale a dire come comunità di persone che collaborano armonicamente secondo una struttura formale per raggiungere obiettivi condivisi – l’originalità del Piano sta in un metodo sinodale che si ispira al «servire che unisce».

Cinque le aree prioritarie individuate, ovvero cinque pilastri, in dialogo tra loro e incentrati sugli aspetti identitari dell’Ateneo. Il primo riguarda l’istituzione di una scuola di integrazione dei saperi, in grado di potenziare l’interdisciplinarità dell’Ateneo nell’affrontare le grandi questioni del nostro tempo a partire da una prospettiva trasversale, evitando il rischio di una parcellizzazione delle competenze.

Il secondo pilastro si incentra su un’offerta formativa di qualità fondata, da una parte, sul rinnovamento dei contenuti e delle metodologie didattiche con particolare attenzione agli strumenti dell’intelligenza artificiale; dall’altra, sullo sviluppo di percorsi in collaborazione con la piattaforma digitale internazionale FutureLearn per una formazione che abbracci l’intero arco della vita professionale dando così piena concretezza al lifelong learning.

Il terzo pilastro è rappresentato dalla valorizzazione della ricerca e dei ricercatori, con l’obiettivo di rendere ancor più incisivo il profilo di research university. Si intende, cioè, promuovere un ambiente di ricerca favorevole in grado di attrarre e sostenere talenti, incentivando la partecipazione a programmi di finanziamento competitivo e il supporto ai giovani ricercatori.

Il quarto pilastro attiene all’internazionalizzazione e si muove lungo due direttrici. Da un lato, l’ampliamento della dimensione globale attraverso accreditamenti, attenzione ai ranking e ulteriori dual degree in aggiunta ai 112 già attivi; dall’altro, un orientamento più identitario, volto a proseguire nella realizzazione del Piano Africa e a consolidare le reti tra università cattoliche.

Il quinto pilastro è dedicato alle attività di fundraising facendo leva su aspetti identitari e guidati dall’idea del dono come reciprocità. Papa Francesco ci ricordava infatti: «Tutti, sempre, abbiamo bisogno gli uni degli altri e quindi tutti, sempre, abbiamo qualcosa di prezioso da donare». La finalità, pertanto, va oltre la raccolta di risorse e abbraccia il rafforzamento delle relazioni con gli interlocutori esterni per sostenere progettualità strategiche e garantire – grazie a borse di studio e prestiti d’onore –  l’accesso ai nostri corsi a giovani meritevoli ma privi di mezzi.

Alcuni dati dell’anno

Il Piano strategico che ho illustrato per sintesi è il frutto di riflessioni e attività totalmente interne all’Ateneo, con l’obiettivo di far emergere tutte le potenzialità presenti e di valorizzare al meglio le competenze, tanto accademiche quanto amministrative. Questo processo ha permesso di ideare iniziative e progetti in ambiti nei quali il nostro Ateneo gode già di un riconosciuto apprezzamento. Permettetemi di ricordarvi qualche numero.

L’offerta formativa rimane attrattiva. Un’offerta che continua a rinnovarsi, affrontando le grandi questioni del nostro tempo, come avvenuto con la nuova laurea magistrale interfacoltà di Economia e Medicina e Chirurgia in Healthcare management e il nuovo profilo in Filosofia dell’era digitale e dell’intelligenza artificiale sostenuto da una specifica cattedra sull’IA finanziata da Intesa Sanpaolo, che ringrazio. Nell’anno in corso, i nuovi iscritti sono 13.489, segnando un incremento nel numero di studenti nei corsi di laurea magistrale. La nostra comunità raggiunge così i 43mila studenti, cui si uniscono quasi 40mila partecipanti a corsi di formazione continua. Significativa la forte presenza di immatricolati provenienti da tutti i continenti, con una crescita del 37% dal 2021, a testimonianza dell’attrattività sempre più marcata delle nostre lauree in ambito globale.

Un apprezzamento internazionale confermato dal QS World University Rankings 2026, dove registriamo il nostro migliore risultato globale dell’ultimo decennio. Un avanzamento trainato da progressi significativi in due indicatori chiave della ricerca: un salto di 101 posizioni relativamente alle citazioni per docente e di 136 posizioni per rete di ricerca internazionale.

