«No, qui non si impara solo a tradurre: qui si acquisisce una mentalità plurilingue», avverte Giovanni Gobber. Il preside della Facoltà di Scienze linguistiche e Letterature straniere della Cattolica è un poliglotta conclamato, capace di passare con disinvoltura dal tedesco al georgiano, e dal magiaro al russo. Merito delle sue origini trentine, sostiene: «Crescere in una terra di passaggio permette di apprezzare la sfumatura che un concetto assume quando viene espresso in una determinata lingua. Prima di essere uno strumento, la parola è un punto di vista sulla realtà». La Facoltà è stata istituita nel 1991 su iniziativa del francesista Sergio Cigada, la cui impronta resta ben riconoscibile. In precedenza i corsi di lingue, distribuiti tra Lettere e Magistero, erano contraddistinti da un’impostazione filologico-letteraria che negli anni non è venuta meno, ma è entrata in contatto con numerose altre discipline, tutte ugualmente praticate all’interno di una struttura che ha fatto da modello per le iniziative di altri atenei.
«Da noi la complementarietà è questione di moltiplicazione, non di addizione», sintetizza Raul Caruso, docente di Economia della pace nel corso di laurea in Relazioni internazionali gestito in collaborazione con la Facoltà di Scienze politiche e sociali. «Da un lato la competenza linguistica rafforza il profilo di chi è chiamato a operare in un contesto globale – prosegue Caruso –, dall’altro il percorso che proponiamo si pone sotto il segno di un’interdisciplinarietà concreta, dalla quale discende una maggior propensione alla mediazione e al dialogo ». «L’abitudine all’analisi e l’attitudine al problem solving sono caratteristiche molto apprezzate in ambito lavorativo e molto sviluppate dalle nostre studentesse e dai nostri studenti», ribadisce l’economista Chiara Frigerio, che insegna Organizzazione aziendale e Gestione delle risorse umane all’interno del curriculum in Lingue straniere applicate. «Il che non significa trascurare le conoscenze tipiche del management propriamente inteso – precisa –. La specificità sta semmai negli obiettivi, che si collocano in una dimensione di cittadinanza d’impresa, se così vogliamo definirla.
Lo studio delle lingue predispone a una mentalità più elastica, particolarmente utile nelle grandi aziende internazionali e, in genere, nelle situazioni di accentuata diversità culturale». La ricerca di un legame più stretto con il mondo del lavoro è uno degli scopi che la Facoltà si è prefissa fin dall’inizio. «Era evidente che dopo il 1989 era iniziato un nuovo corso storico – ricorda Gobber –. La spinta verso la globalizzazione andava e va di pari passo con la volontà di aggiornamento manifestata da un’area intensamente produttiva come la Lombardia». L’attenzione alle ricadute pratiche non ha fatto venir meno l’interesse per gli elementi fondamentali dell’esperienza umana. Lo conferma l’attività dell’Archivio “Julien Ries” per l’antropologia simbolica, istituito nel 2009 all’interno del Centro di ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa e diretto dal filosofo Silvano Petrosino, professore di Antropologia religiosa e media nel corso di Lingue, letterature e culture straniere.
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