Web reportage | 5-6 MAGGIO 2021

“Questo è stato”. In cerca di giustizia per l’arte rubata dai nazisti agli ebrei

30 aprile 2021

“Questo è stato”. In cerca di giustizia per l’arte rubata dai nazisti agli ebrei

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Il Kunstmuseum di Berna è tra i più importanti musei d’arte a livello mondiale. Custodisce prestigiose collezioni, in particolare ce n’è una balzata qualche anno fa agli onori della cronaca. Appartenuta al commerciante d’arte tedesco Hildebrand Gurlitt e lasciata in eredità al museo dal figlio Cornelius, comprende circa 1.200 opere d’arte, di cui 400 di discussa provenienza: s’ipotizza, infatti, che molte di queste durante il periodo del nazifascismo fossero state sottratte con violenza agli ebrei.

«Nel periodo tra il 1933 e il 1945 centinaia di migliaia di opere d’arte e altri beni culturali sono stati requisiti a istituzioni e privati, in questo secondo caso soprattutto a famiglie ebraiche, ma non solo. Una parte sono stati recuperati nell’immediato dopoguerra, altri risultano ancora dispersi», spiega Arianna Visconti, docente di Diritto penale e Law & the Arts e ideatrice, insieme a Claudia Mazzucato, docente di Diritto penale e Giustizia riparativa, del convegno ‘Questo è stato’: arte, memoria, riparazione. L’accidentato cammino di attuazione dei Principi di Washington in Europa, promosso nelle giornate di mercoledì 5 e giovedì 6 maggio dall’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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L’evento convegnistico vede il significativo patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, del Consolato Generale della Repubblica Federale di Germania a Milano, della Comunità Ebraica di Milano e del Memoriale della Shoah di Milano. Il Memoriale era la sede destinata a ospitare l’intera iniziativa, convertita poi per necessità contingenti in un evento on line, ma ancora idealmente collocata nel luogo della Stazione Centrale di Milano in cui - per riprendere il verso di Primo Levi - dà il titolo all’evento le tragedie affrontate nel corso dei lavori “sono state”.

 

«Quando si ha a che fare con beni sottratti a ebrei o anche a perseguitati politici non si tratta di oggetti semplicemente rubati: il furto, la loro appropriazione violenta, si collega strettamente a una storia di genocidio, di persecuzione. Quindi ci troviamo di fronte a opere che, oltre ad avere un valore materiale (in alcuni casi anche ingente), si portano dietro un carico di memorie molto complesso, che ha a che fare con storie di enorme e tragica ingiustizia e con ferite che, come sappiamo bene, sono ancora aperte», continua la professoressa Visconti. In più, aggiunge la penalista Mazzucato, «proprio l’immensa gravità delle violenze e la scala collettiva delle atrocità impongono la ricerca di una combinazione di risposte, non limitabili a quelle offerte dal diritto e, nel caso di specie, alla pur fondamentale restituzione materiale dei beni, ma si spinge verso l’elaborazione di itinerari complessi che abbracciano, appunto, anche il lavoro di memoria come opera di giustizia».

The wall of names from the unknown destination loading platform. Foto di Andrea Martiradonna

The wall of names from the unknown destination loading platform. Foto di Andrea Martiradonna

Problematiche che l’iniziativa – realizzata in collaborazione con l’Art-Law Centre dell’Università di Ginevra – tiene ben presenti: una, strettamente giuridica e legata a questioni concrete di restituzione di opere d’arte e di beni culturali; l’altra, di carattere etico-morale, filosofico-politico e sociale, densa di implicazioni anche giuridiche, in quanto chiama in causa i temi della riconciliazione con il passato che interrogano profondamente le istanze cui la giustizia riparativa, da ultimo, dà voce e alle quale cerca di rispondere. Duplice l’obiettivo del convegno: riflettere sui risultati raggiunti nell’applicazione dei Principi di Washington, adottati dal 1998, nel Vecchio continente, ponendo a confronto e in dialogo gli approcci e le esperienze di tre paesi – Italia, Svizzera e Germania – tra i più direttamente coinvolti nel vorticoso movimento di beni culturali che ha preceduto, accompagnato e seguito il secondo conflitto mondiale. Nello stesso tempo, far conoscere in Italia un argomento ancora poco dibattuto, nel tentativo di dare impulso a un maggiore sostegno alla ricerca di opere trafugate e all’indagine sulla provenienza di opere dal passato problematico, che magari inconsapevolmente possono essere finite in collezioni pubbliche italiane.

