Se la secolarizzazione è un’occasione per riscoprire la fede, tuttavia nel mondo contemporaneo non è venuto meno il tentativo di ripristinare tradizioni religiose ortodosse, in molti casi legate a risentimenti di natura politica. Per questo, ha avvertito Taylor, «il nostro compito è prevenire culture che vogliono essere distruttive e possono portare a conflitti».
L’epoca secolare apre così a numerose sfide con cui sono chiamati a confrontarsi non solo i laici ma anche i credenti. È emerso chiaramente dalla tavola rotonda pomeridianan che, animata dalle domande della docente di Filosofia morale Alessandra Gerolin, ha fatto dialogare con il filosofo Taylor l’assistente ecclesiastico generale della Cattolica monsignor Claudio Giuliodori, il preside della facoltà di Scienze Politiche e sociali Guido Merzoni, il docente di Teologia Julián Carrón e il professor Adriano Pessina.
La secolarizzazione è veramente un’occasione per nuove forme di spiritualità? Per monsignor Giuliodori, che si definisce un «vescovo secolare», questa «ci mette in guardia da tutto ciò che soffoca il divino». Nell’epoca secolarizzata la forza della fede, il «divino che si fa uomo, penetra e trasforma la realtà» permane, pur venendo meno «l’infrastruttura religiosa».
Da parte sua, il preside Merzoni ha individuato nell’individualismo imperante, nel conformismo e nell’impoverimento della capacità di giudizio le derive preoccupanti della secolarizzazione. Ma accanto a questo «pessimismo della ragione», c’è però anche «l’ottimismo della volontà» che il preside indica in due direzioni. «Una è quella della costruzione della comunità, dove si consolida la verità; l’altra direzione è il dialogo, l’incontro con la persona che fa cogliere il valore dell’esperienza».
Incontro, esperienza, fede. Sono parole riprese anche dal teologo Carrón. «La condivisione delle speranze e delle paure è una delle occasioni più belle per capire il tempo in cui vivo». Perché «condividere con coloro che incontro per strada l’esperienza che faccio di questo vivere è entusiasmante per la verifica della propria fede che non può appoggiare sull’esperienza stessa». Da questo punto di vista, il mondo secolarizzato fa apparire nella sua potenza il «vero bisogno dell’uomo» e la sua incapacità di risolvere la sua «sete di pienezza». Pertanto, ha continuato Carrón, «è questa la bellezza del momento: lo spazio aperto dalla secolarizzazione offre diverse opzioni in cui è possibile trovare quella meglio in grado di rispondere al dramma della vita».
In questo contesto di esperienza del vivere accompagnata dalla trascendenza, un ruolo significativo lo rivestono i legami, le relazioni, il dialogo. Solo così è possibile evitare nuove forme di alienazioni. E un contributo può arrivare anche dalle università cattoliche. Come ha suggerito Taylor, «tutti noi siamo in cammino, ci stiamo muovendo verso qualcosa. Per questo potrebbe essere fondamentale raccontare le diverse storie e le esperienze religiose degli altri, anche quando non sono positive. Potrebbe aiutarci a comprendere meglio le persone e il loro modo di esplorare il mondo».