
News | Milano
Un manifesto per il Benessere e le Pari opportunità
Nasce la Rete dei Comitati Unici di Garanzia e degli Organismi di Parità Città di Milano. Mercoledì 22 ottobre la firma del documento al Politecnico
| Redazione
06 novembre 2025
Condividi su:
Il 20 novembre 1989 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite vara l’adozione della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza con l’obiettivo preciso di stabilire e proteggere i diritti fondamentali dei bambini e garantirne la crescita in un ambiente sicuro e protetto.
36 anni dopo, nel mese in cui tutto il mondo celebra la Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, la sede di Brescia dell’Università Cattolica ospita la lezione aperta “Oltre i confini: educare ai diritti per promuovere una cultura della parità”.
Una riflessione dedicata al racconto di ciò che è stato fatto ma soprattutto a cosa rimane da fare (spoiler: molto) affinché quanto stabilito dall’ONU trovi applicazione in tutte le geografie del mondo.
Stride e scuote, infatti, il recente report dell’Unicef, secondo il quale 122milioni di bambine e ragazze nel globo non avrebbero accesso all’istruzione. «Solo il 66% dei Paesi ha raggiunto la parità di genere nell’istruzione primaria, il 45% nell’istruzione secondaria superiore ed il 25% in quella secondaria superiore» riporta la prof.ssa Monica Amadini nello speech dal titolo “Leggere la complessità dei diritti dell’infanzia oltre gli stereotipi”.
Abusi (200 milioni di donne subiscono mutilazioni genitali, il 35% è vittima di violenza), discriminazioni (61 milioni non hanno accesso all’educazione primaria), matrimoni precoci (15 milioni di bambine all’anno) e mortalità materna (+ di 300.000 nel mondo) sono sia la causa sia l’effetto di questa esclusione.
Ma la civilissima Italia come se la passa? Bene, ma non benissimo.
Se è vero infatti che in Europa e nell’Occidente in generale viene un po’ meno la compresenza di fattori di rischio (come la discriminazione sulla base dell’appartenenza di genere, le origini culturali, le condizioni socio economiche svantaggiate) le statistiche disponibili fotografano un’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per tasso di occupazione femminile e disparità salariali tra uomini e donne.
La pedagogia è uno degli strumenti per scardinare le cause strutturali delle disuguaglianze, e tracciare la rotta verso un domani dove anche alle donne sia destinato lo status di soggetti che governano i processi di sviluppo.
«In Europa come in Africa la scuola riveste un ruolo fondamentale nel prevenire ed eliminare forme di violenza, promuovere l’emancipazione economica, l’uguaglianza sul lavoro e migliorare l’accesso all’istruzione sanitaria» ha ribadito Crisalita Djeco Funes, dell’Università Save, a Brescia per parlare di “Diritto all’educazione in Mozambico”.
La scuola è dunque la soglia da varcare per “entrare” laddove si costruiscono stereotipi e disuguaglianze, ed eradicarli prima ancora che attecchiscano. Un lavoro, questo, assai lontano dal potersi considerare concluso, che vale la pena di condurre assieme.
«Creare collaborazioni per favorire lo scambio con studenti e docenti, di idee e progettualità, è la strada per formare di una nuova classe dirigente locale» racconta Paola Zini, docente della Cattolica con esperienze in Mozambico, che ha portato la sua visione nella relazione “Lo sguardo dell’altro per educare ai diritti umani”.
Una visione che incrocia la traiettoria intrapresa dal Piano Africa dell’Università Cattolica, col quale l’Ateneo punta a favorire il superamento di disuguaglianze e povertà anche attraverso il lavoro collaborazione con le Università cattoliche africane.
Un articolo di