L’indagine ha approfondito il passaggio all’anzianità in situazioni di vulnerabilità per comprendere cosa avviene quando questa esperienza, giocata prevalentemente all’interno delle relazioni familiari, viene messa in scacco dall’emergere di un evento critico, sia sul piano della salute, sia su quello delle risorse, o degli affetti, come è avvenuto ad esempio con la pandemia.
Di fronte ai primi segnali di fragilità e di perdita della parziale indipendenza dell’anziano come si riorganizzano i soggetti e le loro reti familiari? Quali tipologie di diadi (anziano e persona di riferimento) è possibile identificare? Quali ricadute hanno le reti di supporto sul benessere complessivo dell’anziano e sulla possibilità di vivere la transizione anche come fonte di nuove risorse e potenzialità e non solo di rischi o perdite?
Con la prima esplorazione italiana delle dinamiche che portano alla fragilità degli anziani, Redesign ha intervistato in presenza 62 coppie (anziano e caregiver in caso di necessità) per comprendere la modalità con cui si vive la transizione alla fragilità, la qualità del legame diadico e il livello di supporto ricevuto. Sono emerse tre tipologie di diadi.
«La prima è la “diade resiliente” - spiega la professoressa Bramanti -, quella capace di gestire la transizione alla fragilità in maniera efficace, di dare continuità, anche in presenza di eventi critici, a forme di invecchiamento attivo e di godimenti di una “vita buona” sia per l’anziano fragile sia per il caregiver. Questa diade potrebbe mettersi in un’ottica di co-progettazione con i professionisti. Poi abbiamo individuato le “diadi sospese” che non si sono rese conto della transizione in atto, non cercano ausili e vivono pensando che tornerà tutto come prima, non essendo in grado di porre sufficienti antidoti alla situazione in atto. Infine, ci sono le “diadi rassegnate” sopraffatte dagli eventi, che ritengono che non ci sia alternativa a quanto sta succedendo. Queste ultime chiedono aiuti nel fronteggiare le esigenze day by day».
L’anzianità e la sua fragilità sembrano più legate a un continuo processo di costruzione che si basa principalmente sulla relazione di cura tra l’anziano e la sua rete primaria. La transizione può quindi essere osservata e interpretata come un evento che interessa un’intera rete di soggetti e non un singolo individuo isolato. Questa evidenza consente di ripensare i sostegni alla fragilità delle persone anziane in un’ottica reticolare.
A questa analisi qualitativa, Redesign ha associato una rilevazione quantitativa volta ad indagare alcune dimensioni del benessere degli anziani che stanno vivendo una situazione di stress, che li predispone a una possibile condizione di pre-fragilità.
«Abbiamo indagato in particolare il ruolo delle reti di supporto, il contesto abitativo, i costi monetari e non monetari, i consumi, la capacità di resilienza e la qualità della vita, inclusi i contesti sociali di vita che differenziano gli anziani - precisa il ricercatore di Sociologia dell’Università Cattolica Matteo Moscatelli -. Lo studio è stato condotto attraverso la somministrazione di un questionario ad un campione di 609 anziani di età compresa tra i 75 e gli 84 anni e residenti in Italia. La metà di loro è il sottogruppo degli anziani che stanno vivendo uno dei fattori di stress identificati (259, pari al 42,5% del campione complessivo). Tra gli elementi strategici emergenti ci sono le dimensioni dello spazio, del tempo e del benessere».
In particolare, la pandemia ha messo in luce il peggioramento della fragilità degli anziani nella dimensione sociale più che in quella familiare a causa dell’isolamento. «Il campione delle persone fragili preso in esame dalla ricerca dichiara una condizione di salute media (valore di 50,9 su una scala da 1 a 100) e una condizione di felicità inferiore al valore medio (48,4) - aggiunge Moscatelli -. L’evento critico del Covid ha impattato in maniera più rilevante sulla felicità (scesa di 8,8 punti dalla valutazione prima del fattore di stress) rispetto alla salute (scesa di 4,6 punti dalla valutazione prima del fattore di stress). E va segnalata una diminuzione rilevante delle frequentazioni amicali: se più del 60% delle persone vulnerabili intervistate prima dell’evento critico vedeva gli amici almeno una volta alla settimana, nel post evento critico questa percentuale si è dimezzata».