Da parte sua, Andrea Boitani ha richiamato l’attenzione sul ruolo che gli economisti hanno assegnato alla “comunità”. In particolare, ha citato le tesi sostenute da Raghuram Rajan nel saggio Il terzo pilastro, dove la “comunità” è declinata come comunità locale, capace di generare solidarietà dalla comunanza di bisogni. «Le caratteristiche fondamentali della comunità sono il vivere vicini. Ma se essa diventa luogo di competizione, rimane sempre l’opzione “exit”, cioè la possibilità per i suoi membri di andarsene», ha spiegato Boitani. Vi è, poi, la visione di Michael Sandel che, rifacendosi al pensiero del filosofo Alasdair MacIntyre, considera la comunità fonte di valori e di obbligazioni morali che non abbiamo scelto. Rajan da un lato, Sandel e McIntyre dall’altro, riconoscono alla comunità un ruolo centrale nella vita sociale ed economica.
Come si pone Bauman rispetto a questi autori? Da attento osservatore qual è del magma della società contemporanea, Bauman si mostra «scettico nei confronti della comunità». Fin dall’introduzione del suo libro più famoso afferma che essa incarna un “paradiso perduto”. Il privilegio di viverci richiede un prezzo, e la valuta con cui si paga è la libertà. Ecco perché secondo Boitani per Bauman il declino della comunità appare inevitabile.
Una prospettiva non condivisa dal pedagogista e imprenditore sociale Johnny Dotti. «La comunità è una dimensione dell’uomo», ha avvertito. «Se da una parte viviamo in una società che esalta individui “funzionanti”, capaci di essere efficienti; dall’altra, emergono le immunità, non le comunità». Ma, ribatte Dotti, non possiamo accontentarci del comfort come unico obiettivo di vita. «La comunità è condivisione del munus, e va ben oltre l’idea dei diritti individuali. Supereremo questa fase solo quando sapremo andare oltre la centralità dei diritti individuali».
Una sfida complessa, la comunità, che però le banche di credito cooperativo portano avanti con un modello differente basato sul credito relazionale. Lo ha illustrato il direttore generale Federcasse Sergio Gatti, ripercorrendone le profonde radici storico-culturali risalenti ai francescani, con figure come san Bernardino da Siena, e sviluppate nell’Ottocento da visionari come Raiffeisen e Wollemborg. Oggi in Italia sono 216 con 495 sportelli in 791 comuni dove, spesso, sono gli unici presenti. «Un modello che porta vitalità imprenditoriale e culturale nei territori in cui opera».
Altrettanto forte è anche la voglia di comunità di imprese sociali che affrontano i temi della fragilità e della vulnerabilità, termini che raccontano una società sempre più bisognosa di cura e attenzione. A fornire una testimonianza concreta è stata la portavoce del Forum Terzo Settore di Milano Rossella Sacco. «Il ruolo del Terzo Settore è riavvicinare le comunità e recuperare quella parte di mondo giovanile che oggi cerca il senso del proprio essere, impegnandosi in attività che possano restituire benessere alla società».