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C'è spazio per l'intelligenza dell'uomo nella cyber società

20 agosto 2022

C'è spazio per l'intelligenza dell'uomo nella cyber società

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Il futuro del lavoro, la centralità dell’uomo e della risorsa dell’attenzione nella cyber-società. I docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore intervenuti alla prima giornata dell’edizione 2022 del Meeting di Rimini hanno sottolineato l’importanza di preservare spazi per esercitare l’intelligenza e la libertà dell’Uomo dentro un mondo sempre più governato da tecnologia e algoritmi.

Secondo Mauro Magatti, docente di Sociologia Generale, bisogna innanzitutto seguire i consigli di Platone e Socrate nei confronti della tecnica: niente entusiasmo eccessivo e niente paura. «I filosofi antichi suggerivano di guardare la tecnica come un farmaco che ha in sé sia la cura sia il veleno» ha sottolineato il docente dialogando con Maria Chiara Carrozza, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e Luciano Violante, Presidente emerito della Camera dei Deputati, durante l’incontro “Cybersocietà e civiltà dell’Uomo”. Un atteggiamento di “umiltà” nei confronti della transizione digitale che sta sconvolgendo le nostre vite che però non deve porci in condizioni di sudditanza: «Noi siamo in grado di raccogliere ed elaborare quantità enormi di informazioni, ma rischiamo di confondere questa capacità con l’intelligenza o addirittura con il pensiero».

Anche per Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione, i sistemi di big data non consentono di soppiantare definitivamente l’uomo e la sua intelligenza: «Queste tecnologie sono più efficaci per prevedere piuttosto che spiegare qualcosa. Sono come un bimbo di sei anni, il quale sa che dopo l’alba ci sarà il tramonto, ma non sa spiegare perché ciò accade». L’Intelligenza Artificiale è efficace per attrarre la nostra attenzione perché sa prevedere i nostri comportamenti ed è la chiave vincente con cui le grandi aziende digitali riescono a farci restare il più a lungo possibile sulle loro piattaforme. Ma la concorrenza tra di esse rende sempre più rara una risorsa decisiva come l’attenzione: «Sul mio telefono ho cinque app che usano un meccanismo simile per attirare la mia attenzione – ha spiegato Riva durante l'incontro "Il tempo dell'Attenzione"–. Questa lotta ci rende multitasking, ma incide negativamente sulla nostra attenzione sostenuta, che è un elemento fondamentale per la nostra capacità di costruire la propria identità e dare senso alla quotidianità».

La tecnologia è sempre più centrale nella realtà. Lo dimostra anche il processo di trasformazione che sta investendo il mondo del lavoro. Ne ha parlato Luca Pesenti, docente di Sociologia generale durante “Progettare, Abitare, Vivere”, panel co-organizzato da Compagnia delle Opere per riflettere su nuovi modi di lavorare e di abitare emersi durante la pandemia.

«La tecnologia in questi anni ci ha aiutato a fare cose impensabili ma in molti casi non si è trattato di smart working bensì di lavoro, a volte forzato, a remoto. Occorre una conversione culturale: l’ufficio non deve essere più un posto in cui trovare libertà dal lavoro ma nel lavoro; poi occorre ripensare al lavoro come a un insieme di processi e obbiettivi, non più controllati fisicamente dal “padrone”. Infine, soprattutto, serve pensare al lavoro non come prestazione ma come relazione. La sede non sarà più centrale ma resterà necessario un punto di contatto tra i lavoratori per non perdere l’appartenenza al luogo di lavoro. La pandemia ci ha rubato due anni di relazioni e le categorie che ne hanno patito di più le conseguenze sono i giovani e le donne. Le stesse categorie che dovranno essere al centro del New Normal che dobbiamo cominciare a costruire».

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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