A corroborare il nostro posizionamento come research university sono i prestigiosi riconoscimenti sul fronte della ricerca con l’assegnazione di ben 3 ERC (European Research Council) finanziati nel bando 2025. Siamo la seconda università in Italia per numero di vincitori. Nello specifico due ERC Synergy Grant, la linea di finanziamento di maggior rilievo in quanto, oltre a premiare progetti di alta originalità e innovazione, implica collaborazioni e sinergie con altre istituzioni di eccellenza. A esserne insigniti sono stati in ambito archeologico Caterina Giostra e in ambito medico Massimiliano Papi e Ivo Boskoski. A questi due riconoscimenti, si aggiunge uno Starting Grant ERC, una linea destinata ai talenti che abbiano completato gli studi di dottorato da non più di 7 anni, assegnato sempre nell’area medica a Gianluca Ianiro. Ad arricchire il quadro, un Horizon Europe - MSCA Staff Exchange ottenuto da Michela Elisa Craveri in campo linguistico e il Cost Action vinto da Veronica Riniolo in ambito socio-politico. A questi docenti - oggi presenti - e ai loro team di ricerca, va il plauso dell’intera famiglia universitaria. A loro e a tutti gli altri ricercatori con progetti finanziati nell’anno, sarà dedicata una Giornata della ricerca per darne adeguata evidenza, anche all’esterno, e stimolare nuove linee di azione.

Infine, il Piano Africa continua a ottenere ampi riconoscimenti e si sta affermando come catalizzatore di numerose nuove iniziative. Ne è una testimonianza il finanziamento da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca, nell’ambito del Piano Mattei, del progetto ATLANTIS, coordinato da Mario Molteni, volto a favorire l’integrazione della cultura africana in modelli imprenditoriali innovativi. Una manifesta attuazione di un approccio bottom-up di co-progettazione per un lavoro con i paesi africani. 

Permettetemi un’ultima considerazione legata al Piano Africa: al termine della cerimonia, riceverete il libro L’Università Cattolica con l’Africa. Educazione, solidarietà, sviluppo, edito da Vita e Pensiero, che ringrazio. Raccoglie le prolusioni delle diverse giornate di inaugurazione dello scorso anno accademico e restituisce la complessità del continente africano con uno sguardo privo di stereotipi. Un piccolo segno dell’impegno che stiamo portando avanti e che ha dato i suoi primi, importanti, frutti.

Alleanza tra generazioni: il tema di questo anno accademico

Anche quest’anno abbiamo deciso di mettere al centro dell’inaugurazione e dei dies academici un tema unitario: l’alleanza tra generazioni. Un tema che sarà declinato di volta in volta secondo le diverse specificità disciplinari ponendo l’accento sulla trasmissione del sapere; sull’invecchiamento attivo, inclusivo e in salute; sulle politiche socio-economiche per contemperare le istanze di giovani e anziani. Ambiti da sempre oggetto di studio nel nostro Ateneo e che oggi assumono una valenza centrale alla luce della questione demografica e non solo.

L’ospite d’eccezione di questa inaugurazione e la sua orchestra giovanile fungono da collegamento metaforico per introdurre il tema. Quello del Maestro Muti è, in realtà, un ritorno, un felice ritorno. Infatti, è stato nostro ospite il 24 febbraio 1999, quando la Facoltà di Lettere e filosofia gli conferì la laurea honoris causa, alla presenza dell’allora Magnifico Rettore Sergio Zaninelli, che oggi, a distanza di alcune settimane dalla sua scomparsa, ricordiamo con gratitudine.

In una recente intervista, il Maestro Muti ha sostenuto convintamente che la musica costruisce ponti e ha una dimensione politica, nel senso di «comunità, partecipazione e armonia» (La Stampa, 25 settembre 2025). È un’affermazione che facciamo nostra declinandola nell’ambito educativo. Infatti, uno dei principali obiettivi di una realtà accademica libera e creativa come la nostra è proprio costruire ponti tra le generazioni per favorire una condivisione viva del sapere, che non si limiti a una trasmissione di nozioni, teorie e formule dal docente al discente. In altre parole, ciò su cui desidero insistere è una concezione del sapere come patrimonio condiviso tra le generazioni. Ecco, dunque, il filo narrativo che unirà idealmente tutte le cerimonie delle sedi dell’Ateneo.

Un ulteriore passaggio dell’intervista al Maestro Muti mi aiuta a spiegare meglio questa prospettiva e, soprattutto, a rendere manifesta l’importanza della sua presenza con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, che ringrazio vivamente. Ricordando le motivazioni per le quali ha deciso di creare un’Accademia per giovani direttori d’orchestra, il Maestro Muti ha sostenuto che l’intento di una così nobile iniziativa non è solo quello di trasmettere la tecnica, ma soprattutto il valore culturale dell’opera italiana. La sua intera attività è infatti la testimonianza concreta della trasmissione del sapere attraverso l’esperienza: il Maestro Muti è stato allievo di Antonino Votto, che a sua volta fu allievo di Arturo Toscanini, il quale ebbe come riferimento e Maestro Giuseppe Verdi. Dunque, una lectio magistralis, in parole e musica, che incarna l’idea stessa di sapere tramandato di generazione in generazione e reso vivo dall’esperienza diretta e di dialogo tra epoche.

