NEWS | Inaugurazione anno accademico

Beccalli, l’education power e il metodo bresciano

04 marzo 2025

Beccalli, l’education power e il metodo bresciano

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Eccellenze Reverendissime; Pregiatissime Autorità religiose, civili e militari; Stimata Prorettrice alla Didattica dell’Università degli studi di Brescia Professoressa Elisabetta Allevi; Illustri Prorettore Vicario, Presidi di Facoltà e Delegati; Chiarissime Professoresse e Chiarissimi Professori; Reverendissimo Assistente Ecclesiastico Generale; Illustri Esponenti del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e del Comitato di indirizzo dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori; Direttore Generale e Direttori di Sede dell’Ateneo; Stimato personale tecnico-amministrativo; Care studentesse e Cari studenti, rivolgo a ciascuno un cordiale benvenuto alla cerimonia di inaugurazione delle attività della sede di Brescia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per l’anno accademico 2024/2025.

Esprimo un deferente saluto a Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Pierantonio Tremolada per aver presieduto la celebrazione eucaristica e per il saluto che quest’ultimo ci rivolgerà. La sua costante vicinanza all’Ateneo è per noi motivo di particolare gratitudine.

Saluto l’Onorevole Luca Sbardella e il Prefetto di Brescia Andrea Polichetti. Ringrazio la Sindaca di Brescia, Laura Castelletti, e il Presidente di EBIS, Alessandro Azzi, che tra poco avremo il piacere di ascoltare. La vostra partecipazione rappresenta una manifestazione concreta della possibilità di lavorare sinergicamente con le istituzioni locali per promuovere il valore dell’educazione universitaria a beneficio della società civile.

Come noto, il legame tra il nostro Ateneo e il territorio bresciano è un tratto cui teniamo in maniera particolare. Un legame che si è ulteriormente rafforzato nell’ultimo decennio grazie all’impegno del compianto Professor Franco Anelli, al quale dedico un ringraziamento sincero e profondo. In qualità di Rettore, il Professor Anelli ha infatti sostenuto lo sviluppo e l’ammodernamento della sede bresciana, soprattutto con la realizzazione di una struttura all’avanguardia, come quella di via della Garzetta, e con programmi rinnovati e sempre più attrattivi. Sono certa che la nostra famiglia lo ricorderà, con affetto e gratitudine, per le sue qualità e le sue progettualità, i cui frutti sono davanti a noi.

Colgo altresì l’occasione per rivolgere un ringraziamento al Coordinatore delle attività della sede, il Professor Mario Taccolini, che modererà questa nostra cerimonia, e ai Presidi delle 8 Facoltà attive nel campus per il loro incessante impegno, volto a intercettare le esigenze del territorio e, quindi, basato su un dialogo costante con istituzioni e imprese locali. Il metodo bresciano contribuisce a rendere questa città un polo educativo sempre più riconosciuto in ambito nazionale e internazionale.

Infine, un saluto non di circostanza lo rivolgo all’intera famiglia universitaria, colleghe e colleghi docenti, ricercatrici e ricercatori, assegniste e assegnisti di ricerca, dottorande e dottorandi. Un saluto cordiale riservo agli assistenti pastorali della sede. E naturalmente un pensiero affettuoso e sincero va alle studentesse e agli studenti, che, non mi stancherò mai di ripetere, sono i nostri ambasciatori nel mondo e rappresentano il cuore della missione educativa dell’Ateneo dei cattolici italiani.

Come ho annunciato nella cerimonia di inaugurazione che si è tenuta a Milano, il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è al centro di tutti i dies delle sedi dell’Ateneo, declinato secondo le specificità disciplinari di ciascuna. Dopo Milano e Roma, il programma della giornata odierna conferma questo intento. Rivolgo, dunque, un particolare saluto a Firmin Edouard Matoko, Vicedirettore Generale per la Priorità Africa e le Relazioni Esterne presso l’UNESCO. A lui sono grata, a nome di tutto l’Ateneo, per aver accolto il nostro invito offrendoci un’occasione di conoscenza autentica, al di là dei consueti stereotipi, delle complessità dell’Africa. Un vivo ringraziamento va poi alla dottoranda Vera Brunelli, che racconterà le sue esperienze prima in Uganda e poi nella Repubblica Democratica del Congo con un progetto di service learning dell’Ateneo descritto nel volume “La casa della Pace” curato da Domenico Simeone e Vincenzo Zani.

1.

