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Tecnologia, talenti e capitale. Come Brexit ridisegna l'Europa

18 febbraio 2021

Tecnologia, talenti e capitale. Come Brexit ridisegna l'Europa

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Tanti punti aperti, un cambiamento graduale, occasioni da cogliere. Dopo l’accordo raggiunto in extremis tra Unione Europea e Regno Unito a fine dicembre 2020, l’impatto di Brexit sta cominciando a manifestarsi sulle relazioni tra Londra e il resto d’Europa. Cosa cambia per il mondo della finanza, quale impatto può avere il tanto discusso esodo di multinazionali verso altre città europee sul futuro di Londra, che opportunità ci sono per l’Unione da cogliere in questo momento di cambiamento. I temi del secondo webinar del ciclo “Alumni Global Talks”, organizzato dall’Associazione Alumni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e moderato dal giornalista Gabriele Carrer, aiutano a capire concretamente che effetto ha Brexit oggi nella quotidianità di chi lavora tutti i giorni con il Regno Unito.

«Ancora oggi non esiste un accordo sui servizi finanziari -spiega Simone Rosti, alumno Unicatt e Head of Italy and Branch Manager di Vanguard, società di investimenti americana tra le più grandi al mondo-. Questo ha già portato effetti visibili: gli scambi effettuati alla borsa di Amsterdam hanno superato per la prima volta il controvalore scambiato alla borsa londinese, dove fino al 2016 passava il 40% dei titoli SWAP mondiali mentre ora la percentuale è del 10%. Gli effetti di Brexit si sentono ma sono meno forti di quelli previsti da chi annunciava il disastro. È un percorso di assestamento che non si è ancora fermato».

Il negoziato è stato molto complesso, basti pensare che l’accordo di recesso con cui il Regno Unito è uscito dall’Ue era composto da 181 articoli mentre il testo approvato a Natale 2020 ha prodotto un documento di 1500 pagine. «Ci sono lacune che le parti stanno continuando a negoziare – conferma Francesco Bestagno, ordinario di Diritto dell’Unione Europea e Consigliere giuridico della Rappresentanza d’Italia a Bruxelles-. L’accordo cerca di porre le basi per le relazioni future. Molti risultati sono stati raggiunti: la permanenza di un confine morbido tra Irlanda e Irlanda del Nord, l’accordo di libero scambio, il tema della pesca, la tutela delle scelte di vita dei cittadini comunitari che vivono in Inghilterra e viceversa».

La transizione sta incidendo su molti fronti: le merci che provengono dal Regno Unito non pagano dazi ma ora vengono sottoposte a controlli doganali per verificare gli standard sanitari e di sicurezza richiesti dall’Ue oltre alla provenienza, che spesso è indiana o cinese e che per questo prevede una tassa. Questo irrigidimento dei confini si avverte anche nel campo legale e M&A: «Importanti studi legali statunitensi stanno aprendo sedi a Bruxelles per poter continuare a fare consulenza ai loro clienti su temi di antitrust e concorrenza. Con l’accordo gli avvocati che esercitano in Regno Unito non possono più dare pareri su casi di diritto europeo» racconta Cristiana Visco, alumna della facoltà di Giurisprudenza, avvocato e Senior Associate per il settore Corporate/M&A di Clifford Chance. «Anche gli avvocati che arriveranno dall’Ue in Regno Unito avranno meno riconoscimenti per le loro qualifiche pregresse e saranno iscritti al registro dei Foreign Lawyers, che prevede più restrizioni» conferma.

Ma c’è anche chi l’effetto Brexit l’ha sentito di meno. È il caso di MDOTM, start up leader europea per l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale nel settore finanziario: «Abbiamo fondato l’azienda 5 anni fa aprendo una LTD – per il fisco italiano è l’equivalente di una ditta individuale in regime forfettario- facendo tutto su internet e al costo di 17 sterline. Per chi apre una start up la flessibilità del mercato inglese è solo uno dei tanti vantaggi ancora irrinunciabili – spiega Tommaso Migliore, laurea in Economia e Scienze Bancarie in Cattolica e ceo MDOTM-. A Londra le attività di funding, centrali per aziende giovani come la nostra, sono ancora le più attrattive. I migliori fondi sono lì e riescono ad attrarre grandi quantità di capitali. È vero che molti lavoratori si sono spostati da Londra verso altre capitali europee, ma si tratta di manager e amministrativi. Per interazioni di alto livello il centro delle operazioni per ora resta ancora Londra».

Cambiamenti più evidenti cominceranno a vedersi tra due o tre anni ma la capitale del Regno Unito per Simone Rosti non rischia di perdere prestigio: «Londra è unica. Non si creerà una nuova City in Europa. Per gli Stati Uniti resta il primo punto di riferimento per l’Europa, per lo meno a livello geografico, e lì ci sono lavoratori con 15-20 anni di esperienza nel settore finanziario, infrastrutture e indotto difficilmente replicabili. In Europa sono diversi i centri che si stanno affermando come punti di riferimento: Irlanda e Lussemburgo per i fondi di investimento, Francoforte per le banche, il trading è ad Amsterdam, Berlino è la capitale fintech. Parigi, Madrid e Milano invece restano un po’ in secondo piano. Questo mostra anche come gli stati membri dell’Ue ogni tanto ragionino come blocco e ogni tanto cerchino di perseguire obiettivi nazionali, seppur legittimi. Credo che sia il momento per l’Ue di riflettere su di sé e su come fare per essere più attrattiva per gli stati. È difficile considerare un interesse comune i diritti dei pescatori francesi nelle acque britanniche. Gli interessi dell’Ue devono essere interessi di tutti gli stati membri».

Per l’Unione Europea il riallineamento post Brexit è un’occasione anche secondo Cristiana Visco: «Credo che Bruxelles non debba chiudersi in un atteggiamento protezionistico ma provare ad attrarre più investitori stranieri. Questo approccio dovrebbe essere trasferito a tutti i paesi attraverso una disciplina comune». La partita secondo Migliore è sull’innovazione: «Venti anni questo webinar sarebbe stato inconcepibile. Per definire un vantaggio competitivo sulla nostra area economica il settore tecnologico sarà sempre più determinante e su questo non mi sento forte giocando come italiano ma come europeo. Dobbiamo essere agili e andare oltre il concetto di barriera e di confine per riuscire ad attrarre le uniche due cose che contano in questa partita: talenti e capitali».

Alumni Global Talks, prossimo appuntamento il 3 marzo

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Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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