Maria Velleca, Alumna della Facoltà di Economia nel campus di Roma, ora Health Economics e Market Access Director in Johnson & Johnson, racconta la propria esperienza.
Dottoressa Velleca, partiamo dalla fine: che effetto le fa essere di nuovo, dopo 17 anni, nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica?
«Tanta emozione! E anche un pizzico di orgoglio: essere di nuovo qui ti mette davanti all’intero percorso, dai primi giorni in università da matricola, agli esami sostenuti, agli amici di facoltà, alle esperienze di stage fatte e alle varie esperienze lavorative che si sono succedute».
Perché ha scelto di studiare proprio nel nostro Ateneo, e quali erano i suoi sogni di matricola?
«Ero alla ricerca di un percorso di studio che andasse al di là delle materie scientifiche e che coniugasse la parte economica, fino ad allora la mia passione, con un ambito più focalizzato sul sociale. La Cattolica aveva da poco lanciato questo nuovo indirizzo in Economia e Gestione dei Servizi Sanitari con un piano di studi che permetteva di avere sicuramente una preparazione teorica, ma allo stesso tempo molto calata nella realtà attraverso la collaborazione con il Policlinico Gemelli e con docenti che avevano lunghe esperienze professionali nel settore sanitario».
Di che cosa si occupa ora, in Johnson & Johnson?
«Sono Health Economics e Market Access Director per l’Italia e per la divisione cardiovascolare per la regione EMEA (Europe, Middle-East and Africa). Con il mio team ci occupiamo dell’accesso al mercato delle nostre tecnologie per far sì che sempre più pazienti possano beneficiare delle innovazioni mediche, assicurando al tempo stesso la sostenibilità delle cure e del sistema. È una sfida importante che dobbiamo cogliere per garantire alle future generazioni un sistema sanitario che possa continuare ad essere guidato dai principi di universalità, uguaglianza, equità e centralità della persona».
Nella sua attività attuale quali le ricchezze, di conoscenza e di formazione umana che ha portato con sé dagli anni dell’Università?
«Tantissime! Andando al di là della preparazione tecnica che sicuramente è stata la base su cui costruire, è stato di fondamentale importanza iniziare, già nel percorso di studi, a imparare a lavorare in team attraverso le numerose attività di lavoro di gruppo svolte durante i vari corsi, mettendosi a confronto con prospettive diverse e ricoprendo nei gruppi ruoli diversi. Gli ultimi mesi in Università mi hanno inoltre permesso di continuare la formazione ma in un'altra prospettiva, a diretto contatto con il modo del lavoro attraverso l’esperienza di stage, prevista dal corso di studi e realizzata presso l’Unità di Valutazione delle Tecnologie del Policlinico Gemelli, in cui ho avuto modo di iniziare a traslare le conoscenze acquisite in progetti concreti e portare avanti il progetto di tesi. Voglio però ricordare un punto importante: è proprio grazie a una delle giornate organizzate dall’Università che sono entrata in contatto con la mia azienda e da cui è iniziato tutto».
Tante studentesse e studenti delle scuole superiori partecipano, nei campus dell’Università Cattolica, alle varie edizioni dell’Open Day: vuole trasmettere loro un messaggio per gli anni futuri?
«Sicuramente non avere paura di “provare”: mettersi alla prova e uscire dalla propria area di confort è molto importante per scoprire nuove attitudini e poterle poi valorizzare nel percorso di carriera che vorranno fare. Più di tutto però il consiglio è di scegliere un percorso che assecondi le loro passioni, ‘benzina’ essenziale per tutte le sfide che arriveranno. A loro va un grande in bocca al lupo!».