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La partecipazione sia il nuovo nome del dialogo sociale
È questo il messaggio che giunge da un convegno all’Università Cattolica in un periodo in cui tornano ad essere tese le relazioni industriali
| Francesco Chiavarini
23 febbraio 2024
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Sono state tante le riflessioni, le sollecitazioni, i problemi, le questioni emerse durante l’intensa mattinata di studi organizzata mercoledì 21 febbraio dall’Università Cattolica e dall’Arcidiocesi di Milano tramite il Servizio per la Pastorale sociale e del lavoro sulle sfide che oggi caratterizzano il mondo del lavoro, con particolare riferimento alle giovani generazioni e ai diversi processi formativi ed educativi, considerando anche alcune questioni relative alle fragilità del mondo del lavoro odierno.
A portare il saluto istituzionale a nome del rettore Franco Anelli è stato il prorettore vicario Sandro Cocconcelli il quale ha evidenziato l’importanza del lavoro per la persona e per la società. «Il fatto che il 40% dei giovani non lavori e neppure studi, crea una enorme disuguaglianza che incide sulla dignità della persona che si trova priva di sostentamento ma anche di vita sociale e relazioni personali». Di qui la responsabilità del sistema universitario nel favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Sul ruolo delle università in relazione a giovani e lavoro ha svolto un intervento il prorettore Giovanni Marseguerra, il quale ha tratteggiato un contesto caratterizzato dal cambiamento costante del lavoro e dalla necessità da parte dei lavoratori di costruire sempre nuove competenze finalizzate a un nuovo modello di sviluppo inclusivo basato sulla promozione della persona. «I cambiamenti radicali in atto, basti solo pensare all’Intelligenza Artificiale, trasformano il mondo del lavoro, creando nuovi profili professionali, ruoli e competenze. Ecco che l’università, in un sistema integrato di informazioni, deve fare in modo che le competenze tecniche e scientifiche tengano conto del nuovo contesto sociale». Una menzione particolare ha riguardato le università cattoliche che fanno dell’educazione lo strumento principe per promuovere l’impegno di tutti in vista del bene comune.
In quest’ottica il lavoro riveste una tale importanza per concorrere “al progresso materiale o spirituale della società”, come recita l’articolo 4 della Costituzione. È l’unica volta che nella Costituzione si trova l’aggettivo “spirituale”, ha fatto notare Antonella Occhino, preside della Facoltà di Economia, frutto dell’impegno dei costituenti cattolici, chiamando i cittadini a partecipare in senso ampio alla vita politica e a rimediare alle disuguaglianze sociali. «In tal senso giustizia e solidarietà sono due facce della stessa medaglia. Di qui la lotta al “lavoro povero” (ovvero sottopagato, lavoro che non tutela la dignità del lavoratore) e alla disoccupazione: non esiste un livello naturale di disoccupazione, ma l’obiettivo a cui tendere è quello della piena occupazione, investendo nella formazione professionale e nelle competenze che vanno sempre aggiornate».
Lo stato dell’arte sulla condizione giovanile oggi è stato ricavato dai rapporti dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo con le relazioni della sociologa Rita Bichi e del demografo Alessandro Rosina, che hanno delineato i vari tipi di profili dei giovani individuati dalla sociologia: del resto vari tipi di generazioni si susseguono in modo veloce in seguito ai processi di globalizzazione che creano profondi cambiamenti. Dopo la pandemia, ad esempio, c’è un nuovo modo di intendere la vita e di guardare il mondo del lavoro. Il fenomeno del “degiovanimento” vede i giovani come risorse scarse per il mondo del lavoro a fronte dell’aumento degli anziani con relativo incremento dei fondi pubblici per le pensioni e la sanità. «Urge, quindi, un potenziamento qualitativo per compensare quello quantitativo. A nuovi rischi corrispondono nuove opportunità e nuove sfide nel mondo che cambia».
Il convegno è poi entrato nel vivo presentando esperienze concrete di valorizzazione dei giovani nel mondo del lavoro. Sul contributo della Chiesa alla formazione e all’accompagnamento dei giovani, don Nazario Costante, responsabile del Settore per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano, ha fatto riferimento agli oratori con la loro vasta gamma di attività sociali improntate alla cura dei più piccoli, al rispetto reciproco, alle leadership da coltivare, al dialogo tra generazioni. «Il ruolo della Chiesa è quello di educare anche al lavoro per costruire esperienze e relazioni significative, e aiutare i giovani a prendersi cura della casa comune sostenendo il mondo del lavoro tramite la formazione ad un’etica professionale improntata ad insegnare ai giovani non solo a lavorare “per qualcuno”, ma anche a lavorare “per qualcosa” in una dimensione più ampia».
In quest’opera di formazione importante è anche il contributo degli enti preposti, come ha evidenziato Paolo Cesana, central director della Fondazione Luigi Clerici, che si è soffermato su «una formazione articolata nei processi educativi e delle politiche del lavoro, adeguata ai bisogni dei sistemi produttivi, grazie ad azioni inclusive, attività di orientamento, incentivazione della mobilità internazionale per essere cittadini del mondo, non dimenticando il ruolo prezioso della famiglia quale alleato strategico».
Un’ulteriore esperienza di attenzione ai giovani attuata tramite il loro coinvolgimento attivo è stata quella proposta dal professor Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani. In vista della Settimana sociale che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 «i giovani sono stati coinvolti nella scelta dei temi e verrà loro lasciata la parola per aprire spazi di ascolto e di innovazione perché loro non rappresentano solo il futuro, ma soprattutto il presente, dato che se intesi solo come futuro cadono nella classifica delle priorità».
Sulla necessità di una formazione permanente per assorbire nel mondo del lavoro le fasce deboli, è tornato Luciano Gualzetti, direttore Caritas Ambrosiana, che ha portato l’esperienza dei centri d’ascolto della Caritas: «c’è chi non trova lavoro, ma anche chi ha un contratto di “lavoro povero” (perché poco qualificato professionalmente) che viene meno appena c’è una crisi, e chi ha contratti normali ma fa fatica a gestire il budget familiare a causa degli alti costi della vita. Da qui la richiesta di alleanze tra diverse realtà, scuola, aziende, Terzo settore, come fa da quattro anni il “Fondo Diamo lavoro”».
A tirare le fila dei numerosi interventi sulle sfide indicate è stato invitato l’arcivescovo di Milano e presidente Istituto Toniolo, monsignor Mario Delpini. Evidenziando l’importanza del fatto che il convegno si svolgesse proprio in Università Cattolica, luogo dove si pensa, si studia e si fa ricerca, ha chiesto una riflessione critica su quanto succede nel mondo del lavoro: pare che l’unica preoccupazione sia quella di inseguire i cambiamenti in atto per adeguarsi. Ma a tal proposito è anche opportuno, da parte dell’università, svolgere una funzione critica su quanto succede senza necessariamente rincorrere le novità. Questo comporta, quindi, non un mero adeguamento al sistema, addestrando in tal senso i giovani, ma un condurli a considerare la loro “vocazione” che intende la ricerca della motivazione per farlo, fatto salvo il ruolo della politica attiva nella cura per il bene comune. Praticamente «non si tratta solo di addestrare i giovani, ma di qualcosa di più complesso che adeguarsi al sistema: di vivere con una motivazione».
Questa prospettiva lega il lavoro alla dignità della persona, considerandolo non solo come una necessità di sostentamento, ma come elemento per la realizzazione personale e per la costruzione del bene comune e quindi anche della comunità.
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