Un’apertura al mondo ripresa dal rettore nella prima parte del suo discorso, dove, citando il 50% di studenti che provengono da altri Paesi del nuovo corso di laurea in Business and finance, ha spiegato che «Brescia può aspirare a diventare una città universitaria attrattiva a livello internazionale» e a «qualificarsi come microcosmo globale». Gli studenti internazionali iscritti a Brescia sono 166, «numero che dice tanto dell’attrattività della sede per giovani di seconda generazione». «La nuova struttura di via della Garzetta ne è una piena espressione poiché, più di altre, rispecchia le caratteristiche dei campus statunitensi, proponendosi come un perno per rendere a tutti gli effetti Brescia città universitaria a livello globale».
In questa dimensione di apertura al mondo, un posto speciale occupa l’Africa, un continente in forte crescita (2,5 miliardi di persone nel 2050), che rappresenterà il 25% della popolazione globale, mentre l’Italia solo lo 0,5%. «Il boom demografico giovanile in Africa potrebbe rivelarsi la risorsa più preziosa della regione nel prossimo futuro, quando altre parti del mondo si troveranno ad affrontare l’invecchiamento della popolazione e la carenza di manodopera» ha detto il rettore che ha fatto notare che «l’Europa stenta a coltivare i potenziali benefici di questa vicinanza strategica. Una situazione a tinte fosche nella quale la chiave di volta potrebbe diventare l’educazione». Anche perché il livello di istruzione che rimane basso resta «un grave ostacolo che dobbiamo impegnarci a rimuovere». Basti pensare che «circa 98 milioni di bambini e giovani africani non hanno accesso all’istruzione primaria e secondaria», configurando una vera e propria «catastrofe educativa».
Un’analisi che ha trovato assonanze nella prolusione a luci e ombre di Firmin Edouard Matoko, vicedirettore generale per la Priorità Africa e le Relazioni esterne all’Unesco. «Secondo un rapporto della Banca Africana di sviluppo del 2024 (ADB – African Development Bank), l'Africa è la seconda regione a più rapida crescita mondiale dopo l’Asia, con ben 41 Paesi in forte ascesa». Purtroppo «sussistono motivi di preoccupazione, come rivelano le statistiche ufficiali sulla povertà. Un terzo della popolazione africana vive ancora al di sotto della soglia di povertà, mentre più della metà non ha accesso all’elettricità». Decisamente lungo, poi, è il processo di crescita e di trasformazione di un continente «dove più del 50% percento della popolazione è giovane, dove un terzo della popolazione adulta è ancora analfabeta, e, soprattutto, dove sussistono ancora barriere sociali e culturali all’educazione di base, specialmente per le ragazze» e una delle maggiori sfide è quella della disoccupazione giovanile.
Non mancano però i motivi di speranza: «54 paesi che fanno parte dell’Unione africana», diversi per traiettorie politiche, sociali ed economiche e per più di duemila lingue e dialetti in uso, «hanno adottato una visione panafricana comune, l’Agenda 2063 (L’Africa che vogliamo!), con l’ambizione di costruire “un'Africa integrata, prospera e pacifica, guidata dai propri cittadini e che rappresenta una forza dinamica nell'arena internazionale”».