L’avvenire ha i piedi scalzi, diceva uno scrittore francese. E voleva intendere che il futuro lo costruiscono anche quelli che non contano niente.
Belle parole per rassicurare anime ingenue o programma per costruire la pace? Di fronte alla guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina, tutti ci chiediamo: che fare?
La domanda deve essere risuonata nel petto dei circa 700 studenti, accompagnati da molti professori, che hanno affollato, prima della messa del Mercoledì delle Ceneri, la sala polifunzionale della sede di Brescia dell’Università Cattolica e le aule collegate nel campus di Mompiano, insieme a tutti quelli che hanno seguito la diretta streaming, accolti dalle parole dell'assistente pastorale don Mauro Cinquetti, del professor Mario Taccolini, coordinatore delle strategie per lo sviluppo della sede di Brescia, e quelle di Samuele, Martina, Maya, Filippo e Mattia, studenti di teatro del Dams, che hanno prestato la loro voce ai testi di papa Francesco e della poetessa russa Olga Sedakòva.
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L’avvenire ha i piedi di tutti questi ragazzi, che hanno capito che non possono stare comodi a osservare da lontano ma che devono mettersi in cammino.
Ha i piedi di Anna Baydatska, la professoressa di lingua russa di origini ucraine della facoltà di Scienze linguistiche, che racconta di amici e congiunti nel suo Paese che, a mani nude, cercano di “disarmare” l’aggressore. E chiede tre cose concrete ai ragazzi, ipnotizzati dal suo racconto: la preghiera, che sta all’inizio e non alla fine. Pregare è il modo più immediato per unirsi a chi è lontano, a chi soffre, a chi viene fatto passare come nemico. L’informazione: con varie lingue e con diverse fonti, per smontare la menzogna della propaganda. L’aiuto concreto, anche attraverso le tante persone che si sono attivate per portare generi di prima necessità al popolo ucraino.
L’avvenire, infatti, ha anche i piedi di Iryna Lavryshyn, che da 11 anni vive a Brescia, dove studia nella stessa facoltà e lavora in uno studio legale. Da quando è scoppiata la guerra, lacerata dal desiderio di raggiungere la propria famiglia («non tornare, salvati almeno tu», le hanno detto), non ha smesso un attimo di raccogliere aiuti per chi è rimasto sotto le bombe. Ma, pur stremata dalla paura e dalla fatica, ha la lucidità di indicare ai suoi compagni la necessità di alimentare le relazioni interpersonali che stanno alla base di quelle interstatali.
La strada per un futuro di pace la percorrono anche i piedi dei russi e degli ucraini tra cui ha gettato ponti il professor Adriano Dell’Asta, docente di lingua e letteratura russa, un uomo che per quattro anni ha diretto l’Istituto italiano di cultura di Mosca, dove conserva amici fraterni tra la gente e tra gli intellettuali, ma ha anche un pezzo di cuore a Kiev.