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Redesign, una ricerca sulla transizione all’anzianità

26 maggio 2022

Redesign, una ricerca sulla transizione all’anzianità

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Se invecchiare è un processo inarrestabile, invecchiare bene è un’opzione che non tutti possono permettersi. In una società con un tasso molto alto di invecchiamento della popolazione la cura della transizione all’età anziana diventa sempre più rilevante e impatta fortemente sulle reti familiari.

A studiare il tema è stata la ricerca Redesign - Frail elderly, intergenerational solidarity and ageing friendly communities, coordinata dall’Università Cattolica sotto la direzione della sociologa Donatella Bramanti, insieme all’Università Di Verona e all’Università del Molise, e finanziata da Fondazione Cariplo, che sarà presentata venerdì 27 maggio durante il convegno internazionale “Anziani, transizione e fragilità. Un’impresa congiunta tra le generazioni” (Cripta Aula Magna, largo Gemelli 1 a Milano, ore 9 e online dal sito).


L’indagine ha approfondito il passaggio all’anzianità in situazioni di vulnerabilità per comprendere cosa avviene quando questa esperienza, giocata prevalentemente all’interno delle relazioni familiari, viene messa in scacco dall’emergere di un evento critico, sia sul piano della salute, sia su quello delle risorse, o degli affetti, come è avvenuto ad esempio con la pandemia.

Di fronte ai primi segnali di fragilità e di perdita della parziale indipendenza dell’anziano come si riorganizzano i soggetti e le loro reti familiari? Quali tipologie di diadi (anziano e persona di riferimento) è possibile identificare? Quali ricadute hanno le reti di supporto sul benessere complessivo dell’anziano e sulla possibilità di vivere la transizione anche come fonte di nuove risorse e potenzialità e non solo di rischi o perdite?
Con la prima esplorazione italiana delle dinamiche che portano alla fragilità degli anziani, Redesign ha intervistato in presenza 62 coppie (anziano e caregiver in caso di necessità) per comprendere la modalità con cui si vive la transizione alla fragilità, la qualità del legame diadico e il livello di supporto ricevuto. Sono emerse tre tipologie di diadi. 

«La prima è la “diade resiliente” - spiega la professoressa Bramanti -, quella capace di gestire la transizione alla fragilità in maniera efficace, di dare continuità, anche in presenza di eventi critici, a forme di invecchiamento attivo e di godimenti di una “vita buona” sia per l’anziano fragile sia per il caregiver. Questa diade potrebbe mettersi in un’ottica di co-progettazione con i professionisti. Poi abbiamo individuato le “diadi sospese” che non si sono rese conto della transizione in atto, non cercano ausili e vivono pensando che tornerà tutto come prima, non essendo in grado di porre sufficienti antidoti alla situazione in atto. Infine, ci sono le “diadi rassegnate” sopraffatte dagli eventi, che ritengono che non ci sia alternativa a quanto sta succedendo. Queste ultime chiedono aiuti nel fronteggiare le esigenze day by day».

L’anzianità e la sua fragilità sembrano più legate a un continuo processo di costruzione che si basa principalmente sulla relazione di cura tra l’anziano e la sua rete primaria. La transizione può quindi essere osservata e interpretata come un evento che interessa un’intera rete di soggetti e non un singolo individuo isolato. Questa evidenza consente di ripensare i sostegni alla fragilità delle persone anziane in un’ottica reticolare. 

A questa analisi qualitativa, Redesign ha associato una rilevazione quantitativa volta ad indagare alcune dimensioni del benessere degli anziani che stanno vivendo una situazione di stress, che li predispone a una possibile condizione di pre-fragilità. 