Il convegno


I lavori, che si articoleranno in due giornate, la prima di taglio più divulgativo ed esperienziale, la seconda di taglio più scientifico, prenderà il via mercoledì 5 maggio alle 14 con una visita virtuale di trenta minuti al Memoriale delle Shoah di Milano. Seguirà alle 16.30 la proiezione del film-documentario “Hitler contro Picasso e gli altri”, che sarà preceduta da una presentazione della pellicola a cura di Ruggero Eugeni, docente di Media e comunicazione in Cattolica, di Sabina Fedeli, giornalista e filmaker, e di Pia Jarach, guida accreditata della Fondazione Memoriale della Shoah. Introdurranno i lavori Milena Santerini, docente di Pedagogia generale in Cattolica, coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo e vice presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, Gadi Schönheit, assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Milano, e Gabrio Forti, direttore dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale.


La giornata di giovedì 6 maggio sarà l’occasione per analizzare il tema sotto un profilo di maggiore approfondimento, anche giuridico. Si partirà alle 9.00 con gli interventi dei professori Stefano Solimano, Guido Merzoni, Antonella Occhino, rispettivamente presidi della facoltà di Giurisprudenza, Scienze politiche e sociali, ed Economia, di Claus Robert Krumrei, console generale della Repubblica Federale di Germania a Milano, di Gadi Schönheit, di Roberto Jarach, e di Gabrio Forti.

Si alterneranno poi quattro importanti momenti di riflessione. Il primo (9.30) offrirà un quadro generale su origini, implicazioni, evoluzione, e prassi applicative dei “Principi di Washington”: adottati nel 1998, all’indomani della omonima conferenza, sono principi non vincolanti che favoriscono la risoluzione non contenziosa di questioni riguardanti le opere d’arte confiscate sotto il regime nazifascista. Moderati da Arianna Visconti, interverranno sul tema Alessandro Chechi, componente dell’Art-Law Centre dell’Università di Ginevra ed esperto di diritto internazionale dei beni culturali, Francesco Provenza, dal 2013 al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Monza con competenza sulla Lombardia, ed Eike Schmidt che, in qualità di direttore delle Gallerie degli Uffizi, porterà la sua diretta testimonianza sulla restituzione di una natura morta sottratta dalle truppe tedesche nel 1944.

Alle 11.00 seguiranno tre approfondimenti sull’applicazione dei “Principi di Washington” in Italia, Germania e Svizzera. Del nostro Paese si occuperanno il docente di Diritto internazionale all’Università degli Studi di Milano Manlio Frigo, che fornirà un quadro dettagliato della normativa italiana e di quanto si sta facendo per migliorare la situazione, e la storica del Deutsches Historisches Institut in Rom Bianca Gaudenzi, che si soffermerà sulle spogliazioni nei confronti degli ebrei italiani o degli ebrei rifugiati in Italia nel periodo nazifascista. Dell’esperienza della Germania (ore 12.15), il Paese più organizzato su questo fronte, parleranno Meike Hopp, del Technische Universität Berlin, esperta di ricerche sulla provenienza delle opere d’arte, e Matthias Weller, della Rheinische Friedrich Wilhelms Universität di Bonn, responsabile di un progetto di revisione e razionalizzazione delle regole per la restituzione di opere confiscate dai nazisti. L’esempio della Svizzera sarà affrontato (ore 15.00) da Nikola Doll, del Kunstmuseum Bern, che ha avuto modo di confrontarsi personalmente con la vicenda della collezione Gurlitt, e Marc-André Renold, esperto di alternative dispute resolution e direttore dell’Art-Law Centre, Université de Genève.

Memoriale della Shoah di Milano. Foto di Andrea Martiradonna

Memoriale della Shoah di Milano. Foto di Andrea Martiradonna

L’ultima sessione del convegno (16.30), intitolata “Dalla restituzione della memoria alla memoria come restituzione: beni culturali che nascono dal ricordo” si propone di ampliare lo sguardo dalla prima e più semplice forma di riparazione, costituita dalla restituzione dei beni sottratti, a una più ampia prospettiva di giustizia che – spiega Claudia Mazzucato, moderatrice della sessione – «come affermato dai principi internazionali in materia di transitional justice, include diverse misure, fra cui proprio iniziative culturali e di memorialisation. L’arte stessa può diventare quindi strumento di giustizia e allearsi a un sapiente e attento lavoro di memoria, il quale a sua volta diviene cultura, nella speranza che tutto contribuisca alla “garanzia di non ripetizione”».

Questi temi saranno affrontati con le sensibilità e le competenze dell’architetto Annalisa De Curtis, dello studio Morpurgo de Curtis ArchitettiAssociati, autore tra l’altro del progetto del Memoriale della Shoah di Milano, e Simonetta Della Seta, giornalista, già direttrice del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) e membro dell’International Holocaust Remembrance Alliance. La chiusura del convegno coincide quindi con un messaggio spalancato sul futuro e rivolto in primis ai numerosissimi studenti, italiani e stranieri, iscritti all’evento.

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