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Università Cattolica e Policlinico Gemelli, luoghi di speranza

06 febbraio 2025

Università Cattolica e Policlinico Gemelli, luoghi di speranza

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Eminenze ed Eccellenze Reverendissime; Magnifici Rettori e loro rappresentanti; Pregiatissime Autorità religiose, civili e militari; Prorettore Vicario, Delegati e Presidi di Facoltà; Chiarissime Professoresse e Chiarissimi Professori; Reverendissimo Assistente Ecclesiastico Generale; Illustri Esponenti del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e del Comitato di indirizzo dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori; Stimatissimi Presidente, Direttore Generale, Direttore Scientifico e Componenti del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS; Direttore Generale e Direttori di Sede dell’Ateneo; Stimato personale tecnico-amministrativo e sanitario; Care studentesse e Cari studenti,

rivolgo a ciascuno di voi un cordiale benvenuto alla cerimonia di inaugurazione delle attività della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per l’anno accademico 2024/2025.

Esprimo un deferente saluto alle Eminenze Reverendissime il Cardinale Giovan Battista Re e il Cardinale Lorenzo Baldisseri, e un sincero ringraziamento a Sua Eminenza il Cardinale Baldassare Reina per aver presieduto la celebrazione eucaristica e per i molteplici progetti che promuove nella Diocesi di Roma, in particolare desidero ricordare quelli su salute mentale e social business ai quali l’Ateneo è lieto di dare il suo apporto.

Ringrazio il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Fabio Pinelli, che ci onorano della loro presenza. Mi è gradito inoltre rivolgere un particolare ringraziamento al Ministro della Salute Orazio Schillaci e al Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, che tra poco avremo il piacere di ascoltare per un saluto. La loro partecipazione rappresenta una manifestazione concreta della possibilità di lavorare sinergicamente per promuovere il bene comune.

In questo mio primo discorso inaugurale nella sede di Roma, desidero esprimere profonda gratitudine al Presidente Daniele Franco, che ha accettato con generosità ed entusiasmo l’incarico di guidare la Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS. Nei primi mesi di lavoro, ne abbiamo già apprezzato l’assoluta e riconosciuta competenza e il tratto umano, caratteristiche che sono certa sapranno assicurare una guida ferma e al contempo piena garanzia e tutela all’Istituzione. 

Colgo altresì l’occasione per rivolgere un ringraziamento al Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia Professor Antonio Gasbarrini, per la sua leale e convinta collaborazione, che si è rivelata di grande aiuto per entrare nelle complesse dinamiche di una eccellenza come la Facoltà di Medicina e chirurgia. Saluto e ringrazio la Professoressa Antonella Occhino, Preside della Facoltà di Economia; una Facoltà attiva, anche nel campus di Roma, con una presenza ormai consolidata e fondamentale per rendere tangibile la nostra vocazione al dialogo tra discipline.

Un ringraziamento sincero e profondo lo dedico al compianto Professor Franco Anelli. In qualità di Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per oltre un decennio, ha sostenuto le Facoltà del campus assicurando, con coraggio e competenza, un assetto più moderno dell’attività clinica e assistenziale; in particolare, attraverso la creazione dell’attuale Fondazione, costituita nel 2015 dallo stesso Ateneo con l’Istituto Giuseppe Toniolo. Sono certa che la nostra famiglia lo ricorderà per le sue qualità con affetto e riconoscenza.

Infine, un saluto non di circostanza rivolgo all’intera famiglia universitaria, colleghe e colleghi docenti, ricercatrici e ricercatori, assegniste e assegnisti di ricerca, specializzande e specializzandi, dottorande e dottorandi. E naturalmente un pensiero speciale va alle studentesse e agli studenti, i nostri ambasciatori che rappresentano il cuore della missione educativa dell’Ateneo dei cattolici italiani. Quello di famiglia è un termine forse inconsueto per identificare la nostra comunità, ma – come molti di voi sapranno – viene da me utilizzato abitualmente perché credo che renda in maniera vivida la nostra identità, quella cioè di un organismo che necessita di una cooperazione tra le diverse sensibilità che lo animano.

