Buon pomeriggio e benvenuti – è per me bello accogliervi nella splendida cornice del campus di Santa Monica a Cremona.
Saluto con viva cordialità Sua Eccellenza Mons. Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona, e Sua Eccellenza Mons. Claudio Giuliodori, Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Rivolgo, inoltre, un benvenuto e saluto deferente e grato agli illustri ospiti che animeranno la tavola rotonda. In modo particolare, ringrazio Mons. Carlo Maria Polvani, Segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione: la Sua presenza, costituisce per noi un’ulteriore conferma del profondo legame tra la nostra Università e il Dicastero. Un saluto riconoscente anche a Suor Alessandra Smerilli e a Daniele Mencarelli. Vi ringrazio a nome dell’intera famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per aver accettato il nostro invito.
Ringrazio S.E. Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano e Presidente dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori per il messaggio che ci ha fatto pervenire per questa occasione di incontro.
Rivolgo, infine, un saluto caloroso e un benvenuto ai veri protagonisti di queste dense giornate - i docenti di Teologia e gli Assistenti pastorali dell’Ateneo dei nostri 5 campus - e a tutti i presenti.
I seminari di studio dei docenti di teologia e degli Assistenti pastorali sono ormai una consolidata ricorrenza nel calendario delle attività dell’Ateneo, un appuntamento settembrino che scandisce l’avvio delle attività della nostra comunità. Sono particolarmente apprezzati per questa forma itinerante, perché rendono palese la presenza dell’Ateneo in cinque città – quest’anno a Cremona e Piacenza – dove, in ciascuna di esse, esprimiamo un’articolazione di progetti formativi, ricerche, iniziative, che è davvero significativa per i territori di riferimento. Desidero quindi ringraziare Mons. Giuliodori e tutto il Centro Pastorale per l’ideazione e l’organizzazione di queste giornate.
Il tema del Seminario di quest’anno è incentrato sulla lettera enciclica Dilexit nos, uno degli ultimi doni di Papa Francesco. Sin dalla prima lettura, ci siamo sentiti chiamati in causa perché nel Sacro Cuore di Gesù trova fondamento e sviluppo il nostro Ateneo. Desidero raccontare un aneddoto storico, sicuramente noto a tutti noi, ma che credo meriti di essere ricordato per descrivere quanto sia radicata e fondativa – e non solo devozionale - la dedicazione al Sacro Cuore. «Promettiamo di dedicare l’Università Cattolica al Sacro Cuore, se ci concede di farla. Ma abbiamo bisogno di un miracolo per riuscirci» si dicevano i quattro sognatori – Gemelli, Barelli, Olgiati e Necchi. Il conte Ernesto Lombardo, convinto che il sogno stesse ormai naufragando, si dichiarava disposto a offrire «il pranzo del funerale». Eppure, fu proprio lui, scendendo le scale della sede di Vita e Pensiero allora in Corso Venezia, a ricredersi. Scrisse a Ida: «Da un’ora il tuo Sacro Cuore mi ha messo l’inferno in cuore! Voglio la mia pace, eccoti il milione!». Così nasce la nostra Università e la sua devozione al Sacro Cuore – non sentimentale, non occasionale, non convenzionale.
La congiunzione dei due termini – Università Cattolica e Sacro Cuore – è dunque semplicemente una dedica devota o può assumere una valenza generativa? Ci ha aiutato ad affrontare questa questione, il teologo PierAngelo Sequeri in una lectio tenuta all’Università Cattolica nell’anno del centenario, quando ha rimarcato che il Sacro Cuore è stato invocato “per dare vita a una università dei saperi” e non alla costruzione di un ulteriore edificio. Insomma, quello che doveva essere costruito era – e rimane - un “luogo di coltivazione dell’intelligenza critica, del sapere formativo, del pensiero alto”. Ovvero una “istituzione del sapere che ha lo stesso diametro che la cultura umana gli attribuisce” e dunque un’istituzione laica.