«Abbiamo indagato in particolare il ruolo delle reti di supporto, il contesto abitativo, i costi monetari e non monetari, i consumi, la capacità di resilienza e la qualità della vita, inclusi i contesti sociali di vita che differenziano gli anziani - precisa il ricercatore di Sociologia dell’Università Cattolica Matteo Moscatelli -. Lo studio è stato condotto attraverso la somministrazione di un questionario ad un campione di 609 anziani di età compresa tra i 75 e gli 84 anni e residenti in Italia. La metà di loro è il sottogruppo degli anziani che stanno vivendo uno dei fattori di stress identificati (259, pari al 42,5% del campione complessivo). Tra gli elementi strategici emergenti ci sono le dimensioni dello spazio, del tempo e del benessere». 

In particolare, la pandemia ha messo in luce il peggioramento della fragilità degli anziani nella dimensione sociale più che in quella familiare a causa dell’isolamento. «Il campione delle persone fragili preso in esame dalla ricerca dichiara una condizione di salute media (valore di 50,9 su una scala da 1 a 100) e una condizione di felicità inferiore al valore medio (48,4) - aggiunge Moscatelli -. L’evento critico del Covid ha impattato in maniera più rilevante sulla felicità (scesa di 8,8 punti dalla valutazione prima del fattore di stress) rispetto alla salute (scesa di 4,6 punti dalla valutazione prima del fattore di stress). E va segnalata una diminuzione rilevante delle frequentazioni amicali: se più del 60% delle persone vulnerabili intervistate prima dell’evento critico vedeva gli amici almeno una volta alla settimana, nel post evento critico questa percentuale si è dimezzata».

Nella prima sessione del convegno di venerdì 27 maggio si parlerà di “Fragilità, vulnerabilità, eventi critici: un confronto tra approcci” con gli interventi dei sociologi Guido GiarelliLiam Foster e Donatella Bramanti, moderati dal direttore del Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia Camillo Regalia.  

La seconda sessione, moderata dalla sociologa dell'Università Cattolica Lucia Boccacin, sarà dedicata a “Osservare la transizione: i risultati della ricerca quanto-qualitativa” dove sarà presentata l’indagine Redesign tramite i docenti dell’Università Cattolica Linda LombiSara NanettiGiulia Lopez, Matteo MoscatelliNicoletta Pavesi, e di Federico Perali dell’Università di Verona. 

Infine, la tavola rotonda del pomeriggio alle ore 15 “Indicazioni, ricadute e proposte di buone pratiche per accompagnare la transizione”, coordinata da Fabio Ferrucci dell’Università del Molise, sarà l’occasione per fare il punto sulle esperienze di diversi Comuni italiani nell’attuazione di programmi che li rendono amichevoli verso gli anziani.  

«I progetti e le attività presentati si caratterizzano per il ruolo centrale assegnato alle relazioni di solidarietà intergenerazionale che coinvolgono anche le comunità locali - spiega il professor Ferrucci -. Relazioni che, pur assumendo forme differenti a seconda dei soggetti coinvolti e dei contesti, se adeguatamente supportate e valorizzate, producono ricadute positive innanzi tutto per gli anziani fragili e per tutto il contesto relazionale in cui essi vivono». 

Esempi virtuosi sono il progetto Dementia Friendly attuato dalla Fondazione Golgi Cenci ad Abbiategrasso, che punta a realizzare una comunità amica delle persone con demenza; la Pia Opera Ciccarelli di Verona che, pur fornendo assistenza residenziale, sta promuovendo progetti di prevenzione sul territorio; il progetto Curopoli, nato per aiutare i caregivers a prendersi cura di sé stessi con ricadute positive su coloro che assistono e sulla comunità; le attività teatrali promosse dall’Associazione “Le compagnie malviste” rivolte a persone affette da Alzheimer, mediante laboratori e performance pubbliche, si propongono di ricostruire il legame tra le generazioni coinvolgendo i familiari, i caregivers e i cittadini; l’Associazione Nonni 2.0 dove sono le stesse persone anziane che rafforzano i legami intergenerazionali proponendosi come custodi della memoria e testimoni attivi delle virtù e delle esperienze significative per le sfide che devono affrontare le giovani generazioni.

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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