«Il cervello è il peso di Dio. Se li si mette uno a fianco all’altro, tra loro c’è la stessa differenza che c’è tra una sillaba e il suo suono». A introdurre uno degli ultimi incontri del Soul Festival, intitolato “Fede poetica: l’incanto delle storie” domenica 23 marzo è stata la neuroscienziata della University of California Los Angeles (UCLA) Maryanne Wolf che ha aperto il suo intervento parlando di poesia, da lei denominata “la madre dei suoni”.
Da Adrienne Rich a Gustave Flaubert, da Alexander von Humboldt a Marcel Proust, Wolf ha parlato dei binomi sillabe e suoni, conoscenza ed empatia, per raccontare l’afflato che porta l’anima a risuonare. Oltre il pensiero. Così si tocca la spiritualità.
Il movimento dal pensiero analogico, critico e inferenziale all’empatia è alla base del concetto di deep reading, o lettura profonda, di cui Wolf è portavoce, che attraverso l’immaginazione ci permette di guardare più intensamente la realtà cogliendone il senso più nascosto.
«Una capacità fondamentale, soprattutto nella società contemporanea, per imparare a valutare la veridicità delle informazioni» – ha aggiunto la scrittrice.
Tornando ai testi, Wolf ha messo in luce il concetto di fiducia (che ha permeato tutto il Festival) negli autori perché «a un certo punto, con l’empatia, dobbiamo trovare attraverso le loro parole il messaggio che è dentro di noi. Così troveremo il tempo, la trascendenza».
“Hai ottenuto quello che volevi da questa vita nonostante tutto? Sì. E cosa volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra”. Questi versi di Raymond Carver comunicano attraverso il suono che, quando si legge, non ci fa solo interiorizzare, ma anche interagire. Un punto di vista, quello espresso da Antonio Spadaro – gesuita, sottosegretario del Dicastero vaticano per la cultura e l’educazione, oltre che già direttore della Civiltà cattolica – che sembra diverso da quello della neuroscienziata con cui ha dialogato.
«Quando leggo un romanzo, mi proietto in una interazione con i personaggi come se fossero presenti, perché hanno vita eterna nel momento in cui le loro vicende vengono fermate sulla carta» – ha detto Spadaro. «Il testo se non è letto non esiste, perché di per sé è un oggetto che non dice niente. È una presenza, è la stessa relazione personale a cui tu ti affidi. Nel momento in cui cominci a leggere, non ti stai relazionando a un testo per interpretarlo, ma stai facendo un atto di fiducia radicale in una storia che non è la tua». Nell’atto della lettura, come in quello della visione di un film, c’è quella che Coleridge definisce una willing suspencion of disbelief, una volontaria sospensione dell’incredulità, in virtù della quale si entra dentro nel testo creando una relazione.