Dt 7,6-11 Sal 102 1Gv 4,7-16 Mt 11,25-30
È una grande gioia per me essere qui con voi oggi per celebrare la Solennità del Sacro Cuore di Gesù, che dà il nome alla vostra Università.
Quanto è prezioso imparare a leggere “il cuore di Dio”, imparare ad imitarlo!
Voi, giovani studenti, siete nella Chiesa, oggi, una vivente “parola di Dio” che ci interroga e ci spinge a leggere in modo sempre nuovo “il cuore di Dio”. «Attraverso di voi entra il futuro nel mondo» (Christus vivit 174), ci dice Papa Francesco. E questo ci aiuta a comprendere cosa oggi il Signore dice alla comunità dei discepoli e delle discepole di Gesù, anche nella vostra università.
L’apporto più grande che tutti voi, insieme, potete dare alla vita della Chiesa e della società è l’esperienza che vivete nella condivisione dello studio, nella formazione data e ricevuta, nella ricerca, nel lavoro quotidiano, nella costruzione della vostra vita e nell’impegno ad essere al servizio gli uni degli altri e a servizio del bene comune. Potete essere un bozzetto di società fraterna. E anche un “laboratorio” di sinodalità, di cammino condiviso, una reale esperienza di Chiesa.
Per comprendere in che senso la vostra esperienza possa essere “laboratorio” di sinodalità, mettiamoci insieme in ascolto della Parola che il Signore ci rivolge in questa Solennità del Sacro Cuore di Gesù.
È Gesù stesso che oggi ci invita ad “imparare da lui”, a guardare a lui per imparare ad essere suoi discepoli, uomini e donne che vivono il Vangelo e lo annunciano. E Gesù oggi ci dice: «imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29).
Gesù ci invita ad imparare dal suo cuore mite e umile. Nella Bibbia il “cuore” non è l’organo che indica i sentimenti, come siamo portati a pensare noi oggi, che – quando parliamo di cuore –, pensiamo all’amore, al sentimento, alla passione. Nella Bibbia il “cuore” è il luogo dell’intelligenza, della coscienza, delle decisioni. E per fare questo, nel cuore e con il cuore soprattutto si ascolta. È nel cuore che si ascolta la Parola di Dio e ci si decide per Dio, e di conseguenza per i fratelli e le sorelle. Gesù quindi ci invita ad ascoltare come lui, ad avere un cuore capace di vero ascolto.
È una grande sfida per gli uomini e le donne di oggi l’ascolto. Noi spesso confondiamo “sentire”, con “ascoltare”. Ma avere un cuore capace di ascoltare veramente non è spontaneo: occorre “educare” il cuore all’ascolto. Fare spazio a Dio e agli altri. Anche nella Chiesa. Il Santo Padre ci invita a prenderci una pausa dai nostri ritmi, ad arrestare le nostre ansie, quelle quotidiane e quelle pastorali, per fermarci ad ascoltare. Ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi… Ed educare il cuore all’ascolto dello Spirito nell’adorazione e nella preghiera. Quanto è preziosa la preghiera di adorazione! (cf. Papa Francesco, 9 ottobre 2021).
Voi giovani studenti nel vostro percorso universitario potete vivere l’audacia dell’ascolto vero: la potete vivere nel rapporto tra di voi, la potete vivere con i vostri docenti, la potete incarnare anche nel vostro percorso di fede nell’ascolto della Parola di Dio: voi potete insegnarci l’audacia dell’ascolto!
Nella Bibbia c’è un giovane come voi, di nome Salomone, nel quale possiamo riconoscere l’audacia dei giovani. Salomone è giovane, lo dice lui stesso: «sono solo un ragazzo, non so come regolarmi» (2Re 3,7). Egli, chiamato a governare sul trono di Davide suo padre, si sente inadeguato. Eppure la sua audacia giovanile gli dà la possibilità di non scoraggiarsi. Un giovane deve necessariamente sentirsi chiamato a fare cose grandi! Non sarebbe giovane se non fosse così. Dobbiamo lasciare ai giovani di essere audaci, di pensare in grande. Non possiamo fare diversamente perché anche Dio pensa così per loro, per la loro esistenza. Dio per primo vuole fare cose grandi in noi.
Ma dove si esprime l’audacia di Salomone? Il novello re si mostra audace nella preghiera: «Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male» (2Re 3,9). La preghiera è principalmente il luogo nel quale si esprime e si deve esprimere l’audacia dei giovani. Solo chi sa chiedere cose grandi sta veramente ascoltando la Parola di Dio, mettendosi in “sintonia” con Lui. La preghiera infatti è frutto dell’ascolto: chi ascolta la Parola audace di Dio, non può che rispondere con una preghiera altrettanto audace.
Ma che cosa chiede Salomone? Egli domanda al Signore “un cuore docile”, letteralmente “un cuore capace di ascolto”. Ecco la domanda più audace che un giovane può fare a Dio: un cuore capace di ascoltare la sua Parola. È la domanda più audace che ci sia, la più coraggiosa. Infatti questa preghiera chiede un cuore disponibile a fare la volontà di Dio, a fare il bene sopra ogni cosa e oltre ogni ostacolo; chiede un cuore libero da ogni resistenza, da ogni tentazione di fuggire davanti alle difficoltà. È questa la preghiera audace: l’invocazione di un cuore capace di compromettersi fino in fondo con la Parola, senza resistenze.
