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Funzione Finance, l’inclusione fa la differenza

30 ottobre 2025

Funzione Finance, l’inclusione fa la differenza

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Portare uno sguardo meno disincantato e retorico sul tema della Diversity & Inclusion (D&I), superando lo schema “tutto bene/tutto male”. È quello che ha cercato di fare la ricerca “The impact of diversity and inclusion on management control and corporate disclosure: the role of finance”, finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (PRIN 2022). Lo studio ha analizzato, infatti, come diversità e inclusione all’interno della funzione Finance influenzino la qualità delle informazioni contabili e la trasparenza aziendale, mettendo in evidenza come una maggiore inclusività possa generare informazioni più accurate, trasparenti e utili agli stakeholder.

Presentata mercoledì 22 ottobre nell’Aula Pio XI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’indagine è frutto del lavoro di un gruppo di ricerca interdisciplinare costituito da Angela Kate Pettinicchio (coordinatore del progetto), Barbara Imperatori, - docenti della Facoltà di Economia dell’Ateneo - affiancato da due team di ricerca, rispettivamente dell’Università Bocconi, guidato da Angelo Ditillo, e dell’Università di Bologna, rappresentato da Eleonora Monaco.

«Il progetto ha avuto l’intento di capire se le pratiche di gestione della D&I possano fare la differenza rispetto ai risultati e ai metodi di lavoro della funzione Finance», ha spiegato la professoressa Imperatori, ordinario di Organizzazione aziendale, insistendo sull’approccio transdisciplinare dell’indagine. La ricerca, infatti, intreccia il tema della diversità con le pratiche di gestione delle risorse umane, le modalità di lavoro della funzione Finance e i suoi processi operativi, riconoscendo che la diversità non è solo una questione di genere, ma include un insieme di caratteristiche - visibili e invisibili - che si intersecano e si influenzano reciprocamente. Di qui nasce l’esigenza di «spacchettare l’ambiguità» che, da sempre accompagna questi temi, per concentrarsi invece sui comportamenti concreti delle persone. La ricerca ha voluto dare voce innanzitutto a chi lavora nella funzione Finance, raccogliendo il percepito delle persone rispetto ai temi della diversità e dell’inclusione per identificarne i legami con l’efficacia della comunicazione contabile. Grazie alla collaborazione di più team di ricerca è stato inoltre possibile affrontare il tema con uno sguardo internazionale a adottando un approccio multilivello e differenti approcci metodologici.

Entrando nel merito, il team dell’Università Cattolica ha condotto l’indagine considerando le principali società non quotate italiane al fine di esplorare la composizione e le caratteristiche demografiche della funzione Finance - in particolare dei CFO - e di valutare l’impatto delle pratiche di D&I sulla qualità dell’informativa contabile. Alcuni dati raccolti ne scattano una chiara fotografia: l’86% dei CFO ha oltre dieci anni di esperienza, il 28% delle funzioni Finance è composto da team tra i 12 e i 20 dipendenti, il 50% dei collaboratori lavora nella propria azienda da oltre 10 anni, il 36% ricopre la propria posizione attuale da più di 10 anni e l’88% dei responsabili finanziari riporta direttamente all’Amministratore Delegato. La distribuzione di genere tra i dipendenti è relativamente equilibrata, tuttavia, questa parità non si riflette nella posizione di CFO, dove le donne risultano sottorappresentate. Le donne manager a tempo pieno sono ancora poche, ma il loro numero è positivamente e significativamente correlato alla presenza delle pratiche di D&I.

Un aspetto chiave, su cui si è concentrata la ricerca, ha riguardato la mappatura e la misurazione delle pratiche (D&I) nella funzione Finance, che sono state raggruppate in tre bundle: non-discriminatory & accountability practices (pratiche che promuovono equità e responsabilità); affirmative practices (azioni correttive a favore delle minoranze, come per esempio le quote rosa); blindness practices (neutralità alle pratiche). In sintesi, nel campione indagato, mediamente, le pratiche esistono, ma - in maniera non sorprendente - da sole non producono effetti univoci rispetto ai risultati della funzione Finance. Le pratiche da sole non bastano, anzi possono avere effetti controversi. Quello che invece davvero fa la differenza è il clima di inclusione che è solo in parte definito attraverso alcune pratiche. L’inclusione è una caratteristica della organizzazione che significa comportamenti agiti e, in particolare, il grado di partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali e la capacità di una organizzazione di accoglierne le differenze.  

Ne consegue che la diversità, da sola, non è sufficiente: il diversity management è essenziale, ma non tutte le pratiche hanno effetti positivi e univoci. È invece l’inclusione vissuta e agita - fondata su unicità e partecipazione - a fare davvero la differenza in merito alla qualità dei risultati che la funzione Finance è in grado di portare.
Queste evidenze hanno trovato conferma e sono state arricchite dai risultati degli altri team di ricerca che hanno partecipato al progetto, convalidando sia l’importanza - specifica per la funzione Finance - di considerare la diversità oltre il genere che il suo impatto positivo per la performance economico-finanziaria delle organizzazioni che operano in un contesto internazionale. 

 

 

Foto di Arlington Research su Unsplash

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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