Come ho annunciato nella cerimonia di inaugurazione che si è tenuta a Milano, il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è al centro di tutti i dies delle diverse sedi, declinato secondo le specificità disciplinari di ciascuna. Il programma della giornata odierna conferma questo intento. A tal proposito, rivolgo un particolare saluto a Don Dante Carraro, Direttore di Medici con l’Africa Cuamm e al Professor Carlo Torti, Ordinario di malattie infettive, che pronunceranno prolusioni incentrate su aspetti cruciali per l’ambito sanitario nel continente africano, rispettivamente la medicina come strumento di giustizia sociale e le sfide e le soluzioni per le malattie infettive in Africa. Vi sono grata, a nome di tutto l’Ateneo, per aver accolto il nostro invito. Un vivo ringraziamento va poi alla dottoressa Francesca Schiavello, che porterà la sua testimonianza dell’esperienza di volontariato come specializzanda proprio con Cuamm in Africa.

1.

La sanità è una questione nevralgica per il paese. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, ha richiamato l’attenzione su questo tema mettendo in evidenza due aspetti divergenti: da una parte, l’enorme potenziale della ricerca scientifica in ambito sanitario, dall’altra, la crescente difficoltà di accedere alle cure e le lunghe liste d’attesa.

Eppure, una sanità accessibile è una forma di “diritto di cittadinanza” riconosciuto dalla nostra Carta Costituzionale nell’articolo 32, che recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Un principio che trova attuazione nel Servizio Sanitario Nazionale istituito nel 1978 proprio da una nostra laureata, Tina Anselmi, prima donna a ricoprire l’incarico di Ministro della Salute della Repubblica italiana. Un Servizio finemente definito dallo stesso Presidente Matterella «presidio insostituibile di unità del paese» e pertanto «un patrimonio prezioso da difendere ed adeguare». Un diritto che dobbiamo salvaguardare con ancora maggiore tenacia di fronte alle forti disuguaglianze, alle laceranti polarizzazioni e alle crescenti povertà che sempre più riscontriamo nei nostri territori.

Un sistema sanitario, quello italiano, che nelle ultime settimane è stato messo sotto osservazione, anche a livello internazionale, dalla prestigiosa rivista The Lancet. Un editoriale che – sebbene non rispecchi pienamente lo stato dell’attuale sistema e non fornisca comparazioni con altri paesi – ha evidenziato alcuni profili di attenzione relativi al finanziamento e alla programmazione. In particolare, la frammentazione infrastrutturale e amministrativa dei dati sanitari e la ridotta digitalizzazione sanitaria determinano una scarsa interoperabilità con conseguenze che pesano, oltre che sui costi, sulle esperienze dei pazienti. Aspetti che, messi in ulteriore luce dalla pandemia, impattano sull’efficienza del Sistema Sanitario Nazionale e, al contempo, amplificano le disuguaglianze regionali e territoriali, nonché tra aree metropolitane e periferiche. Senza dimenticare il fenomeno della mobilità sanitaria, che dovrebbe idealmente riguardare solo cure di particolare complessità, per le quali è preferibile rivolgersi ai centri di alta specializzazione. In varie regioni italiane si riscontra invece una mobilità a tutto campo, che è socialmente onerosa ed economicamente inefficiente. Ne parliamo da anni, ma non riusciamo a superarla.

Il sistema sanitario italiano è a un bivio. Senza i giusti interventi, non certo semplici da individuare data la complessità delle questioni sanitarie, il rischio che ne consegue è un aumento delle già profonde divaricazioni presenti nella nostra società. Come sottolinea l’articolo che ricordavo, una riforma sistemica rappresenta l’unica via per garantire un’assistenza equa ed efficiente, preservando la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

Preso atto di questo quadro difficile e articolato, l’Università Cattolica e il Policlinico si rendono disponibili per contribuire a un tavolo tecnico di analisi, plurale e a più voci, che consenta di formulare proposte concrete su possibili linee di riforma dell’attuale sistema. Il Policlinico Gemelli può inoltre accentuare il suo sforzo di sperimentazione di nuove terapie e di nuove forme di organizzazione dei servizi sanitari. L’integrazione tra strutture cliniche e ricerca va sfruttata per cercare soluzioni volte a offrire servizi più efficaci a costi sostenibili. Sarà cruciale avere sempre più una visione olistica dei problemi di ciascun paziente. La frammentazione delle cure è costosa, oltre che nociva per il successo delle stesse.

2.

La stretta connessione del Policlinico Gemelli con le Facoltà dell’Università Cattolica è la base su cui poggia il nostro essere riconosciuti un pilastro della sanità, espressione viva del legame prezioso e inscindibile tra attività clinica, di ricerca ed educativa.