E possiamo ascoltare questa parola, non soltanto leggendo la Parola di Dio registrata nel Libro ma anche dando attenzione alla voce del Popolo di Dio, particolarmente alla voce dei più piccoli, gli esclusi. La voce del Popolo santo di Dio è un “registro” spesso trascurato da chi vuole conoscere il progetto di Dio, da chi sta cercando il buono, il bello, il vero. Come dice san Benedetto nella sua Regola, il superiore deve ascoltare il più giovane, l’ultimo arrivato nella comunità, perché anch’egli potrebbe essere eco della voce di Dio. Nel povero noi incontriamo il Cristo che è la Parola incarnata. Se facciamo spazio e diamo attenzione al povero, in altre parole, diamo anche spazio nel nostro cuore alla Parola. Quello che san Benedetto dice per la comunità monastica possiamo quindi applicarlo al Popolo santo di Dio.
Questa conversazione con l’Altro, che ci coinvolge a 360°, fa della nostra vita un’opera d’arte, un vero capolavoro. Solo un cuore capace di ascolto ha il coraggio di intraprendere con Dio una simile avventura!
Ma Gesù, cari fratelli e sorelle, nel brano del Vangelo di oggi ci insegna anche qual è la via per avere un cuore come il suo, capace di ascoltare veramente e «trovare ristoro» per la nostra vita. Qual è dunque la via da seguire per avere un cuore capace di ascoltare veramente Dio e i fratelli? Gesù ce ne indica due: la via della mitezza e la via dell’umiltà.
La prima via per avere un cuore come quello di Gesù, capace di ascoltare veramente Dio e gli altri è la via della mitezza. È una via difficile per noi, ma preziosa davanti a Dio (1Pt 3,4). È ciò che Gesù stesso ha vissuto nella sua esistenza e soprattutto nella sua passione e morte. La logica del mondo ci spinge ad apprezzare la via della violenza e della potenza, i tentativi di prevalere gli uni sugli altri, di vivere tutto come competizione. Gesù ci dice invece che solo un cuore mite è capace di ascolto e può condurci a trovare quella pace, quel riposo, quel ristoro dalla fatica che tutti desideriamo.
La seconda via che Gesù ci indica per avere un cuore come il suo è la via dell’umiltà. Gli umili sono “i piccoli”, coloro che si contrappongono ai potenti. Pensiamo al canto di Maria nel Vangelo di Luca, il Magnificat. L’umile è colui che non si affida a mezzi potenti, ma che è solamente sé stesso davanti alle fatiche della vita. Gesù afferma che proprio in questo essere disarmati si può trovare la vera capacità di ascolto. Spesso noi pensiamo il contrario e ci armiamo il più possibile, quando entriamo in dialogo con qualcuno, per potergli rispondere, per difendere le nostre posizioni. Ma sperimentiamo che il nostro cuore in questa “corsa agli armamenti” non può trovare pace, non può vivere un vero ed autentico ascolto, perché siamo più preoccupati di rispondere che impegnati ad ascoltare. Per Gesù è il “disarmo” la via per avere ristoro, per avere un cuore che ascolta. Gesù oggi ci invita ad avere un cuore disarmato, come segreto della vera sapienza. In fondo, cari fratelli e sorelle, i “sapienti” e i “dotti” di cui ci parla il Vangelo di oggi sono coloro che hanno un cuore “disarmato” e quindi capace di ascoltare. I “piccoli” invece non sono gli “ignoranti”, ma coloro che sanno ascoltare imboccando la via dell’umiltà.
Ecco la doppia strada indicata da Gesù per avere un cuore come il suo: la mitezza e l’umiltà. Parole semplici, ma impegnative per noi. E tuttavia questa parola di Gesù oggi è un giogo dolce e leggero che può alleggerire la nostra vita da tutti i pesi che a volte ci auto-procuriamo, rendendoci uomini e donne di ascolto. Come farlo? Guardando a chi abbiamo di fronte, adoperandoci per lui o per lei senza riserve, gioendo con chi gioisce, piangendo con chi piange, mettendoci a servizio con i muscoli e la nostra intelligenza… ci ritroveremo più miti, più umili, più simili al nostro Maestro.
L’esperienza dell’Università – dello studio come dell’insegnamento e di ogni altro servizio necessario alla vita della comunità universitaria –, è una scuola di ascolto, un “laboratorio” di autentica sinodalità. Un “laboratorio” di vita. Accogliamo quindi oggi l’invito di Gesù ad andare a lui per trovare quel ristoro che cerchiamo e per imparare da lui la via della mitezza e dell’umiltà. Che il nostro cuore sia sempre più simile a quello di Gesù!
Questa è la nostra missione personale e comunitaria: imparare ad ascoltare ed insegnare l’arte dell’ascolto. Questo è un aspetto della missione delle Università nella vita della Chiesa: diventare scuola di “sinodalità”, perché laboratorio di ascolto vero, sull’esempio di Gesù, nella mitezza e nell’umiltà.