Il campus di Brescia con i suoi 4.423 iscritti alle 8 Facoltà ha accolto 1.452 nuovi immatricolati. Nell’anno accademico 2024/25, l’offerta formativa si è arricchita con un nuovo corso di laurea – dal carattere internazionale e in risposta alle esigenze del forte sistema imprenditoriale locale – in Business and finance, erogato in lingua inglese e proposto dalle Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative e di Economia e Giurisprudenza. Un corso di laurea dove circa il 50% degli iscritti è composto da studenti che giungono da altri paesi, a indicare quanto Brescia possa aspirare a diventare una città universitaria attrattiva a livello internazionale. Significativa è anche l’attivazione di un corso di laurea interfacoltà Lettere e filosofia e Scienze linguistiche e letterature straniere in Tourism management, sostenibilità e valorizzazione del territorio. Ancora, la laurea magistrale Physics ridisegnata in inglese dalla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali per coniugare avanzate competenze in fisica con conoscenze STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) per una loro applicazione in ambito aziendale, tecnologico, finanziario e della sostenibilità. Un rinnovamento dell’offerta formativa che guarda al mondo e tiene conto delle trasformazioni in atto. Rispondono a queste esigenze anche altri progetti, tra i quali l’ideazione da parte della Facoltà di Scienze della formazione di due nuovi profili Educatore nei servizi educativi per l’infanzia e Educatore professionale socio-pedagogico, nonché la Scuola di specializzazione in Psicologia clinica attivata dalla Facoltà di Psicologia in collaborazione con la Fondazione Poliambulanza che proprio nei giorni scorsi ha visto la proclamazione delle sue prime sei specialiste. Infine, ricorre il decimo anno dall’attivazione qui a Brescia della laurea triennale in Scienze politiche e delle relazioni internazionali. Una Facoltà, quella di Scienze politiche e sociali, pronta a consolidare ulteriormente il suo radicamento nei circuiti istituzionali, culturali e civili, avendo sempre come prospettiva di riferimento l’orizzonte internazionale.

Il dialogo con il territorio bresciano è davvero intenso anche in termini di ricerca e consulenza su temi di frontiera. A Brescia operano 2 Dipartimenti, 14 Centri di ricerca, l’Alta Scuola per l’Ambiente (Asa) e l’Osservatorio per il Territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione (OpTer), che offre sostegno allo sviluppo delle piccole e medie imprese bresciane.

La sede ha dunque grandi potenzialità per qualificarsi come microcosmo globale. Interessante è notare che gli studenti internazionali iscritti a Brescia con un titolo estero sono 59. Se consideriamo anche gli studenti che, pur essendo nati all’estero hanno completato gli studi in Italia, il totale sale a ben 166, numero che dice tanto dell’attrattività della sede per giovani di seconda generazione.  La nuova struttura di via della Garzetta ne è una piena espressione poiché, più di altre, rispecchia le caratteristiche dei campus statunitensi, proponendosi come un perno per rendere a tutti gli effetti Brescia città universitaria a livello globale. Da questo punto di vista fattori trainanti sono la nostra offerta formativa fortemente proiettata all’estero e i numerosi progetti di cooperazione nel continente africano.

2.

L’Africa è in crescita. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, la popolazione del continente dovrebbe raggiungere circa 2,5 miliardi di persone nel 2050 (contro gli attuali 1,4 miliardi). Rappresenterà, cioè, circa il 25% della popolazione globale, vale a dire 1 persona su 4 nel mondo sarà africana. Dunque, un andamento demografico in forte e rapida espansione, tale da configurare un tasso di incremento tra i più alti al mondo. Dati che evidenziano il peso demografico dell’Africa, cui si assoceranno sia opportunità in termini di ampliamento di mercati e forza lavoro giovane sia sfide sul fronte della sostenibilità, sicurezza alimentare e infrastrutture.

Tendenze in contrasto con quelle europee, dove i segnali dell’inverno demografico sono chiari. Nel 1950, l’Europa (esclusa la Russia) era due volte più popolosa dell’Africa. Situazione che si è poi ribaltata, per effetto appunto di dinamiche demografiche opposte. Entro il 2050 il numero di abitanti in Europa potrebbe arrivare a essere un quarto di quello dell’Africa. L’Europa, infatti, rappresenta oggi circa il 7,5% della popolazione mondiale, una percentuale che nel 2050 scenderà al 5,8%. Quindi 1 persona su 20 nel mondo sarà europea, contro il dato – già richiamato in precedenza – secondo cui 1 persona su 4 sarà africana. L’irrilevanza europea in termini demografici è ancora più marcata per l’Italia che è destinata nel 2050 a rappresentare solo lo 0,5% della popolazione mondiale.