Il campus di Roma con i suoi 8.424 iscritti alle due Facoltà di Medicina e chirurgia e di Economia ha accolto più di 2.200 nuovi immatricolati, con un aumento di oltre il 5% rispetto all’anno precedente. In particolare, la Facoltà di Medicina e chirurgia – con i suoi oltre 5.800 studenti e 2.400 specializzandi pienamente coinvolti nella vita dell’ospedale – ha, negli anni, attivato percorsi formativi di elevata qualità a Roma ma anche su tutto il territorio nazionale. Nell’anno accademico 2024/25, l’offerta formativa della Facoltà si è arricchita con nuovi corsi di laurea dal carattere innovativo, interdisciplinare e in dialogo con i territori, tra questi Medicine and surgery a Bolzano erogato in inglese, dove il 30% degli iscritti è composto da studenti internazionali, e Medicina e chirurgia a indirizzo tecnologico con l’Università di Roma Tre. Particolare valore riveste la Facoltà di Economia con i suoi corsi di laurea, che, come ricordavo, segnano concretamente l’interdisciplinarità del nostro Ateneo, capace di un’offerta formativa distintiva e orientata a intercettare i nuovi bisogni in ambito sanitario. Risponde a queste necessità la progettazione, in corso per il prossimo anno accademico, della nuova laurea magistrale interfacoltà di Economia e Medicina in Healthcare management che sarà erogata in inglese.

La sede si configura anche come un vero e proprio microcosmo globale e ne sono una testimonianza evidente il double degree di Medicine and Surgery con la statunitense Thomas Jefferson University e i numerosi progetti di cooperazione in Africa e non solo. Un campus, quello romano, diventato incubatore internazionale, attrattivo anche per coloro che lavorano all’estero e vogliono tornare in Italia. E che si distingue nella comunità scientifica come un eccellente polo di ricerca, come inequivocabilmente confermano i numeri: 444 progetti attivati, oltre 22 milioni di finanziamenti universitari nell’anno accademico 2023/24, più di 3.000 articoli scientifici su riviste con impact factor.

Risultati resi possibili dalla stretta sinergia con il Policlinico che insieme alla Facoltà danno vita a quello che definisco l’ecosistema Gemelli. Oggi, il Gemelli – che il 10 luglio ha compiuto 60 anni di attività – è un punto di riferimento per la sanità nazionale, che opera in modo da contemperare la qualità nella missione di cura a carattere universalistico, assicurata a tutti, e la non semplice sostenibilità economica e finanziaria. In breve, è una realtà che mantiene in equilibrio la vocazione pubblica e una gestione attenta. Alcuni dati possono testimoniarlo. Nel corso del 2024 al Policlinico Gemelli sono stati ricoverati oltre 101.000 pazienti, di cui il 22% provenienti da fuori regione. Gli accessi al pronto soccorso sono arrivati a 73.600, anche in questo caso con una quota importante di pazienti da altre regioni, a dimostrare il ruolo fondamentale che svolge il Policlinico Gemelli all’interno della rete di emergenza/urgenza italiana, laziale e romana.

Al passo con i più grandi ospedali statunitensi, il Policlinico ottiene ripetutamente significativi riconoscimenti: l’autorevole rivista Newsweek ha attribuito al Gemelli il primo posto tra gli ospedali italiani nel ranking relativo al quadriennio 2021-2024. Risultati conseguiti anche grazie al fattivo impegno del Direttore Generale e della struttura amministrativa della Fondazione. Rilevante, inoltre, il suo riconoscimento come IRCCS che, in virtù della nota e apprezzata lungimiranza del suo Direttore Scientifico, ha raggiunto posizioni straordinarie in termini di produttività, progetti e finanziamenti, come conferma la recente certificazione rilasciata dal Joint Commission International.

In tutto ciò si concretizza la nostra missione assistenziale ed educativa che prende corpo in una classe di clinici e ricercatori di alto valore. A tal proposito, mi preme ringraziare tutte e tutti coloro che con il loro impegno e la loro tenacia sono a servizio del bene prezioso della vita e hanno contribuito a portare il Policlinico Gemelli ai livelli di apprezzamento attuali. Coglie nel segno questa espressione immediata del Presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo: “Medici e infermieri, dovremmo farvi un monumento”.


3.