Illuminante è il nesso con la riflessione di Paul Ricoeur sulla dimensione intergenerazionale poiché consente di pensare la memoria come il ponte essenziale che collega il passato al presente e a una futura responsabilità, attraverso l’eredità non solo materiale ma anche simbolica e culturale. La relazione tra generazioni è dunque un processo vivo di memoria, eredità e narrazione. Ogni educatore sente forte la responsabilità verso il patrimonio lasciato dai maestri, perché, come scrive lo stesso Ricoeur: «Siamo debitori a coloro che ci hanno preceduto di una parte di ciò che siamo» (La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina Editore, 2003, p. 127).

È esattamente questo il motivo per il quale noi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, siamo custodi gelosi e orgogliosi del nostro passato. Accogliamo ogni anno nelle nostre aule studentesse e studenti che ci portano il loro mondo, fatto di esperienze, linguaggi, sogni. Tocca a noi valorizzare la dimensione intergenerazionale costruita in oltre un secolo di storia, consapevoli dell’esperienza di ciò che ci lascia ogni persona che ci sceglie. In questo percorso, siamo davvero debitori di illustri maestri e possiamo fare affidamento sul patrimonio consegnatoci in eredità.

Il Maestro Muti, con la sua storia personale, incarna in modo esemplare l’alleanza tra generazioni, nel cui orizzonte si intrecciano memoria, eredità, riconoscimento reciproco e narrazione come vettori di trasmissione del valore culturale dell’educazione. Lui, che ha ereditato il sapere musicale da grandi Maestri e che da anni continua a trasmetterlo ai più giovani, è un emblema del fatto che il sapere è frutto di un’alleanza intergenerazionale resa possibile da personalità vivaci e generose. Qualità che gli vengono riconosciute in tutto il mondo e che, il prossimo 12 dicembre, avranno un’ulteriore attestazione con il conferimento del Premio Ratzinger da parte del Santo Padre Leone XIV.

Il discorso di

Elena Beccalli

Elena Beccalli

Magnifico Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

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Dalla trasmissione del sapere all’esperienza del sapere

In maniera simmetrica, possiamo dire che il compito di un’università non è solo quello di trasmettere tecniche, bensì quello di trasmettere il sapere facendone esperienza: questo è il valore culturale dell’educazione. Non esiste un ranking capace di misurare esattamente l’effetto di questo nuovo paradigma educativo, così come non è possibile verificare la trasmissione del valore culturale dell’opera italiana. In entrambi i casi, però, è visibile l’impatto che hanno sulla società. Infatti, così come la musica è una forma di partecipazione civile, così le università sono istituzioni chiamate a educare cittadini consapevoli e attivi.

Lo dobbiamo fare avendo ben in mente la maieutica socratica, secondo cui la verità non viene trasmessa dal maestro al discepolo, ma è già latente in quest’ultimo e, come nel gesto della levatrice evocata da Socrate, deve essere “messa al mondo” con il dialogo. Non a caso, Papa Leone XIV, nella Lettera Apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, richiamando l’Apologia di Socrate di Platone, afferma che per far fiorire l’essere è indispensabile prendersi cura dell’anima. E aggiunge: «Educare è un compito d’amore che si tramanda di generazione in generazione, ricucendo il tessuto lacerato delle relazioni».

Una visione in cui si colloca la maieutica dell’esperienza, cioè dell’educazione come evento relazionale, in cui la persona è protagonista di un incontro che dischiude alla realtà. Una concezione che riporta alla riflessione di Romano Guardini, che si chiede: «Che cosa dunque significa educare? [...] Educare significa che io do a quest’uomo coraggio verso se stesso. [...] Che lo aiuto a conquistare la libertà sua propria» (La credibilità dell’educatore, in Persona e libertà. Saggi di fondazione della teoria pedagogica, La Scuola, Brescia, 1987/1993). L’atto educativo, pertanto, si sottrae a ogni riduzionismo istruttivo.