Non solo nei prossimi decenni il continente africano vanterà la popolazione più numerosa del pianeta, ma la maggior parte di essa sarà giovane, molto giovane. Secondo il World Economic Forum, l’Africa è oggi l’unica regione al mondo in cui la popolazione in età lavorativa continuerà a salire ben oltre il 2035, specie nella parte sub-sahariana. Il potenziale dividendo demografico per lo sviluppo globale è immenso. Tuttavia, nonostante tale crescita demografica, l’Africa sub-sahariana potrebbe non avere un impatto economico globale significativo, con una ricchezza pro capite prevista cinque volte inferiore a quella della Cina e la metà rispetto a quella dell’India (European Strategy and Policy Analysis System, 2017).

Inoltre, la carenza di politiche strutturali e di forze imprenditoriali diffuse impedisce di tradurre la crescita della popolazione in creazione di posti di lavoro. L’incidenza della disoccupazione e della sottoccupazione tra i giovani africani è elevata. In assenza di un contesto politico ed economico che favorisca un rapido inserimento occupazionale, ampie fasce di giovani e di persone in età lavorativa possono rappresentare una potenziale fonte di vulnerabilità sociale e politica.

Per l’International Labour Organization (Global Employment Trends for Youth 2024, Decent work, brighter futures), i tassi di disoccupazione giovanile restano criticamente elevati, sebbene in miglioramento. In Nord Africa, più di 1 giovane su 3 in età economicamente attiva era disoccupato nel 2023, evidenziando un rapporto estremamente basso tra occupazione giovanile e popolazione. Meno di una giovane donna su 10 e meno di un giovane uomo su 3 hanno un lavoro, valori significativamente inferiori rispetto ad altre regioni del pianeta. A tutto ciò si aggiungono i più elevati tassi al mondo di NEET (not in education, employment or training), il che significa che molti giovani inattivi non sono nemmeno impegnati negli studi.

Accanto al tema della disoccupazione giovanile, va tenuto conto delle tipologie di impiego. Nell’Africa sub-sahariana nel 2023, quasi 3 giovani adulti lavoratori su 4 erano occupati in forme di lavoro precario e più di 1 giovane lavoratore su 2 si sostentava grazie al settore agricolo. In sintesi, il continente è chiaramente interessato da una pressione demografica, che porta in primo piano una questione di rilevanza globale, ossia in che modo i paesi africani riusciranno a creare lavori dignitosi per così tanti giovani nei prossimi due decenni. Da una prospettiva positiva, il boom demografico giovanile in Africa potrebbe rivelarsi la risorsa più preziosa della regione nel prossimo futuro, quando altre parti del mondo si troveranno ad affrontare l’invecchiamento della popolazione e la carenza di manodopera.

Non possiamo dunque non occuparci di Africa, considerata anche la nostra prossimità geografica. Sorprende infatti che la Cina, seppur distante, abbia un’estesa e crescente presenza economica in gran parte dei paesi africani: dalle opere pubbliche all’agricoltura, dall’industria al commercio. L’Europa invece stenta a coltivare i potenziali benefici di questa vicinanza strategica. Una situazione a tinte fosche nella quale la chiave di volta potrebbe diventare l’educazione.


3.

Dalle proiezioni dell’OCSE, si evince che la popolazione globale di laureate e laureati è destinata quasi a raddoppiare nel decennio in corso, raggiungendo i 300 milioni entro il 2030. In Africa, però, nonostante la notevole crescita demografica che, come già ricordato, si assocerà a un rilevante aumento della forza lavoro, il livello di istruzione resta comunque basso. Un grave ostacolo, che dobbiamo impegnarci a rimuovere.

Alcuni dati allarmanti riguardano, infatti, le disuguaglianze educative in questo continente. A causa delle guerre, delle migrazioni e della povertà, circa 98 milioni di bambini e giovani africani non hanno accesso all’istruzione primaria e secondaria (Unesco, 2021). Inoltre, l’Africa sub-sahariana non solo è la regione al mondo con i più alti tassi di non scolarizzazione, ma è anche l’unica dove questo dato è in crescita. Sono tutti sintomi di una emergenza se non di una vera e propria catastrofe educativa, come ha denunciato recentemente Papa Francesco. Al Santo Padre, affidato alle cure di medici e infermieri del nostro Policlinico Gemelli, rivolgiamo un caloroso augurio per una buona guarigione, unendoci alle preghiere di tanti fedeli.