Gli ottimi risultati raggiunti devono spronarci a fare sempre meglio. Per riuscirci è fondamentale l’impegno deciso del Policlinico e dell’Università. Per il Policlinico sta prendendo forma un piano di progetti, oculato e lungimirante, simbolicamente denominato “Gemelli 100”, per traghettare il nostro ospedale verso un futuro che sappia conciliare rinnovamento delle strutture, innovazione tecnologica e ancoraggio all’identità. Per l’Università, si rende sempre più necessaria una programmazione dei reclutamenti ai massimi livelli e un disegno dell’offerta formativa in chiave innovativa e interdisciplinare, progettata per valorizzare l’esperienza didattica e assistenziale degli studenti.

Occorre scrutare il futuro, continuando a costruirlo sulle basi solide che ha indicato Padre Gemelli nel celebre articolo pubblicato su Vita e Pensiero, nel 1958, dal titolo Perché i cattolici italiani aspirano ad avere una Facoltà di medicina, quando, in maniera pionieristica, proponeva un modo originale di interpretare la missione del medico. Il nostro fondatore sollecitava a non considerare il malato un numero, bensì una persona.

Il Policlinico e la Facoltà di Medicina e chirurgia sono costantemente impegnati a tener fede a questo intendimento. Solo così si qualificano infatti come autenticamente cattolici; quindi, centrati sulla persona nella sua interezza, con le sue fragilità, ma anche con le sue enormi potenzialità di fare il bene per gli altri. Tale vocazione continua a esprimersi promuovendo altresì una ricerca di frontiera, sempre consapevole del mistero della vita. La cifra distintiva dell’attività scientifica condotta dalla nostra comunità è l’essere guidata dal principio secondo cui la vera scienza è quella «che si sente serva della verità e non padrona, che non smarrisce mai il senso del mistero», come ha ricordato Giovanni Paolo II in occasione del XXV anniversario della morte del nostro fondatore.

Una cifra distintiva a cui teniamo in maniera convinta perché palesa quella vocazione alla cura che Papa Francesco ha indicato come prioritaria durante l’omelia in occasione del sessantesimo anniversario di inaugurazione della Facoltà di Medicina e chirurgia. La vocazione alla cura è la capacità di riconoscere come cara ogni persona che si avvicina a noi nel bisogno. È in questo particolare tratto che ritengo si identifichi propriamente la fisionomia cattolica della Fondazione e dell’Ateneo, nel riuscire a tenere saldo il legame tra il servizio incondizionato alla vita e la ricerca scientifica di frontiera. Benedetto XVI utilizzò una formula icastica per esprimere una simile missione, quando descrisse le corsie e i laboratori del Policlinico come il «luogo dove l’umanesimo trascendente non è slogan retorico, ma regola vissuta della dedizione quotidiana».

Dunque, se dovessi riassumere l’orizzonte ideale verso il quale auspico debba rivolgersi la nostra azione, sarei propensa a utilizzare quattro termini: persona, cura, dedizione, solidarietà. Nelle attività del Policlinico presupposto imprescindibile è l’avere un’attenzione alla persona nella sua interezza, che può essere assicurata solo da una genuina vocazione alla cura di medici e operatori sanitari. Tutto ciò deve avvenire, giorno dopo giorno, con quella dedizione che muove coloro che sono al servizio delle istituzioni nell’ottica di contribuire al bene comune. E, allo stesso tempo, con spirito di solidarietà, uno dei cardini della Dottrina sociale della Chiesa, cui il personale docente e sanitario è chiamato a ispirare il lavoro quotidiano per l’edificazione propria e di tutta la società.

Persona, cura, dedizione e solidarietà sono dunque i pilastri sui quali si fonda l’ecosistema Gemelli, ossia un sistema integrato di condivisione ideale e competenza scientifica. Insisto nel sottolineare la dimensione sistemica perché è fondamentale affinché il nostro servizio aperto a tutti – dunque pubblico – rimanga sempre il punto di riferimento che è oggi. Tutto questo alimenta quella fiducia che pazienti e studenti nutrono per le nostre attività. Rispetto a realtà simili alla nostra, il tratto distintivo dell’ecosistema Gemelli risiede nella consapevolezza che se non genera fiducia, i suoi frutti sono irrilevanti, non “producono” bene comune.