Alla luce di questi presupposti, dobbiamo rinnovare il paradigma educativo, basandolo non più - e solo - sull’idea di trasmissione del sapere, quanto piuttosto sull’esperienza del sapere. Un compito ancor più imprescindibile in un’epoca di “modernità liquida”, per usare la pregnante sintesi di Bauman, in cui i legami umani tendono a indebolirsi (Modernità liquida, Laterza, 2000). La sfida educativa diventa allora trasformare legami incerti in occasioni di reciproco riconoscimento.

Un approccio che esalta la dinamica dell’education power in base alla quale ciascuno contribuisce a creare conoscenza. Non si tratta di confondere i ruoli, ma di affiancare al sapere trasmesso dai maestri la consapevolezza che i giovani operano come veri e propri anticipatori culturali. L’antropologa Margaret Mead aveva osservato che nelle società segnate da rapidi mutamenti (prefigurative), l’educazione non rappresenta un trasferimento unidirezionale, bensì un processo reciproco tra le generazioni in cui esperienza e innovazione si intrecciano in una dinamica di scambio e co-costruzione dei significati culturali (Culture and Commitment: A Study of the Generation Gap, 1970). In breve, non possiamo pensare di scrutare i segni dei tempi con categorie del passato né ignorare le priorità che i giovani stessi evidenziano.

Università, come ritrovare la musica interiore

La presenza del Maestro Muti mi invoglia a formulare un interrogativo decisivo con un linguaggio tipico del suo mondo: a quale musica interiore ci ispiriamo quando agiamo come membri di una università cattolica? In breve: che cosa ci muove?

In verità, è la domanda che ha posto il Cardinale José Tolentino de Mendonça in una sua recente riflessione quando definisce le università «coreografe del sapere», avendo come chiaro invito quello a «ritrovare la musica interiore» (Vita e Pensiero, n. 5, 2025). È, dunque, la domanda che ci dobbiamo porre ogni giorno, avendo presenti i nostri valori identitari. La scelta di mettere la musica al centro di questa inaugurazione è un invito, se non una vera e propria sollecitazione, a riflettere sulla capacità di saper trasmettere alle future generazioni i valori identitari. Solo mantenendoli vivi, un’università diventa realmente una sinfonia di conoscenza, che educa, ispira e trasforma il mondo. Del resto, la rilettura storica proposta da Papa Leone XIV nell’Esortazione apostolica Dilexi te mostra le tante esperienze in cui la Chiesa ha agito coralmente in ambito educativo. Basti ricordare alcune figure quali Calasanzio, La Salle, Champagnat, Don Bosco, Rosmini, che tra il XVI e il XIX secolo hanno promosso un’educazione ispirata alla crescita integrale della persona in modo libero e consapevole, soprattutto per i poveri.

Secondo Tolentino, così come l’essenza della vita fisica si può ricondurre ai quattro elementi primordiali e quella della vita morale alle quattro virtù cardinali, allo stesso modo, anche una coreografia poggia su quattro elementi fondamentali: il corpo, il tempo, lo spazio e appunto la musica. Proseguendo nella metafora e passando alla categoria dello spazio, l’università è chiamata a essere uno spazio favorevole alla persona come unicum. Ma vi è di più. In una università non siamo soli ma siamo «liberamente riuniti […] nel medesimo amore del sapere», come rimarca la Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae. L’università è infatti, innanzitutto, una comunità. Poche settimane fa eravamo riuniti in piazza San Pietro per il pellegrinaggio giubilare e lì abbiamo notato il volto di San John Henry Newman che campeggiava dal balcone della Loggia. Proprio Newman rammenta che un’università non è una fonderia, una zecca o un mulino, ma è appunto una comunità, «una Alma Mater, che conosce i suoi figli uno per uno» (L’idea di università, 1976, Vita e Pensiero [181]).

A completare la coreografia, ci sono il corpo e il tempo. «L’università deve essere un corpus» in cui persone e discipline diverse sono «in ascolto reciproco, in modo che si completino e si arricchiscano in una circolarità». Quindi facoltà e dipartimenti «non possono essere repubbliche indipendenti, ma tessitori di un dialogo scientifico». Allo stesso tempo, conclude Tolentino, l’università è chiamata a un dialogo con il contesto in cui opera, evitando così di divenire «un’isola irrilevante in mezzo all’oceano dell’indifferenza».

Conclusioni

La metafora dell’università come coreografa del sapere assume ancora maggiore efficacia paragonando l’università a un’orchestra, come ho già anticipato nei saluti inziali. L’università è una comunità educante, in cui ogni persona – studente, docente, ricercatore, personale tecnico-amministrativo – suona il proprio strumento con dedizione e passione. Come in una sinfonia, non tutti sono solisti, ma ogni parte è essenziale per la riuscita dell’esecuzione. Nelle grandi orchestre ci sono musicisti che emergono con forza, altri che restano in sottofondo, ma tutti hanno un ruolo insostituibile e contribuiscono all’armonia del suono e all’equilibrio della melodia.