La nascita della nostra Università è già di per sé segno del dono ricevuto, oltre che della grazia richiesta. Gli effetti di questo progetto non solo restano attuali, ma in futuro potrebbero rivelarsi ancor più sorprendenti, sollecitandoci a un impegno profondamente radicato nella nostra storia. Cito ancora Sequeri: “Il progetto di una costruttiva alleanza della riflessione e della devozione, ossia del pensiero e degli affetti degni dell’umano, deciderà il destino dei popoli che dipendono dagli sviluppi della civiltà europea”. Se infatti il mainstream culturale è considerare la ragione separata dalla fede, la cifra distintiva della nostra Università è far dialogare la teologia con tutti gli altri saperi. L’ho già detto più volte – e lo ripeto ancora con convinzione – il valore del nostro Ateneo si misura nella sua capacità di saper coniugare – non semplicemente affiancare – lo studio della teologia con tutte le altre, numerose, discipline che vengono professate nei diversi campus. E quindi, il ruolo di voi Assistenti pastorali e dei docenti di Teologia è fondamentale. Grazie per il vostro servizio.
Ma c’è altro. Siamo un’istituzione accademica nata Ex Corde Ecclesiae, secondo il titolo della costituzione apostolica di San Giovanni Paolo II (15 agosto 1990). In essa, le università cattoliche sono descritte come “un segno vivente e promettente della fecondità dell’intelligenza cristiana nel cuore di ogni cultura” (n. 2). È questo un ulteriore tratto della nostra missione: testimoniare un’intelligenza cristiana che sappia incarnarsi in ogni cultura. Il richiamo al cuore diventa così apertura al mondo, senza timori. Non a caso padre Gemelli esortava a vivere «nel cuore della realtà». Una esortazione che oggi traduciamo nella responsabilità di dare corpo a un’università nel mondo e per il mondo. Un impegno cui ci ha sollecitato il Cardinale José Tolentino De Mendonça in occasione dell’assemblea generale della FIUC, quando ha affermato che per “non diventare un'isola irrilevante in mezzo all'oceano dell'indifferenza dipenderà molto dall'impegno concreto che l'università assumerà nei confronti delle sfide e delle implicazioni che il suo contesto particolare le presenta. Un'università che non qualifica il proprio ambiente, si squalifica da sola”. In altre parole, si potrebbe dire che, quando invece l’università abita il mondo, essa diventa azione che trasforma una società.
Un’ultima considerazione vorrei condividere a partire da una frase di Dilexit nos riportata anche nella citazione presente nel pieghevole di questo seminario. “Nella società di oggi” – scrive Papa Francesco – “l’essere umano rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso”. Per molti versi, è una consapevolezza disarmante, ma vera. Leggendola, ho pensato alle nostre studentesse e ai nostri studenti. Cosa significa per loro smarrire il centro? In quanto educatori non possiamo non farci interrogare da questa domanda, soprattutto quando ci troviamo a vivere momenti come questo, dove riflettiamo sulle ragioni profonde della nostra missione e, al tempo stesso, prepariamo le azioni da intraprendere – un processo di particolare significato proprio in questi mesi in cui stiamo lavorando alla preparazione del nuovo Piano strategico dell’Ateneo.
Smarrire il centro è fin troppo facile nella società odierna caratterizzata da un individualismo esasperato ed esasperante, specie per i giovani. Perdere la certezza della fede è finanche favorito in alcuni contesti. Nella bellissima omelia che ha pronunciato il giorno dopo la Sua elezione al Soglio pontificio, Papa Leone XIV ha ricordato che: “oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito”.
I nostri studenti vivono dunque in una società dove spesso la fede cristiana è appunto ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti. Credo allora che tra i compiti dell’Ateneo ci sia anche quello di testimoniare la bellezza della fede e la possibilità di poterla coniugare coerentemente con la ragione, che, come detto, non è altro che il compito primario di un’Università Cattolica come la nostra. È una sfida complessa nel mondo odierno e, infatti, siamo consapevoli del fatto che possiamo affrontarla proprio ritornando al cuore. Solo così un Ateneo può essere visionario e concreto senza perdere la propria identità e snaturare la sua missione. Il rilancio di un umanesimo appassionato e creativo del sapere – nel cambiamento d’epoca afflitto da disuguaglianze, polarizzazioni, guerre, indifferenza e individualismo – ha bisogno di una devozione solida come quella al Sacro Cuore. La Cattolica, proprio in virtù di questa dedicazione, è oggi interpellata dalla storia – e dalla sua stessa storia – per cogliere l’opportunità di un nuovo futuro, all’altezza della sua origine.
Rinnovo i miei ringraziamenti a tutti e vi auguro un buon lavoro, in attesa di rivederci in occasione nel dialogo che avrò giovedì prossimo con il Cardinale Repole.