Giulia Artioli insegna letteratura al liceo scientifico Belfiore di Mantova e con alcuni dei suoi alunni ha lavorato sulla triste attualità dell’Epica, parlando dell’episodio in cui Teti, madre di Achille, piange il figlio che va alla guerra ma gli fa forgiare lo scudo migliore. Allo stesso modo le madri ucraine piangono l’arruolamento dei figli, cucendo sulle loro divise, sui loro zaini o sui loro vestiti il gruppo sanguigno.
«Da anni mi batto per la contemporaneità dei classici, salvo poi accorgermi, in una mattina di sole di marzo, fra i banchi della 1D, che Teti non vive con le Nereidi sui fondali oceanici, ma abita a Kiev, è madre di Kiev, a riprova del fatto che i classici sono più che contemporanei o attuali, sono eterni» racconta Giulia, laureata in Filologia Moderna al campus di Brescia.
Dopo una riflessione condivisa, ogni alunno ha scritto un pensiero sulla questione ed il risultato è un’interpretazione corale della situazione, vista con gli occhi e la percezione di ragazzi adolescenti.
«T., quattordici anni e due spalle ancora da uccellino, paragona l’attuale stratega russo ad Agamennone, perché la storia ricomincia sempre ed è sempre la stessa, anche se questa, quella dell’Atride Putin, è un’altra storia» scrive Giulia.
S. si chiede invece cosa fa una madre che non vede l’eroe degli eroi andare in guerra, ma vede il proprio figlio impugnare una lancia o imbracciare un fucile. «Si arrende, ma non senza tutelarlo. Ora facendogli forgiare un clipeo nuovo, ora cucendogli a chiare e inequivocabili lettere AB negativo o 0 positivo, su giubbini di jeans, zaini di cuoio, cinture di pelle».
Un’altra studentessa riflette «Ognuno ha il proprio primo ricordo, il mio è l’odore di cannella e di aghi di pino di quando ho imparato a camminare. Di bolle, invece, penso si sia riempito il naso di Achille, al suo primo ricordo. Sono certa che Achille abbia ricordato questo: il fastidio nelle narici, quando l’acqua ci entra dentro, sfacciata e invadente».
Perché quando Achille ha pochi giorni di vita la madre, Teti, fa ciò che una madre è destinata a fare tutta la vita nei confronti del figlio: lo protegge. Teti immerge Achille nello Stige, certa di donare al suo corpo l’invulnerabilità e l’immortalità. Ma ingenuamente dimentica il tallone del figlio, sede della sua morte futura.
Teti quindi sa cosa sarebbe accaduto al figlio se fosse partito con altri eroi per punire Paride e colpire Troia e, quando Achille va alla guerra, che fa? «Piange. Grida. Maledice allo stesso modo delle madri ucraine» notano I. e F., nei loro temi in penna blu.
Eppure quello è il dovere, richiesto da una società primitiva, arcaica, pulsionale, quale è quella della vergogna. Come la nostra: ancora primitiva, arcaica e pulsionale, da vergogna.
«Teti lascia Achille al suo destino di guerra e di morte. E lo lascia facendogli forgiare nuove armi, facendogli forgiare lo scudo, il più bello mai visto, da Efesto, l’inclito fabbro. Allo stesso moso - conclude Giulia - le madri ucraine piangono l’eventuale arruolamento dei figli, cucendo sulle loro divise, sui loro zaini o sui loro vestiti il gruppo sanguigno».