Nel grande spartito dell’educazione, il professore non è solo il direttore, ma anche un musicista che ascolta, guida e si lascia ispirare. Lo studente non è un semplice esecutore, ma un protagonista attivo, capace di contribuire alla riuscita dell’opera sinfonica e a esplorare armonie inedite, dando voce a idee nuove. L’università come l’orchestra richiede ascolto reciproco, rispetto dei tempi, cura del dettaglio. Richiede prove, errori, riscritture. E, soprattutto, si fonda sulla condivisione di valori identitari accomunati dalla volontà di costruire, insieme, un sapere che non sia solo tecnica, ma anche ascolto, bellezza, senso, responsabilità. L’università – ci ricordava Papa Francesco – è «la scuola dell’accordo e della consonanza tra voci e strumenti diversi. Non è la scuola dell’uniformità» (Discorso del Santo Padre Francesco ai Rettori, docenti, studenti e personale delle università e istituzioni pontificie romane, 25 febbraio 2023).

L’Università Cattolica del Sacro Cuore è dunque un luogo dove fare esperienza del sapere significa poter frequentare un Ateneo in cui la ricerca della verità si coniuga con la certezza della fede. È ancora questo, e convintamente, il nostro tratto distintivo, che per noi non è un limite, bensì il fondamento della nostra identità. Questo ci porta a essere un luogo di autentica libertà.

Fare esperienza del sapere in Università Cattolica significa far parte di una rete internazionale di atenei cattolici, che collaborano sinergicamente per creare spazi favorevoli al dialogo e allo spirito critico. La nostra presenza attiva nelle federazioni ne rappresenta una testimonianza evidente.

Fare esperienza del sapere in Università Cattolica significa coinvolgere le intelligenze multiple, dentro e fuori le aule universitarie, attraverso attività quali service learning e volontariato, anche internazionale, aprendo a impegno civico e solidarietà.

Fare esperienza del sapere in Università Cattolica significa poter prendere parte a iniziative qualificate che vanno oltre i corsi canonici, dove l’integrazione dei saperi non è uno slogan, ma appunto esperienza concreta nella vita universitaria. Per rimanere nel clima della giornata, la partecipazione ai cori o allo Studium Musicale di Ateneo esprime un perfetto connubio tra formazione accademica e pratica musicale.

Fare esperienza del sapere in Università Cattolica significa vivere nei collegi, dove si sperimentano anche progetti di mentorship in cui i vecchi collegiali di ieri accompagnano i giovani collegiali di oggi prendendosene cura e consegnando loro l’eredità di un vissuto comunitario.

Fare esperienza del sapere in Università Cattolica significa abitare spazi belli e accoglienti, condizione indispensabile per una reale vita di comunità. Consentitemi di esprimere l’importanza di quest’ultima considerazione a partire da un ricordo.

Il 18 aprile 1942, un collaboratore di padre Gemelli inviava una lettera a un alto Generale nella quale scriveva, cito: «L’Università Cattolica ha bisogno di spazio ed ha perciò messo gli occhi sopra la caserma Garibaldi del 7° e 8° Reggimento Fanteria, in Piazza S. Ambrogio». Questa velina è compresa tra le carte di una significativa corrispondenza, che va grossomodo dal 1942 al 1957, conservata tra i documenti storici del rettorato, con la quale è possibile ricostruire i primi scambi epistolari e quindi analizzare le prime ipotesi per ampliare gli spazi della nostra Università, includendo l’area dove sorgeva l’antichissima chiesa di San Francesco Grande.

Questo discorso non può, dunque, che concludersi con un riferimento proprio al Polo San Francesco, ormai attivo e funzionante. Un desiderio da molti decenni atteso e coltivato nel tempo dai Rettori dell’Ateneo, in particolare da Lorenzo Ornaghi e Franco Anelli. Un’opera che oggi è finalmente realtà e di cui siamo grati ai diversi attori locali e nazionali che ne hanno consentito la rigenerazione e la restituzione alla società. È solo un inizio, ma è molto importante celebrarlo in questa cerimonia solenne. L’Ateneo dei cattolici italiani dona alla città di Milano e al mondo intero uno spazio storico e al tempo stesso all’avanguardia, nelle cui aule tutti potranno vivere un’autentica esperienza del sapere.

Grazie.

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