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«Brescia capitale italiana del glocalismo»

03 aprile 2022

«Brescia capitale italiana del glocalismo»

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Così l’ha definita, senza esitazioni, Piero Bassetti, Presidente dell’Associazione Globus et Locus durante il convegno Giovani, lavoro e formazione. Brescia e la sfida glocale, nell’Aula Magna di via Trieste 17.

«Una prolusione di cui qualche anno fa non sarei stato così convinto, invece la città ha ampiamente dimostrato di saper trovare il nesso tra piccolo e grande, tra locale e globale, passando dalla stabilità del piccolo mondo antico alla mobilità come condizione base».

Che Brescia costituisca un case history esemplare per l’analisi del fenomeno del ‘glocalismo’ è consapevole anche il sindaco Emilio Del Bono, che l’ha paragonata a Torino parlando di come la fase di profonda de-industrializzazione abbia portato a porre quesiti sulla nuova direzione da prendere.

«Brescia tiene saldi i suoi presidi manifatturieri, ma questi non sono il futuro della città. Negli anni Ottanta la più grande azienda all’interno della cintura cittadina era l’Iveco, con 8mila dipendenti (attualmente duemila), mentre oggi i due snodi principali della nostra economia sono la sanità e l’istruzione».

Qualche dato: l’azienda cittadina con il maggior numero di dipendenti è l’ASST degli Spedali Civili di Brescia, a cui si aggiunge l’altro polo di riferimento per il settore, Fondazione Poliambulanza, mentre l’alta formazione bresciana comprende due università, accademie di belle arti e un conservatorio musicale per un totale di 24mila iscritti.

Inoltre «la presenza di 37mila immigrati da 142 nazioni diverse e 5mila italiani di origine straniera ci elegge capitale del koinè, ovvero dell’incontro tra culture. Non esiste un’altra città con questi numeri: significa che il fenomeno va gestito nelle sue problematiche, ma ci rende anche più giovani, più dinamici e quindi più attrezzati rispetto ad altri nell’affrontare le sfide future» ha analizzato Del Bono.

Le sfide progettuali da cogliere localmente per rimanere competitivi nel contesto globale necessitano quindi di politiche d’investimento sul mondo dei giovani, del lavoro e della formazione.

Dal 2007 ad oggi, Brescia ha sì colmato il gap riguardante il tasso di giovani laureati rispetto alla media nazionale, ma l’Italia rimane comunque tra i fanalini di coda nella classifica europea.

Per questo l’università, luogo-fucina in cui i cittadini del domani forgiano le abilità necessarie a gestire le complessità politiche, della mobilità, economiche e finanziarie, dei servizi alla persona, è un «cantiere aperto in cui uomini e istituzioni, docenti e ed esperti dialogano con i giovani, che più di tutti avvertono la responsabilità del futuro» ha chiosato Mario Taccolini, Coordinatore delle strategie di sviluppo della sede bresciana dell’Università 

Un futuro in cui «l’annullamento del tensione tra locale e globale non si significa appiattimento, bensì riformulazione» (Davide Cadeddu, responsabile scientifico Globus et Locus) e quindi «farsi contaminare da esempi positivi» ha notato Davide Fedreghini, Centro Studi Confindustria Brescia, paragonando le politiche del welfare nazionale rispetto a quelle in vigore in Germania dove «il maggiore tasso di natalità va di pari passo con la maggiore occupazione femminile».

La qualità e gli indirizzi della transizione sociale e demografica influiranno infatti anche sull’ambiente perché «se ad esempio il numero di anziani continuerà ad essere maggiore rispetto a quello dei giovani, anche le politiche di welfare sociale, ecologiche e di mobilità urbana dovranno adeguarsi per rispondere ai bisogni manifesti» ha richiamato Roberto Zoboli, prorettore e direttore dell’Alta Scuola per l’Ambiente.

Questi temi si trovano approfonditi nel volume Brescia e la sfida glocale (a cura di Caselli M. - Cesareo V. - Corradi V. - Taccolini M., Vita e Pensiero, Milano 2021), presentato nel corso del seminario. Gli autori sono docenti dell’Università Cattolica e autorevoli esponenti della società civile locale.

Un articolo di

Bianca Martinelli

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