Che cosa può lasciare un genitore in eredità a un figlio? Che tipo di sfide dovrà affrontare la medicina nei prossimi anni? Quale sarà il futuro della nostra specie davanti alla pressione dei cambiamenti climatici?
Sono alcune delle domande a cui cercano di dare risposte gli 'archeologi del Dna', ricercatori come l'ultimo Premio Nobel per la Medicina, Svante Pääbo, considerato il padre della paleogenetica, una nuova disciplina scientifica che si occupa di ricostruire e analizzare l'informazione genomica in specie estinte.
Uno dei centri di ricerca più importanti in Italia, specializzato nello studio dell'evoluzione del genoma, si trova nel campus di Piacenza dell'Università Cattolica. Il centro si occupa dello studio della diversità genetica delle specie vegetali, animali, e dei microorganismi attraverso l'analisi del loro Dna. Grazie alle analisi su antichi bovini e suini è possibile viaggiare indietro nel tempo, ma anche in avanti, lavorando non su supposizioni ma su dati reali.
«Le ricerche del professor Pääbo hanno costituito un punto si svolta nell'evoluzione della nostra specie- spiega la dottoressa Licia Colli, ricercatrice della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell'Università Cattolica di Piacenza.- Grazie al suo lavoro non soltanto possiamo dire come si è evoluto l'uomo moderno, ma abbiamo la possibilità di capire quali ricadute possono esserci nell'ambito dei biomedicali».
Il centro di ricerca sulla Biodiversità e il Dna antico è nato nel 2009: «Trattandosi di una realtà nata all'interno della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali - sottolinea Colli - i nostri temi di ricerca si concentrano sulle specie di interesse agrario. Tra i progetti di cui ci stiamo occupando c'è l'analisi di bovini antichi dall'Islanda, animali ritrovati in alcuni siti medioevali delle Alpi italiane e dagli scavi di una villa rustica romana nelle vicinanze di Udine. Sono studi affascinanti perché ci permettono di viaggiare nel tempo. Fino all'avvento della paleogenetica si partiva da informazioni di Dna moderno e poi si applicavano algoritmi per trovare le differenze con il passato. Ogni studio metteva in evidenza delle probabilità, mai delle certezze. Con la paleogenetica abbiamo i dati reali. Chi fa un lavoro come il nostro - spiega Colli - deve avere a disposizione reperti antichi da analizzare e dunque è molto importante il lavoro degli archeologi sul campo».
«Noi collaboriamo con diversi gruppi di archeologi, come la missione in Pakistan diretta dalla professoressa Valeria Piacentini, che riguarda campioni di avorio. In questo caso l'interesse è capire se questo avorio è di provenienza africana o indiana, perché gli elefanti sono specie diverse. Questo potrebbe permettere agli archeologici di capire quali erano le direttrici geografiche lungo cui si sviluppavano gli scambi commerciali. Inoltre - conclude - siamo anche stati coinvolti nello studio di antichi bovini sardi, insieme all'Università di Sassari, e qui l'interesse era di andare a caratterizzare i reperti antichi».
Reperti da cui i ricercatori, grazie a studi e strumenti sempre più sofisticati, potranno continuare a scrivere la storia dell'umanità.