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Speranze di pace nel segno della cultura

16 maggio 2024

Speranze di pace nel segno della cultura

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«Sono ucraina ma vivo in Slovacchia». Yuliana, studentessa alla Katolícka univerzita v Ružomberku, vede «con molta preoccupazione» la situazione nel suo Paese, sfregiato da una guerra di cui «non si vede la fine». Se c’è un segnale positivo è che «siamo grati per l’accoglienza che molti Stati hanno dato ai rifugiati ucraini, molti dei quali sono anche in Italia».

La studentessa ucraina è una delle ragazze della cattedra di italiano dell’Università Cattolica della Slovacchia - Paese in questi giorni al centro delle cronache internazionali per l’attentato al primo ministro Robert Fico - ospitate dal nostro Ateneo per una serie di lezioni, collegate a visite di studio, per iniziativa dei professori Edoardo Barbieri e Luca Rivali e delle professoresse Rosangela Libertini e Vera Nagy dell’Università di Ružomberku. Un’iniziativa resa possibile dal Dipartimento di Scienze storiche, filologiche e sociali, dal Creleb, da Educatt, e che ha coinvolto Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana di Milano, la Fondazione Ugo Da Como di Lonato del Garda e la Fondazione Brescia Musei.

«Desideriamo fortemente che la situazione in Ucraina si risolva» afferma Yuliana, che è in questi giorni a Brescia con un’altra studentessa del suo Paese, Oleksandra. «Ma è un processo molto lungo e non sarà facile che trovi una soluzione rapidamente. Adesso è importante stare uniti e sperare che una prospettiva di pace sia possibile».

Questa è la speranza anche delle altre due studentesse slovacche Patricia e Soňa. Le ragazze studiano tutte insieme nella stessa classe: «Abbiamo scelto la combinazione inglese e italiano e ci prepariamo a diventare insegnanti di entrambe le lingue. Tra noi non ci sono conflitti legati alla guerra in corso. Abbiamo scelto l’italiano perché è la lingua della cultura. Tutta la storia europea è legata a quella italiana e per questo studiamo una lingua, che è molto antica e molto bella. E conoscendo questa si possono studiare anche altre lingue romanze, come il francese, lo spagnolo, il portoghese».

Questo è lo sforzo portato avanti con le insegnanti: riuscire a costruire, anche per ragazzi frastornati dalla esperienza di guerra nel loro Paese, una realtà pacifica e positiva, in cui venga messa al centro la persona, con i suoi bisogni e il suo desiderio di imparare. Così si può iniziare a sperimentare la riconciliazione già da ora. In un momento di forti tensioni internazionali, le ragazze dell’Università di Ružomberok sono un piccolo segno di dialogo e del ruolo che l’Università può giocare nel creare incontro tra le persone e i popoli.

Un articolo di

Paolo Ferrari

Paolo Ferrari

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