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Costi del gas, spiragli in vista, ma resta la volatilità

28 ottobre 2022

Costi del gas, spiragli in vista, ma resta la volatilità

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Una crisi energetica come non si vedeva da tempo, con prezzi del gas alle stelle e inevitabili ricadute su imprese e famiglie. Se in Europa i ventisette stati membri trattano per mettere a punto un’intesa per tenere a freno i costi energetici (le decisioni sono slittate al 24 novembre), resta alta la preoccupazione di cosa succederà quest’inverno. Soprattutto se i prezzi del gas per i prossimi due anni saranno ancora «alti» e «volatili», visto che ormai il gas naturale è diventata la commodity di riferimento che ha surclassato il petrolio. Delle incognite di questa crisi energetica ha parlato Stefano Besseghini, presidente dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti (Arera). Intervenendo al seminario “Quale energia per quale paese. La crisi del gas ci obbliga a compiere scelte importanti”, promosso da Università Cattolica e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa (Assbb), il presidente Arera prova a fornire alcuni indicatori per comprendere la situazione di emergenza che stiamo vivendo.

Un quadro a tinte fosche per il quale è fondamentale fare una premessa: la crisi energetica è cominciata ancor prima dello scoppio della guerra, a livello globale, trainata dopo il Covid da una vivace domanda del gas, prevalentemente esacerbata in Europa dalle riduzioni delle consegne del gas russo. A ribadirlo è anche la docente dell’Università Cattolica Claudia Checchi, che, in qualità di partner e direttore dell’Osservatorio Energia (REF-E, MBS), da tempo studia i mercati energetici e l’impatto che le regole hanno sui loro funzionamenti. «Nessun analista si era reso conto di quello che stava succedendo perché la Russia in diversi decenni di collaborazione con l’Europa non aveva mai avuto un comportamento di questo tipo», ha osservato. E ora a che punto siamo? «Come si temeva la Russia ha ridotto progressivamente le consegne. C’è comunque un residuo di forniture, la maggior parte delle quali va a un paese come l’Italia, che ha mantenuto una relazione di negoziazione privilegiata con la Russia. La domanda si è contratta in risposta ai prezzi; la consegna del Gas naturale liquefatto (Gnl) è aumentata più delle attese anche per l’attivazione di nuovi rigassificatori in Olanda e in Germania». È un momento difficile in cui si fa fatica a prendere decisioni non solo in Europa, ma anche Oltreoceano, per via dell’incertezza sui costi futuri e della riluttanza dei compratori a stipulare contratti a lungo termine superiori ai 15 anni. Secondo Checchi, «la situazione andrà migliorando dall’inverno del 2024 quando entreranno in funzione tutti gli impianti in costruzione». Tuttavia, anche se la dipendenza dalla Russia è superata nei fatti e sostituita con un legame sempre più forte con il Nord Africa per il Mediterraneo, e con gli Stati Uniti, in termini di Gnl, i prezzi del gas e dell’energia saranno sempre più volatili e dipendenti dagli andamenti dell’economia globale nonché dai fattori geopolitici. Con un conseguente aumento di rischio per le imprese sia per quelle che operano nel settore energetico sia per quelle ad alto consumo di energia.

Besseghini ha indicato tre fasi differenti e indispensabili per capire a fondo la crisi energetica e non attribuire le cause solo al conflitto russo-ucraino. La prima coincide con l’uscita dal Covid e, più nello specifico, quando tra aprile e maggio del 2021 si è capito che i vaccini funzionavano e la ripresa economica era possibile. È in quel momento che si verifica la prima netta accelerazione del costo del gas che comincia a lasciare indietro una filiera di approvvigionamento che si stava faticosamente ricostruendo. In questo periodo, che arriva fino a ottobre 2021, il prezzo del gas cresce già in maniera straordinaria raggiungendo i 60-70 euro megawattora. Uno sbilanciamento di prezzi che inizialmente non desta forti preoccupazioni poiché percepito come un momento incidentale. La prima avvisaglia però scatta il 16 novembre del 2021 quando il regolatore tedesco delle reti, l’agenzia federale Bnetza, annuncia che la certificazione di Nord Stream 2 non si sarebbe fatta se non prima del giugno del 2022». È qui che ha inizio la seconda fase, «caratterizzata da un’oscillazione violenta del prezzo al Ttf che porta direttamente al febbraio del 2022, con lo scoppio della guerra, e al primo picco significativo del costo del gas». Il resto è noto. Da marzo 2022 fino a giugno il prezzo si mantiene sostanzialmente elevato, attorno agli 80-90 euro megawattora: un valore alto, ma comunque stabile e abbastanza indifferente alle sanzioni. Con giugno salta tutto: i costi schizzano al rialzo, fino a superare gli oltre 300 euro a megawattora, dieci volte quelli considerati normali. «Siamo ormai nella terza fase, quella che stiamo ancora attraversando con un evidente utilizzo strumentale della commodity per giocare una partita decisamente di guerra».

E in prospettiva, che cosa dobbiamo attenderci? «Ci avviamo verso una fase in cui grandi diminuzioni di prezzo non si vedranno, quello che farà la differenza saranno le decisioni di investimento in liquefazione e gassificazione che si prenderanno nell’arco dei prossimi due anni per vedere quale spazio riusciranno a occupare nella parte di domanda». Un’oscillazione di prezzi che sta avendo impatti non indifferenti sulle bollette delle famiglie. Ed è proprio per contenere questa variazione che Arera ha previsto interventi straordinari. Per esempio, da settembre 2021 l’onere generale di sistema - in soldoni, la quota di incentivi alle rinnovabili che per circa il 23-25% pesava sulla bolletta del consumatore standard - è coperta dalla fiscalità generale. L’altro intervento è il potenziamento del bonus sociale elettricità: l’introduzione di un meccanismo automatico - che va a sostituire quello precedente basato su richiesta - consentirà più facilmente di intercettare quei circa due milioni e mezzo di famiglie meno abbienti mettendole nelle condizioni di pagare il 30% delle bollette.

Interventi di sostegno che, tutto sommato, hanno fatto sentire i loro effetti. Pia Saraceno, membro dell’Advisory Council di Ecco e Senior Advisor (REF-E, MBS), ha citato uno studio condotto dall’ufficio parlamentare del Bilancio che ha calcolato l’impatto sulla distribuzione del reddito dei provvedimenti/aiuti. Tra giugno 2021 e settembre 2022 il complesso degli interventi avrebbe sostenuto la spesa media delle famiglie per circa 3.3 punti (contenimento inflazione inclusi). Fino a settembre, poi, più significativa la riduzione dell’impatto dell’aumento delle tariffe sui redditi medio-bassi (1,3% contro 3,7 medio), ma con l’ultimo aumento tariffario le stime potrebbero sicuramente cambiare. Per questo, ha avvertito Pippo Ranci, già professore di Politica economica in Cattolica, «servono politiche più complesse che tengano assieme diversi obiettivi» senza lasciarsi condurre, com’è stato fatto finora, da logiche di «semplificazione». Questo perché «i percorsi virtuosi non sono vendibili con una formuletta semplificata ma sono frutto di scelte che richiedono tempo». E questo vale tanto per la costruzione di gasdotti quanto per l’installazione di energie rinnovabili se si vuole puntare a fornire all’Europa entro sette anni il 70% della produzione contro quel 35% attuale.

 

 

Un articolo di

Katia Biondi

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