Si comprende quindi la decisione dell’Unione Africana di aver proclamato il 2024 “anno dell’educazione”. Così come quella dell’UNESCO di avviare l’iniziativa “Campus Africa”, il cui obiettivo è promuovere una rete universitaria di eccellenza per favorire la mobilità degli studenti e l’istituzione di borse di studio per la fruizione di percorsi educativi di qualità. Iniziative che poggiano su quello che ho definito education power, cioè sulla capacità di realizzare uno sviluppo economico-sociale inclusivo tramite piani educativi incisivi e rispettosi. L’educazione, infatti, rappresenta lo strumento che più, e meglio, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani, passando da un approccio top-down a uno bottom-up in cui essi partecipino attivamente nel definire i problemi e nel proporre soluzioni. Trovo illuminante ciò che sostiene Edouard Matoko – nel suo libro dal titolo emblematico “L’Africa degli africani. Utopia o rivoluzione?” – quando scrive che: “Non si tratta di inventare nuovi modelli di sviluppo dalle apparenze spettacolari” quanto piuttosto di lavorare per “soddisfare i bisogni più elementari” della popolazione, dall’istruzione alla sanità. Da questo punto di vista, il binomio educazione e crescita, accompagnato dalla solidarietà, è la leva per lo sviluppo integrale e sostenibile, anche del Global South.  

Con profetica lungimiranza, Paolo VI aveva già colto questo nesso più di cinquant’anni fa nella Populorum progressio in cui tracciava un percorso alternativo da seguire per la realizzazione di una nuova umanità: “Si può affermare – scriveva il Pontefice – che la crescita economica è legata innanzitutto al progresso sociale ch’essa è in grado di suscitare, e che l’educazione di base è il primo obiettivo d’un piano di sviluppo. La fame d’istruzione non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti: un analfabeta è uno spirito sotto alimentato. Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione professionale, è riprendere fiducia in se stessi e scoprire che si può progredire insieme con gli altri”.

Per consentire all’education power di dare i suoi migliori frutti, in sintonia con uno spirito di reciprocità, è necessario tenere conto di alcuni aspetti specifici del continente africano. Innanzitutto, con riguardo alle materie STEM, secondo studi UNESCO, il continente africano vanta a livello mondiale la più alta percentuale di donne laureate in materie scientifiche, ben il 47 percento. Un dato che però stride fortemente con quante di loro lavorano nella ricerca: solo un terzo. Inoltre, in Africa l’istruzione superiore spesso tende a replicare i modelli didattici europei e statunitensi, rendendoli poco adatti alle necessità locali. Se l’Europa, negli anni recenti, sta cercando di adeguare l’offerta formativa alle esigenze che derivano dall’invecchiamento demografico, molte istituzioni scolastiche africane stanno erroneamente adottando le stesse politiche nonostante si trovino in un contesto diametralmente opposto per via del dividendo demografico. Infine, le già profonde divaricazioni tra grandi città, quartieri periferici e aree rurali possono trovare nella tecnologia e nella digitalizzazione un fattore di opportunità oppure di rischio. Servono perciò investimenti per evitare nuove disuguaglianze di natura tecnologica che, per effetto del digital divide, generano polarizzazioni tra chi usa e chi non usa la tecnologia.

Su queste articolate, ma promettenti, premesse nasce il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Come sto ribadendo in più occasioni, si tratta di una struttura d’azione, in coerenza con un indirizzo di apertura al mondo dell’Ateneo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione. La nostra grande aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, nell’ottica di un arricchimento vicendevole, per la formazione integrale delle persone e la promozione della pace. Pilastro di questa progettualità è l’ampliamento dei percorsi didattici erogati anche da remoto in partnership con atenei africani e, al contempo, l’integrazione delle esperienze di volontariato dei nostri studenti nei percorsi accademici. Un aspetto di particolare valore sociale per questi territori è diventare un polo educativo per i giovani africani di seconda generazione, sempre più interessati a intraprendere percorsi universitari, come documenta il MigraReport 2024 redatto dal nostro Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni Brescia (CIRMiB) che fotografa il fenomeno migratorio nell’area bresciana.

