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Ecco perché il libero mercato da solo non basta

08 novembre 2021

Ecco perché il libero mercato da solo non basta

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L’idea del mercato lasciato a se stesso è fonte di benessere per tutti oppure si tratta solo di una illusione? E quali sono le conseguenze etiche, sociali e politiche del libero mercato? Che tipo di rapporti sociali si creano quando le istituzioni politiche vengono intese e considerate solo in base agli interessi economici di individui egoisti, mentre il denaro può comprare tutto e le disuguaglianze di reddito, di ricchezza e di opportunità possono crescere a dismisura in nome del merito, degli incentivi, dell’efficienza? Questi sono alcuni interrogativi al centro del libro “L’illusione liberista. Critica dell’ideologia di mercato” (Laterza 2021) di Andrea Boitani, docente di Economia politica nella facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, presentato giovedì 4 novembre nel corso di un incontro promosso dal Laboratorio di analisi monetaria (Lam) e dall’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa (Assbb).

Rony Hamaui, segretario di Assbb, introducendo la conversazione, ha fatto presente che nel volume l’autore tratta di idee e non di fatti, idee che influenzano soggetti istituzionali presenti e futuri: «Un libro che, spaziando dal ruolo dello Stato ai cambiamenti climatici alla pandemia, conferma che il liberismo in Italia non ha avuto fortune clamorose da parte dei vari governi che si sono succeduti dalla Democrazia Cristiana fino ai nostri giorni: l’idea liberista, insomma, fatica a farsi strada».

È stato Marco Lossani, docente di Economia politica e componente del Comitato Scientifico dell’Assbb, a presentare il professor Boitani come autore prolifico e propositivo, alle cui pubblicazioni l’Associazione ha dato sempre attenzione. Ha inoltre evidenziato l’originalità del libro: «Si tratta di un mini-compendio di storia del pensiero economico, utilizzato per rileggere fatti e problemi dell’attualità. La tesi che l’autore dimostra è che il libero mercato da solo non basta, ma bisogna ugualmente riconoscere che lo Stato da solo non ce la fa. Che cosa fare e a cosa affidarsi per evitare crisi finanziarie, cambiamenti climatici e disuguaglianze sociali? Non si risolve la situazione affidandosi agli economisti ma affidando senza paraocchi a saperi diversi il frutto delle varie contaminazioni».

Elena Beccalli, preside di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dove insegna Economia degli intermediari finanziari, ha commentato il volume del professor Boitani, decano della facoltà, da una prospettiva finanziaria. In particolare, si è soffermata sul tema delle disuguaglianze, che l’autore ha affrontato leggendo i dati economici e mettendo a confronto le differenze di PIL per evidenziare le disuguaglianze all’interno dei Paesi fino a giungere a illustrare il legame tra disuguaglianze e povertà causato dalla massimizzazione della soddisfazione individuale. Nell’ottica di una dimensione antropologica la finanza deve essere al servizio della crescita ma purtroppo osserviamo in molti contesti una finanza autoreferenziale che diventa il fine e non il mezzo per lo sviluppo. «Limitare l’attività economica al solo scambio di beni materiali, porta a dimenticarsi della dimensione immateriale. Se limitiamo i modelli a scambi di beni materiali, perdiamo quei beni immateriali come la fiducia. Si pensi che il termine ‘credito’ già nella parola richiama il fidarsi di qualcuno, e questo è un aspetto centrale nel sistema bancario, soprattutto in tempi di grande crisi di fiducia».

Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali” (Aseri) ha dato come politologo la sua interpretazione del volume: «È un libro coraggioso e carico di stimoli che sfata i luoghi comuni sulla dottrina economica. Un libro incentrato sul ruolo delle idee, che possono essere devastanti o grandiose: si tende a scappare dalle idee che di per sé comportano responsabilità e ci si rifugia nell’algebra che è più asettica». Commentando esempi tratti dall’attuale contesto politico, ha affermato che è meglio il mercato dell’economia feudale, che il progresso è buono, dato che la conservazione fa comodo ed è a favore di chi ha il potere, comportando una divisione tra sfera politica e sfera economica.

A tirare le somme dell’ampio dibattito è stato proprio l’autore Andrea Boitani, secondo cui l’economia è una scienza morale, ecco perché la separazione dell’economia dall’etica e dalla morale è stato un «grave errore». Pertanto, il liberismo, cioè il mercato lasciato a se stesso, è un’illusione: «Il motore dell’attività umana è l’empatia. Fiducia ed empatia sono due facce della stessa medaglia, riconoscersi negli altri genera la fiducia che nasce dall’empatia e non dall’interesse egoistico». Un modo per dire che il futuro della finanza, citando le parole della preside Beccali, sta nel trovare una «relazione tra mezzi e fini».

 

Un articolo di

Agostino Picicco

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