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Russia-Ucraina, la pace cammina sui piedi dei giovani

02 marzo 2022

Russia-Ucraina, la pace cammina sui piedi dei giovani

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L’avvenire ha i piedi scalzi, diceva uno scrittore francese. E voleva intendere che il futuro lo costruiscono anche quelli che non contano niente.

Belle parole per rassicurare anime ingenue o programma per costruire la pace? Di fronte alla guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina, tutti ci chiediamo: che fare?

La domanda deve essere risuonata nel petto dei circa 700 studenti, accompagnati da molti professori, che hanno affollato, prima della messa del Mercoledì delle Ceneri, la sala polifunzionale della sede di Brescia dell’Università Cattolica e le aule collegate nel campus di Mompiano, insieme a tutti quelli che hanno seguito la diretta streaming, accolti dalle parole dell'assistente pastorale don Mauro Cinquetti,  del professor Mario Taccolini, coordinatore delle strategie per lo sviluppo della sede di Brescia, e quelle di Samuele, Martina, Maya, Filippo e Mattia, studenti di teatro del Dams, che hanno prestato la loro voce ai testi di papa Francesco e della poetessa russa Olga Sedakòva.

Guarda il video integrale dell'evento

L’avvenire ha i piedi di tutti questi ragazzi, che hanno capito che non possono stare comodi a osservare da lontano ma che devono mettersi in cammino.

Ha i piedi di Anna Baydatska, la professoressa di lingua russa di origini ucraine della facoltà di Scienze linguistiche, che racconta di amici e congiunti nel suo Paese che, a mani nude, cercano di “disarmare” l’aggressore. E chiede tre cose concrete ai ragazzi, ipnotizzati dal suo racconto: la preghiera, che sta all’inizio e non alla fine. Pregare è il modo più immediato per unirsi a chi è lontano, a chi soffre, a chi viene fatto passare come nemico. L’informazione: con varie lingue e con diverse fonti, per smontare la menzogna della propaganda. L’aiuto concreto, anche attraverso le tante persone che si sono attivate per portare generi di prima necessità al popolo ucraino.

L’avvenire, infatti, ha anche i piedi di Iryna Lavryshyn, che da 11 anni vive a Brescia, dove studia nella stessa facoltà e lavora in uno studio legale. Da quando è scoppiata la guerra, lacerata dal desiderio di raggiungere la propria famiglia («non tornare, salvati almeno tu», le hanno detto), non ha smesso un attimo di raccogliere aiuti per chi è rimasto sotto le bombe. Ma, pur stremata dalla paura e dalla fatica, ha la lucidità di indicare ai suoi compagni la necessità di alimentare le relazioni interpersonali che stanno alla base di quelle interstatali.

La strada per un futuro di pace la percorrono anche i piedi dei russi e degli ucraini tra cui ha gettato ponti il professor Adriano Dell’Asta, docente di lingua e letteratura russa, un uomo che per quattro anni ha diretto l’Istituto italiano di cultura di Mosca, dove conserva amici fraterni tra la gente e tra gli intellettuali, ma ha anche un pezzo di cuore a Kiev. 

«Le persone che spingono indietro i blindati a mani nude dimostrano che il cinismo non ha l’ultima parola, come è successo a Tienanmen o sulla Piazza Rossa nel 1968, quando sette persone protestarono a viso aperto contro l’invasione della Cecoslovacchia» afferma il professore. «Allora erano sette, oggi sono migliaia. Sembravano sconfitti, avevano vinto loro. In quattro gatti hanno riscattato l’onore di un popolo. Anche noi oggi, anche voi ragazzi, possiamo riscattare l’onore di tutti noi, che siamo stati insensibili, che non sappiamo che cosa fare».
 
C’è qualcosa, invece, che possiamo fare, qualcosa che non è violento. «Non è uno sforzo da inventarci, basta seguire l’esempio che ci viene dalle nostre amiche ucraine e dal passato: la nonviolenza può vincere, anche se il percorso può essere lungo».

Lo avevano capito, settant’anni fa, i ragazzi della Rosa Bianca, cinque universitari tedeschi che fecero, forse, la prima obiezione di coscienza contro il regime nazista.

«Noi non taceremo. Siamo la voce della vostra cattiva coscienza», scrivevano sui volantini distribuiti all’Università di Monaco. Morirono, condannati per tradimento della patria, al grido di “freiheit”, libertà. Ma le loro vite, apparentemente sconfitte, vanno pesate, come disse Romano Guardini, sulla “bilancia dell’esistenza”. E qui risultarono vincitrici. «Come in un grosso barile d’aringhe - ha scritto Kierkegaard - vi è sempre uno strato compresso e spappolato, così in ogni generazione esistono uomini che stanno ai margini, vittime dell’imballaggio, i quali hanno la missione di proteggere gli altri».

Questo sono stati i ragazzi della Rosa Bianca, questo sono i giovani che in Ucraina difendono il valore della libertà a nome dell’intera Europa. Per questo, nel cortile di palazzo Martinengo Iryna, Anna e Nataliya hanno regalato una rosa bianca a ciascuno studente. Un segno e un compito. Come ha scritto Tetsuo Morishita, professore di Diritto alla Sophia University di Tokyo, «ognuno di noi, come membro di una comunità internazionale che cerca la pace, «ha il potere di ridurre l’attrattiva dell’alternativa dell’uso della forza. L’importante è che ciascuno usi questo potere invece di pensare che sia un problema di qualcun altro». Con i piedi degli studenti dell’Università Cattolica oggi la speranza si è rimessa in cammino.

Un articolo di

Paolo Ferrari

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