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Dono e solidarietà, quattro storie di Natale

20 dicembre 2024

Dono e solidarietà, quattro storie di Natale

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Dai cento anni della signora Lidia ai nove della piccola Greta. In mezzo le storie di Kateryna, neolaureata ucraina in fuga dalla guerra e di Arianna che ha trovato la sua strada tra i bambini del Bangladesh. Dai campus dell’Università Cattolica quattro storie di Natale, tutte al femminile, nel segno del dono e della solidarietà.


La gioia per Kateryna, studentessa ucraina dell’Università Cattolica, ha il sapore di una laurea magistrale con il massimo dei voti e la lode, del lavoro che è arrivato prima ancora di laurearsi e della soddisfazione di avercela fatta nonostante tutto. Nonostante la guerra - «il giorno più nero della mia vita» - nonostante la partenza rocambolesca alla volta dell’Italia, nonostante la distanza dalla mamma, dalla nonna e dalla sorella che, appena hanno potuto, sono tornate in Ucraina. Il traguardo che ha raggiunto il 17 dicembre nel campus di Brescia, con la laurea magistrale in Applied data science for banking and finance, è stato reso possibile dalla solidarietà che la sua storia ha scatenato intorno a lei, a partire dall’aiuto di Educatt e del diritto allo studio dell’Ateneo, che le ha permesso di essere ospitata in un collegio delle suore Dorotee e di essere sostenuta negli studi, guadagnandosi esame dopo esame i criteri di merito.

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Redazione

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Al fianco di Kateryna, il giorno della laurea, per quelle coincidenze della storia che forse sono grazia, un ragazzo russo, con accanto moglie e figlioletta. Maksim ha lasciato la Russia per frequentare il corso della Cattolica, mentre lavorava a distanza per un’azienda del suo Paese. I due neodottori hanno scambiato le prime parole in inglese, perché lui non voleva ferire la sua nuova amica costringendola a parlare in russo, ora possono parlare in varie lingue, non ultima l’italiano, perché studiare insieme ha permesso di accorciare le distanze e di tenere la guerra, che crea il nemico, lontano dalla loro vita in Italia. Anche perché dove c’è la guerra, come dice la neolaureata ucraina, «non vivi, ma esisti».

Greta, invece, ha nove anni e gli occhi grandi aperti verso il mondo. Fin da piccolissima è in cura al Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS dove emoziona tutti con il suo sorriso, la sua delicatezza e l’impegno con cui affronta ogni prova e terapia.

Un ritardo motorio condiziona i suoi movimenti, ma il suo coraggio supera ogni sfida. Greta ha tante passioni: la lettura, la musica e ha sempre desiderato ballare. Questo desiderio, che non aveva ancora realizzato, è stato accolto e trasformato in realtà. Il 14 dicembre, in una sala gremita di persone al Teatro dell’Opera di Roma per l’anteprima de “Lo Schiaccianoci” alla piccola Greta è stata donata una lezione di ballo con l’étoile Eleonora Abbagnato, grazie al sostegno di Fondazione Roma.

«Crediamo nelle passioni e nella forza ispiratrice dell'arte - raccontano i genitori di Greta - e siamo sicuri che questa esperienza farà molto bene alla nostra bambina, anche a livello terapeutico. Vederla sul palco a ricevere il suo sogno è stata un'emozione immensa».


Nel villaggio dei bambini senza sorriso il Natale può arrivare anche nei mesi estivi, perché accada è sufficiente che qualcuno disegni sul loro volto un po’ di felicità. Mohespur è un villaggio in Bangladesh, nel distretto di Dinajpur, una zona rurale del West Bengala, in cui vivono per lo più indigeni. Ci sono risaie a perdita d’occhio, i suoni della città sono un’eco lontana.

Arianna Pe’, 23 anni, studentessa di Scienze della formazione della sede di Piacenza, ha trascorso lì un mese in missione, grazie al progetto (Mission Exposure), e ci tornerà nella prossima estate per terminare la sua tesi di laurea magistrale.

«A Mohespur ho capito che il mio ruolo era di far sentire bambini gli stessi bambini. A differenza dell’immagine che tutti abbiamo delle missioni – racconta Arianna - in cui i bambini ridono nonostante la povertà e le condizioni difficili di vita, lì era differente. Non vedi la loro felicità. I ragazzi più grandi ti dicono che non hanno un futuro. E io ho capito cosa significhi donarsi completamente all’altro, mettendo da parte tutto quello che sei tu, i tuoi problemi quotidiani. Quei ragazzini chiedono solo di essere visti. Per questo lì si vive nel momento, l’unica cosa che conta è farli stare bene. Per questo Natale desidero solo che possano sentirsi bambini amati da Dio Padre».


Il dono, specie se inaspettato, non conosce tempo e età. Lo sa bene la signora Lidia Oldani, alumna della Facoltà di Magistero dell’Università Cattolica. Milanese doc, classe 1924 e cento anni, portati con eleganza e vitalità, compiuti lo scorso 17 novembre. E proprio per festeggiare questo importante compleanno che i figli le hanno consegnato, tutto bello infiocchettato, il suo diploma di laurea, mai ritirato.

«Mi laureai il 7 febbraio 1950 – racconta ancora sorpresa - e ad ottobre dello stesso anno mi sposai, il diploma costava circa 30mila lire: troppo per il ménage famigliare di una giovane coppia, non pensai neanche di chiederlo ai miei genitori, che sicuramente me lo avrebbero preso e regalato, per non pesare su di loro».  Per la signora Lidia i tempi non sono poi cambiati così tanto rispetto a un tempo: «Hanno forse troppa libertà ma, al tempo stesso, hanno anche tante opportunità che noi neanche immaginavamo, hanno solo bisogno di essere seguiti, accompagnati a trovare ciascuno la propria strada».

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