«Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola (…), ma dovrebbero preoccuparsi (…) solo di come bisogna essere per poter fare scuola». Le parole di don Lorenzo Milani, scritte su Esperienze pastorali centrano in pieno il problema dell’educare. Ne è consapevole il professor Domenico Simeone, preside della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica, quella che un tempo si chiamava Magistero, «anche se non siamo davanti a un semplice cambio di denominazione» avverte il preside. Basta scorrere i percorsi di studio offerti dalla facoltà per capire quanto sia complessa la formazione di coloro che sono chiamati a educare. In questo «ha influito la consapevolezza che l’educazione non è un evento legato solo alla prima fase della vita – aggiunge Simeone –, ma copre l’intera durata della vita». Un cambio di prospettiva che ha rivoluzionato l’approccio al tema dell’educazione e ha portato alla nascita di Scienze della Formazione. E l’uso del plurare non è casuale. «Sono davvero tanti gli ambiti coinvolti – aggiunge il preside – e noi dobbiamo formare professionisti preparati, capaci di cogliere le situazioni e affrontare le sfide che si pongo davanti a noi».
«La scuola e la società in cui viviamo non sono più quelle del passato – dice Antonella Marchetti, direttrice del dipartimento di psicologia –. Occorre sensibilizzare i futuri docenti rispetto alle nuove forme di disagio che si troveranno ad affrontare e in cui sono chiamati ad essere sentinelle verso i ragazzi e di sostegno alle famiglie». Certo «non devono sentirsi investiti della missione di salvarli, bensì di aiutarli a trovare le risorse interne per uscire dai problemi».
Ecco ritornare le parole di don Milani: «Come bisogna essere per poter fare scuola». «Ai nostri studenti – dice il preside – insegniamo a mettere al centro la persona, in relazione con gli altri. Dunque in un rapporto sociale. Ma accanto a questa dimensione orizzontale, ne poniamo anche una verticale, trascendente, che apre alla relazione con l’Altro». Ne è consapevole Adriano Pessina, direttore del Centro di ricerca sulla filosofia della persona "Adriano Bausola": «Creare questo senso di responsabilità nei confronti degli altri – dice – non può che partire dalla responsabilità verso se stessi. Scoprire quell’io non egoistico che permette di non considerare l’altro come oggetto della formazione», ma come coprotagonista in un rapporto nel quale anche chi insegna impara e apprende. Concorda il professor Simeone, per il quale «l’idea dell’insegnamento solo come trasmissione di sapere, non rende giustizia alla vera idea dell’educare che vede tutti i soggetti coinvolti. Dunque anche il docente è sollecitato a interrogarsi, a realizzare un’esperienza».
In questo contesto l’uso del linguaggio, della parola diventa strumento necessario. «Il linguaggio stesso nasce nella relazione – sottolinea Pier Antonio Frare, direttore del dipartimento di italianistica e comparatistica –. Ma oggi assistiamo a una diffusa povertà linguistica, dovuta anche al basso tasso di lettura nei nostri giovani. Comprendersi significa dirsi le cose, ma per farlo occorre possedere il linguaggio, che si alimenta con la lettura. E cosa più importante leggere non aumenta solo le parole conosciute, ma sviluppa anche la capacità di pensiero. E avere delle idee, dei pensieri è fondamentale». Sembrano rieccheggiare ancora le voci della scuola di Barbiana di don Milani, che parlava proprio di una scuola capace di educare tutti e ciascuno.
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