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Guerra e pace, le riflessioni di Irina Scherbakova

19 maggio 2023

Guerra e pace, le riflessioni di Irina Scherbakova

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«Sono cresciuta pacifista e ho sempre creduto alla pace ma questa guerra mira ad annientare l’Ucraina in quanto Stato indipendente. Ritengo che questa pace non sia possibile senza armi e che pertanto dobbiamo sostenere l’Ucraina».

È netta e chiara la posizione di Irina Scherbakova, co-fondatrice di Memorial che ha vinto il Premio Nobel per la pace 2022, intervenuta giovedì 18 maggio all’incontro “Guerra e pace nel XXI secolo. La Russia di Putin e l’invasione dell’Ucraina. Come ricostruire la pace in Europa?”, promosso dall’Alta Scuola in Economia e relazioni internazionali (Aseri), dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali e dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica. 

 

«I politici del mondo occidentale per molto tempo hanno guardato altrove e non hanno ascoltato i moniti che avevamo fatto sull’aggressività di Putin» - ha specificato Scherbakova.

Il rettore Franco Anelli, introducendo l’incontro, ha ricordato che «il pensare la guerra non può essere distinto dal pensare la pace, la democrazia, i diritti umani, lo sviluppo integrale» e ha richiamato il nucleo centrale dell’enciclica Pacem in Terris di Papa Giovanni XXIII di cui quest’anno ricorrono i 60 anni dalla pubblicazione. “Gli uomini vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi in ogni istante con una stravolgenza inimmaginabile” - scriveva il Papa – “Si mettano al bando le armi nucleari e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci”. 

«Oggi siamo tornati all’uso delle armi convenzionali, ma ne stiamo vedendo la disumanità - ha concluso il Rettore -. La guerra è contraria alla ragione ma è qualcosa di più, è qualcosa di alieno che non ha a che fare con la ragione e con l’umanità. Non c’è bisogno dello spettro atomico, del rischio dell’estinzione della specie umana, quella estinzione sta nella disumanità con cui il conflitto si svolge, con qualsiasi arma».

Proprio l’assurdità di questo conflitto, la violenza perpetrata dalla Russia ai danni della popolazione civile ucraina senza pietà è il filo conduttore del confronto guidato dal giornalista Stefano Vastano che ha Irina Scherbakova, Karl Schlögel, professore emerito di Storia dell’Europa Orientale, Europa-Universität Viadrina a Francoforte sull’Oder, e il direttore di Aseri Vittorio Emanuele Parsi.

Proprio pochi giorni fa è stato riabilitato Memorial, soppresso da Putin alla fine di dicembre del 2021, l’istituzione presente in diversi Paesi europei che Irina Scherbakova aveva contribuito a creare dopo aver raccolto all’inizio degli anni Settanta molte testimonianze sulla storia del Terrore in Russia che era stato oscurato. «Questo era l’obiettivo di Memorial, rielaborare il passato perché senza questa operazione non avremmo potuto avviare delle riforme».  


La storia si ripete? Oggi che cosa vede Putin guardando l’Ucraina e pensando di annientarla? In realtà il motivo di questa guerra «era già chiaro nel discorso di Putin prima dell’invasione del 24 febbraio 2022 - ha spiegato Schlögel -. È la minaccia esistenziale di un dittatore che sa che la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina rappresentano un pericolo per sé». Il professore ha spiegato che «l’odio verso l’Ucraina è espressione della disperazione e del tentativo di rimanere al potere. Non si tratta di un nuovo zarismo, ma della prosecuzione della storia russa. In una simile situazione ci siamo già trovati con il nazismo e il nazional socialismo».

Studiare i connotati di questa guerra è fondamentale per capire come fronteggiarla. Secondo Parsi «in Ucraina ci sono due guerre, quella di aggressione di Putin che vuole cambiare lo status quo con l’uso bestiale della forza e la guerra imposta da Putin che l’ha trascinata nella sua guerra. Per reagire a questa gli ucraini ne hanno costruita una di resistenza all’invasore». 

L’Ucraina è un Paese che fino al 2014 la stessa Europa quasi non sapeva dove collocare sulla carta geografica. Oggi paradossalmente si scopre che con essa è stato attaccato il cuore dell’Europa. L’aggressore opera secondo «una dittatura che è una chimera - ha sottolineato Scherbakova -: ha la testa di un leone, il corpo di una capra e la coda di un serpente, e vuole mantenere lo status quo senza immaginare il futuro». L’intento di Putin, dichiarato quando è salito al potere, era ed è la stabilità. Quindi «ancora oggi non c’è libertà, si è cercato solo di ritornare al culto di Stalin, della vittoria, imponendo un nazionalismo che è diventato ideologia di stato. Si è cercato di occultare gli aspetti negativi creando il culto di un mondo russo che non è mai esistito». 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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Di fronte alla teoria dell’accerchiamento della Nato che Putin ha usato come motivazione per giustificare l’invasione dell’Ucraina, Schlögel si è chiesto come sia possibile se di pensa che la Russia è il Paese più grande del pianeta. Il punto è un altro, ovvero che «l’impero è finito. Nel 1991 l’Unione Sovietica è stata sciolta e l’Occidente ha creduto che dalla caduta del muro nel 1989 tutto si sarebbe sistemato. Ma non è stato così». 

«Putin ha già perso questa guerra. Non ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato e dopo un anno ci si muove nel raggio di pochi chilometri. Questo richiede un continuo versamento di sangue e purtroppo il regime russo resiste, è sempre più violento e repressivo e per questo le persone hanno grande timore di reagire - ha continuato Scherbakova. La Russia ha ancora il potenziale economico, ha aggirato le sanzioni e la speranza di Putin è che l’Ucraina non riesca più a resistere. L’obiettivo è evitare che ciò accada e l’Occidente ha una grande responsabilità».


L’ha sostenuto anche il professor Schlögel che si è chiesto cosa debba ancora accadere perché l’Occidente decida di fare di più per proteggere la popolazione inerme. Comunque «la situazione rimane aperta ed è possibile che possa accadere qualcosa che non abbiamo previsto come ad esempio non ci si aspettava che l’esercito russo avrebbe fallito nell’attacco contro Kiev». 

Il futuro dell’Europa si gioca sulla sopravvivenza della democrazia. «Se l’Ucraina cedesse, la democrazia in Europa sarebbe minacciata – ha detto Parsi in conclusione -. Ciò che le guerre minacciano non è la pace (che è uno strumento) ma il nostro modo di vivere associato». L’obiettivo di Putin non è quello di mantenere uno stato di guerra permanente ma quello di distruggere la possibilità che i regimi democratici abbiano un futuro. «Dobbiamo ricominciare a costruire nelle coscienze l’idea che c’è un rapporto stretto tra la democrazia e il modo in cui viviamo perché la democrazia è il modo più gentile per esercitare il potere». 

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