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Bauman, una voglia di comunità fino alla fine

24 novembre 2025

Bauman, una voglia di comunità fino alla fine

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Avrebbe compiuto 100 anni il 19 novembre. Eppure, se a distanza di tempo il nome di Zygmunt Bauman continua a essere citato nel dibattito culturale contemporaneo, è chiaro che la sua grande eredità è ancora attuale. «Giustificare la scelta di annoverarlo tra i pensatori più influenti è compito assai semplice, se si pensa che ormai è entrato nel discorso comune il concetto di liquidità per come lo ha interpretato e diffuso attraverso i suoi studi», ha esordito il Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Elena Beccalli, aprendo martedì 18 novembre l’incontro “Voglia di comunità”, promosso dall’Ateneo e Laterza Editore, in occasione del centenario della nascita del sociologo polacco. «La voglia di comunità è una propensione che si sta facendo sempre più strada nel dibattito pubblico. La stagione della disintermediazione a tutti i costi e in tutti gli ambiti - politico, economico, finanziario - sta mostrando ormai delle crepe evidenti, forse perché ci porta erroneamente a ritenere che non ci sia più bisogno della fiducia», ha aggiunto la professoressa Beccalli ricordando, come per il sociologo il dialogo fosse una delle caratteristiche essenziali per «creare una comunità».

 

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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«L’attualità del pensiero di Bauman si coglie soprattutto nel tema della comunità, oggi centrale», ha osservato la giornalista del Corriere della Sera Elisabetta Soglio, che moderando l’incontro ha introdotto gli interventi dei professori dell’Università Cattolica Mauro Magatti e Andrea Boitani, chiamati a offrirne una lettura sociologica ed economica.

«Le scienze sociali sono una disciplina sfuggente, e una delle persone che mi ha aiutato a pensare con chiarezza è stato proprio Bauman», ha afferamto Mauro Magatti. «Era un grande sociologo, capace di leggere il tempo e di cogliere, prima e più di altri, la trasformazione che si stava avviando negli anni ’80, ben sintetizzata nell’espressione “modernità liquida”». 

Intellettuale dotato di un solido impianto teorico, Bauman ha in George Simmel, uno dei suoi principali riferimenti, in particolare per quanto riguarda l’idea della tensione inscindibile tra libertà individuale e forme organizzative - Chiesa, famiglia, Stato - da cui si ridefiniscono le relazioni sociali. I suoi libri più importanti ne sono la lucida descrizione. In Modernità e Olocausto sostiene che la Shoah è la forma pervertita della modernità industriale; in Sfide dell’etica afferma che l’individuo ha la capacità di sottrarsi a ogni ordine sociale e distanziandosene può rigenerarlo; in Modernità liquida, invece, si accorge che la globalizzazione produce una dissoluzione dei legami, esponendo gli individui fragili e slegati a nuove forme di schiavitù.

«La “voglia di comunità” accompagna Bauman fino alla fine», ha aggiunto il professor Magatti, ricordando il suo ultimo libro Retrotopia dove, in una società slegata, riaffiora il bisogno di legame, seppur in forme regressive. «Oggi ci manca un Bauman: siamo una società “incosciente”, priva di piena consapevolezza del mondo che stiamo costruendo. Viviamo nella degenerazione della modernità liquida».

 

 

Da parte sua, Andrea Boitani ha richiamato l’attenzione sul ruolo che gli economisti hanno assegnato alla “comunità”. In particolare, ha citato le tesi sostenute da Raghuram Rajan nel saggio Il terzo pilastro, dove la “comunità” è declinata come comunità locale, capace di generare solidarietà dalla comunanza di bisogni. «Le caratteristiche fondamentali della comunità sono il vivere vicini. Ma se essa diventa luogo di competizione, rimane sempre l’opzione “exit”, cioè la possibilità per i suoi membri di andarsene», ha spiegato Boitani. Vi è, poi, la visione di Michael Sandel che, rifacendosi al pensiero del filosofo Alasdair MacIntyre, considera la comunità fonte di valori e di obbligazioni morali che non abbiamo scelto. Rajan da un lato, Sandel e McIntyre dall’altro, riconoscono alla comunità un ruolo centrale nella vita sociale ed economica.

Come si pone Bauman rispetto a questi autori? Da attento osservatore qual è del magma della società contemporanea, Bauman si mostra «scettico nei confronti della comunità». Fin dall’introduzione del suo libro più famoso afferma che essa incarna un “paradiso perduto”. Il privilegio di viverci richiede un prezzo, e la valuta con cui si paga è la libertà. Ecco perché secondo Boitani per Bauman il declino della comunità appare inevitabile. 

Una prospettiva non condivisa dal pedagogista e imprenditore sociale Johnny Dotti. «La comunità è una dimensione dell’uomo», ha avvertito. «Se da una parte viviamo in una società che esalta individui “funzionanti”, capaci di essere efficienti; dall’altra, emergono le immunità, non le comunità». Ma, ribatte Dotti, non possiamo accontentarci del comfort come unico obiettivo di vita. «La comunità è condivisione del munus, e va ben oltre l’idea dei diritti individuali. Supereremo questa fase solo quando sapremo andare oltre la centralità dei diritti individuali».

Una sfida complessa, la comunità, che però le banche di credito cooperativo portano avanti con un modello differente basato sul credito relazionale. Lo ha illustrato il direttore generale Federcasse Sergio Gatti, ripercorrendone le profonde radici storico-culturali risalenti ai francescani, con figure come san Bernardino da Siena, e sviluppate nell’Ottocento da visionari come Raiffeisen e Wollemborg. Oggi in Italia sono 216 con 495 sportelli in 791 comuni dove, spesso, sono gli unici presenti. «Un modello che porta vitalità imprenditoriale e culturale nei territori in cui opera».

Altrettanto forte è anche la voglia di comunità di imprese sociali che affrontano i temi della fragilità e della vulnerabilità, termini che raccontano una società sempre più bisognosa di cura e attenzione. A fornire una testimonianza concreta è stata la portavoce del Forum Terzo Settore di Milano Rossella Sacco. «Il ruolo del Terzo Settore è riavvicinare le comunità e recuperare quella parte di mondo giovanile che oggi cerca il senso del proprio essere, impegnandosi in attività che possano restituire benessere alla società».

 

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