Come sappiamo, la fiducia è un bene relazionale sempre più scarso nella nostra società, nonostante sia alla radice della qualità stessa dei rapporti umani. In ambito sanitario è un elemento che non deve essere trascurato, perché per quanto strutture ospedaliere, imprese e istituzioni si impegnino in maniera crescente sui temi della responsabilità sociale, i livelli di fiducia sono in costante diminuzione. Si potrebbe pensare che gli enti debbano fare di più. Tuttavia, il punto non è tanto fare di più, quanto concentrarsi sul fare le cose giuste, come chiarito dall’economista esperto di etica Nien-hê Hsieh. In questa prospettiva è utile distinguere tra due modi di intendere il concetto di fiducia. Un modo comune è concepirla in termini di affidabilità, cioè a dire una fiducia basata sull’idea che medico o docente sono affidabili perché devono salvaguardare la loro reputazione o rispettare norme e regolamenti. Questo, però, è un modo fragile di intendere la fiducia, che non coglie appieno la nostra specificità. È pertanto utile guardare a una sua seconda accezione, intesa in termini di tutela. In altre parole, ci si fida di un medico o un docente perché si crede che quando agisce promuove anche gli interessi e il benessere dell’altro. In questa concezione della fiducia si ritrova la cifra dell’ecosistema Gemelli fondato – lo ripeto – su persona, cura, dedizione e solidarietà.

4.

Dei quattro termini che riassumono l’orizzonte ideale della nostra attività, nell’occasione odierna ritengo che quello relativo alla solidarietà debba essere sottolineato con particolare enfasi. A tal proposito mi piace ricordare le parole che il Cardinale Matteo Zuppi ha pronunciato alla Settimana sociale di Trieste lo scorso luglio: «La solidarietà» – ha detto – «presidia e difende la vita di tutti, tutelando il diritto a essere curati. […] La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo».

Declinata in questo modo, la solidarietà diviene il presupposto principale per l’ideazione e l’attuazione del Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di una struttura d’azione, in coerenza con l’indirizzo di apertura proprio di una Università che vuole essere la migliore per il mondo, con l’intento di porre il continente africano al cuore delle progettualità sanitarie, assistenziali, educative, di ricerca e di terza missione. In uno spirito di reciprocità con l’Africa, l’Ateneo intende diventare polo educativo dalla triplice finalità: formare medici in Africa, offrire ai giovani africani di seconda generazione opportunità di studio, integrare le esperienze di volontariato dei nostri studenti nei percorsi accademici.

Come è ormai noto, la nostra aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nella prospettiva di un lavoro con l’Africa, per la formazione integrale delle persone e la promozione della fratellanza e della pacifica convivenza sociale. Siamo infatti fortemente convinti dell’efficacia di quello che ho definito l’education power, cioè la capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi. L’educazione è uno strumento che meglio, e più, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani. 

Il Piano Africa intende dunque consolidare studi e progetti attraverso collaborazioni, accordi e alleanze con università e realtà che vi operano, da quelle cattoliche a quelle internazionalmente riconosciute come UNESCO e FAO, e auspicabilmente in stretta connessione con iniziative come il Piano Mattei per l’Africa. Da questo punto di vista, il campus romano dell’Università Cattolica può dare un contributo determinante, perché le sue attività già rendono visibile il nesso tra educazione, crescita e solidarietà. Abbiamo in Ateneo complessivamente attivi 123 progetti in 40 paesi, di cui 14 con la sola Facoltà di Medicina e chirurgia.

***

Il primo passo verso una società più equa e più capace di umanità poggia sul dialogo, sulla collaborazione, sulla solidarietà. Tutti principi che appartengono alla nostra storia e che sono indispensabili per la costruzione di un futuro buono per l’intera società. In tal senso, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Policlinico Gemelli sono – e possono sempre più diventare – luoghi di speranza in cui tutti diventano il nostro prossimo e parte del nostro domani, forgiando così una peculiare forma di altruismo ancorata alle solide radici impresse nel nostro stesso nome. Radici che ci riportano al centro intimo dell’uomo, cioè il cuore. Un passaggio dell’enciclica Dilexit nos (n. 11) descrive bene l’essenza della dedicazione al Sacro Cuore voluta tenacemente da Armida Barelli: «Quando non viene apprezzato lo specifico del cuore, perdiamo le risposte che l’intelligenza da sola non può dare, perdiamo l’incontro con gli altri, perdiamo la poesia. E perdiamo la storia e le nostre storie, perché la vera avventura personale è quella che si costruisce a partire dal cuore. Alla fine della vita conterà solo questo».

Il discorso di

Elena Beccalli

Elena Beccalli

Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

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