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Uganda, è emergenza Covid-19

04 agosto 2021

Uganda, è emergenza Covid-19

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Gli ospedali dell’Uganda sono ormai da oltre un mese al collasso a causa dell’emergenza Covid-19. In tutto il Paese i posti in terapia intensiva sono poche decine, circa 1,3 letti di terapia intensiva per milione di abitanti su una popolazione di 40 milioni. L’aumento dei contagi e dei casi gravi ha costretto le autorità a dirottare i pazienti Covid-19 in realtà più piccole e non attrezzate per affrontare l’emergenza, aumentando la pressione su cliniche e ambulatori fondamentali per far fronte ad altre malattie e sindromi: malaria, Tbc, Hiv/Aids. Il Benedict Medical Centre di Kampala (BMC), partner di Fondazione Italia Uganda Onlus - realtà fondate dal missionario padre Giovanni Scalabrini, scomparso nel 2016 - sta accogliendo dall’inizio della pandemia pazienti Covid che hanno mandato in crisi un ospedale che dispone di 67 posti letto privo di terapie intensive o sub-intensive, registrando 12 morti nel solo mese di giugno.

Il dottor Fred Adea direttore sanitario della clinica Benedict Medical Centre di Kampala, ci racconta il dramma che stanno vivendo popolazione e personale sanitario in questa crisi che non ha precedenti nel Paese: «Gli ospedali pubblici sono decisamente sovraccarichi e in questo momento al Benedict  Medical Centre il reparto generale è al completo, e per questo abbiamo spostato alcuni pazienti nel primo blocco ed altri nell'ala degli ospiti. La struttura è a corto di bombole di ossigeno, per non parlare degli indispensabili gas medicali». 

«Stiamo rinviando alcuni pazienti, mentre la maggior parte non siamo in grado di ricoverarla in questi reparti. La situazione - sottolinea - non si risolverà molto presto. Le persone contattano la clinica addirittura da Entebbe per chiedere spazio e ossigeno». 

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Redazione

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La situazione sta mettendo a dura prova il personale sanitario, colpito da stanchezza a causa dei ritmi imposti dall’emergenza e dal rischio contagi: «Nel reparto di radiologia abbiamo già avuto un caso positivo che ora si trova in autoisolamento e per questo abbiamo dovuto chiudere tutto il reparto per un fine settimana». Ad aggravare un’emergenza, che ha messo in crisi anche i Paesi europei e gli Stati Uniti, gli ospedali dell’Uganda devono far fronte alla mancanza di risorse per l’acquisto di prodotti sanitari necessari anche solo per contenere la pandemia. «I kit per i test rapidi – osserva il direttore sanitario del BMC - sono stati approvati dalla National Drug Authority, ma sono troppo costosi per essere comprati in grandi quantità e, a maggior ragione, fuori dal budget mensile».

«Mentre l’Europa inizia a tirare un sospiro di sollievo mano a mano che la campagna vaccinale prosegue – spiega il professor Roberto Cauda, docente della Facoltà di Medicina dell'Università Cattolica e direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma - nel continente africano il Covid-19 sta spiegando tutta la sua forza colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione».

«Le poche notizie che giungono sono tutt’altro che rassicuranti e preoccupa sia la diffusione dei contagi sia l’impatto che la pandemia sta producendo sulla precaria e in molti casi inesistente offerta sanitaria anche per patologie diverse da Covid-19. Ad aggravare la situazione vi è anche l’allarme di molte organizzazioni internazionali secondo le quali il vaccino sarà disponibile solo per un abitante su dieci dei paesi africani. Nelle ultime settimane – conclude l'infettivologo dell'Ateneo - l’Organizzazione Mondale della Sanità ha inoltre registrato un netto aumento dei casi e dei decessi, espressione questa di una ampia diffusione del virus e del coinvolgimento di molti soggetti».

Il progetto “Community Outreach”


Il Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale partecipa in qualità di capofila all’intervento di cooperazione internazionale “Il Community Outreach come modello a servizio delle donne degli slum dell'area urbana di Kampala. Strategie di miglioramento per la prevenzione e la gestione clinica di HIV, TBC e malaria”, per il quale ha ricevuto un finanziamento dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo (AICS). Partner di progetto sono la Fondazione Italiana Uganda Onlus e il Benedict Medical Center, un piccolo centro sanitario nei pressi di Kampala, in Uganda. Nella realizzazione dell’intervento partecipano anche medici e ricercatori dell’Istituto di Malattie Infettive, che saranno impegnati nella costruzione ed erogazione di un percorso di formazione rivolto agli operatori locali.

L’intervento, della durata di 24 mesi, prevede la realizzazione di quattro Community Outreach da realizzarsi presso gli slums delle comunità di Kireka e Kisenyi di Kampala. Con il riscorso al Community Outreach l’intervento intende proporre un modello agile, innovativo e pienamente in linea con le condizioni sociali, economiche e sanitarie delle comunità beneficiarie che fornisca così un contributo, seppur su piccola scala, alla lotta contro la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, della TBC e della Malaria in Uganda mantenendo ferma l’attenzione sulla necessità di promuovere percorsi sia di cura sia di prevenzione delle malattie oggetto dell’intervento. Tale intervento mette a frutto l’esperienza maturata dal Benedict Medical Center che dal mese di ottobre 2017 ad oggi ha realizzato già quattro Community Outreach.

Obiettivo del progetto è contribuire alla lotta contro la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, della TBC e della malaria, in Uganda, attraverso la promozione di Community Outreaches ed in particolare di percorsi di prevenzione e cura delle malattie sessualmente trasmissibili nelle donne delle comunità target del progetto.

Il progetto avrebbe dovuto prendere avvio il 1° marzo 2020. Purtroppo le limitazioni imposte dalla diffusione della pandemia da Covid-19 hanno ritardato l’avvio delle attività. Alcune modifiche all’impianto dell’intervento si sono rese necessarie: ad esempio la formazione agli operatori da parte del personale medico del Policlinico "Agostino Gemelli" sarà erogata a distanza e non in presenza, almeno per il primo anno, e dovrà certamente prevedere contenuti legati alla gestione della pandemia. La situazione attuale in Uganda costringe ad un ulteriore rallentamento, ma si spera di poter presto avviare il progetto.

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