Il Piano Africa dell’Università Cattolica intende ampliare la rete di iniziative già in essere: a oggi si contano 123 progetti attivi con 40 paesi africani, dei quali 10 nella sola sede di Brescia. Tra questi desidero ricordarne due. Il primo “Al di là della rete” è un progetto di service learning per promuovere conoscenza e integrazione con i rifugiati politici e richiedenti asilo accolti nell’hub gestito dalla Caritas, adiacente all’Università Cattolica, in via della Garzetta. Il secondo, “Maison de Paix”, è un progetto in cui l’Ateneo è partner della Fondazione S.F.E.R.A. che ha l’obiettivo di costituire e rafforzare un centro formativo polifunzionale e di promozione umana situato nella periferia della città di Kikwit. Suo asse portante è l’educazione e l’accesso alla scuola garantendo un’adeguata formazione dei formatori al fine di assicurare la qualità dell’insegnamento.

4.

Per contribuire a dare risposte alle questioni legate al continente africano non si può prescindere dall’adottare un’ottica di reciprocità. Per questo l’Università Cattolica del Sacro Cuore si rende disponibile come un interlocutore nel dibattito nazionale per delineare piani di sviluppo e cooperazione con l’Africa e non per l’Africa. Il nostro impegno in tal senso deriva dagli insegnamenti di Papa Francesco trasmessi con la Fratelli Tutti che cerchiamo di raccogliere mettendo a disposizione le nostre competenze, aprendoci fiduciosi verso l’altro.

La cooperazione internazionale è uno dei tratti identitari della nostra storia. Progetti di ricerca, iniziative concrete a sostegno delle aree più povere del pianeta, piani di studio incentrati sulle teorie e sui modelli della cooperazione. Sono tutte tracce di un impegno di lungo corso, che caratterizza soprattutto le attività della sede bresciana.

Nel solco di questa tradizione si colloca la prima cattedra UNESCO dedicata all’educazione per lo sviluppo integrale dell’uomo e per lo sviluppo solidale dei popoli, qui attivata dalla Facoltà di Scienze della formazione il 6 aprile 2018. Un riconoscimento prestigioso, che ha ricevuto il sigillo di merito del Ministero dell’Università e della Ricerca come segno distintivo dell’impegno profuso nel predisporre rinnovati programmi di apprendimento e ricerca nell’attuale cambiamento d’epoca. In questo stesso solco va anche il Festival internazionale dell’educazione, di cui in ottobre si terrà la seconda edizione dal titolo evocativo “La città che apprende. Apprendere nella città”.

È dunque evidente che da sempre – e in futuro con ulteriore convinzione – l’Ateneo assegna particolare rilievo a tutto ciò che si muove attorno alla cooperazione internazionale, consapevoli delle grandi potenzialità che riesce a smuovere e delle parallele difficoltà che inevitabilmente ne derivano.  Per sviluppare le prime e arginare le seconde ci richiamiamo sempre a una chiara visione dello sviluppo sociale ed economico che trova le sue origini nel mondo cattolico, se non proprio nel nostro Ateneo.

Credo meriti qui ricordare l’esperienza di Vittorino Chizzolini. Laureato alla Facoltà di Magistero dell’Università Cattolica, ha sempre lavorato su tematiche pedagogiche. Tra le sue molteplici attività ha dato vita alla Fondazione Tovini, prima a Brescia a occuparsi di cooperazione internazionale in ambito educativo precipuamente con la finalità di formare giovani volontari che potessero essere impegnati come educatori e insegnanti nei paesi del Sud del mondo. Inoltre, in dialogo con Padre Agostino Gemelli, Chizzolini ha dato un forte impulso alla fondazione della sede di Brescia, che celebra proprio quest’anno i suoi 60 anni. Alla sua figura, artefice dell’arrivo del nostro Ateneo a Brescia, dedichiamo idealmente questo nostro anniversario.

***

Sessant’anni di presenza non sono pochi. Siamo un’istituzione qualificata, riconosciuta e riconoscibile; le numerose attestazioni di merito ci rendono orgogliosi, ma, al contempo, ci invogliano a fare sempre meglio. Sono convinta che una delle chiavi di tale successo si trovi nell’aver saputo declinare in un modo del tutto particolare quello che ho definito education power.

Qui a Brescia, l’education power si esprime in maniera autentica e ferma attraverso un’attenzione alla formazione di donne e uomini di valore – consolidando così la tradizione del cattolicesimo bresciano. Qui a Brescia, l’education power si esprime attraverso alleanze strategiche con istituzioni, associazioni e comunità del territorio – potendo contare su una rete locale capillare e interconnessa. Qui a Brescia, l’education power si esprime con un’attitudine alla solidarietà concreta – grazie alla generosità di chi vi vive e vi opera.

Tutto ciò rappresenta un motivo di vanto per la famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e pertanto vi ringrazio.

Il discorso di

Elena Beccalli

Elena Beccalli

Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

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