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Gestione dei soldi, per le donne un gap da colmare

24 marzo 2025

Gestione dei soldi, per le donne un gap da colmare

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Meno soldi, meno potere, meno indipendenza. Tutte le donne devono esserne consapevoli. Per se stesse e per il bene del Paese. Lo hanno ribadito a più voci e da punti di vista differenti le relatrici e i relatori che hanno preso la parola durante il seminario “I soldi non fanno la felicità, ma è meglio saperli gestire - Educazione finanziaria e indipendenza delle donne promosso dal Comitato Pari opportunità dell’Università Cattolica, giovedì 20 marzo.

Quella della gestione dei soldi non deve essere più solo una questione da delegare ai maschi. Oggi solo una donna su quattro ha un’alfabetizzazione finanziaria: per questo bisogna parlare di soldi senza paura, migliorare il rapporto con essi, perché questo aumenta lo stato di benessere e diminuisce la probabilità di essere vittime di violenza economica.

Oggi in Italia il divario di genere riguarda soprattutto le conoscenze, come ha ricordato il preside Giovanni Petrella citando un’indagine realizzata dalla Banca d’Italia per OCSE. «Le donne sanno meno di finanza e il divario diventa maggiore se ci si sposta al Sud, dove si registra un basso tasso di occupazione. Ciò è dovuto a una disparità nei redditi da lavoro e quindi l’accumulo di ricchezza diventa inferiore, alimentando le differenze di genere nella capacità di resilienza economica, vale a dire la disponibilità di risorse alle quali attingere in caso di shock reddituali o di altra natura. Un’educazione finanziaria e la capacità di gestire le finanze personali sono essenziali per garantirsi sicurezza economica e benessere». 

Un segnale forte che è stato lanciato alle studentesse presenti al seminario da Raffaella Iafrate, delegata alle Pari Opportunità, «perché si tratta di uno strumento di inclusione nel mese dedicato alle iniziative a favore della donna. Dobbiamo far emergere e rendere consapevoli le donne delle loro potenzialità e del loro genio, senza farsi frenare da prescrizioni stereotipate, non per andare contro gli uomini ma insieme a loro perché questo porta generatività. Si genera se si è diversi».

Ma i dati che si registrano nella società non sono rassicuranti. Le donne lavorano di meno, hanno contratti più precari, hanno meno soldi, gli stereotipi si sono sedimentati e di conseguenza anche le donne si autofrenano, riferisce con una certa frustrazione Rita Querzé, giornalista del Corriere della Sera, che dagli anni ‘90 si occupa di economia di genere e delle dinamiche di rappresentanza.

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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Si denota un gender gap finanziario ancora troppo elevato, come ha mostrato Giovanna Paladino, capo della Segreteria Tecnica di Presidenza di IntesaSanpaolo e Direttrice e curatrice del Museo del Risparmio. «Il tasso di occupazione al 53,5%, le donne guadagnano il 40% in meno nel privato e il 16% nel settore pubblico. E così anche il Gap pensionistico è del 36% e la ricchezza è inferiore a quella degli uomini del 25%. Investono poco i loro soldi perché non amano il rischio. Questo perché sono cresciute con l’idea che non sono portate per la matematica, che non sanno gestire i soldi e che sono più predisposte per il risparmio che per l’investimento. E così con un’inflazione che galoppa, il valore nominale viene eroso. Sebbene circa il 72% di loro risparmiano una parte del proprio reddito, meno della metà fa un investimento significativo per mettere a reddito i propri risparmi». 

Un altro dato negativo è che le donne non sono interessate alla gestione del proprio denaro, preferiscono delegarlo ad altri, padre, marito, compagno perché dicono che non hanno tempo. «Sebbene in parte questo sia vero, dovendo spesso badare anche alla cura dei figli e della casa, Paladino crede che sia il risultato di una stereotipizzazione maturata in casa, a scuola, dai messaggi pubblicitari, dai film. Sono ancora troppo poche le proposte personalizzate per le donne, pochi i programmi di educazione finanziaria e le piattaforme digitali per facilitare l’accesso alle informazioni in modo inclusivo e interattivo. Questo il compito che le istituzioni dovrebbero realizzare, mentre le donne devono avere il coraggio delle proprie idee. Il coraggio si può imparare».

Si inserisce in questa prospettiva il lavoro che sta portando avanti Claudia Segre, presidente Global Thinking Foundation e consulente Commissione Bicamerale sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. “Cerco di aiutare le donne a costruire la loro fiducia finanziaria attraverso la consapevolezza e l’alfabetizzazione finanziaria. Le donne lottano ogni giorno per l’uguaglianza sul posto di lavoro e per raggiungere un vero e proprio empowerment economico. 
«Il differenziale sull’educazione finanziaria rilevato dall’OCSE, dove l’Italia è fanalino di coda a livello europeo e internazionale, porta a carenze di competenze tecnico finanziarie e di conseguenza a fragilità, violenza economica e abuso finanziario. Un aiuto per ridurre il gap finanziario potrebbe arrivare dall’utilizzo delle tecnologie fintech per colmare il crescente divario di genere nell’inclusione finanziaria». Segre, infine, ha esortato le ragazze «a prendersi tempo per se stesse e ad assumere subito il controllo del proprio futuro economico».

Perché la felicità in parte passa anche dal nostro rapporto con i soldi. Certo non ci tutelano dall’infelicità, ma ci garantiscano di avere un livello di qualità della vita, un certo benessere e consentono di realizzare progetti di vita. Eppure i dati ci dicono che le donne in Italia sono povere e lo sono di più tra le over 65 poiché inizia a pesare il gap pensionistico e per il fatto che non hanno gestito in modo efficace i soldi.

Il perché questo succede ce lo spiegano le ricerche realizzate da Claudia Manzi, professoressa ordinaria di Psicologia, che da anni si occupa di stereotipi di genere, anche in relazione all’uso del denaro. Da questo studio non emerge che le donne sono meno competenti nel gestire il ménage familiare, ma hanno un ruolo diverso. Per gli uomini si tratta di self empowerment, di simbolo di potere, mentre per le donne i soldi sono importanti perché servono a pagare le spese di casa.
«Non è un problema di sottovalutazione delle proprie capacità, come inizialmente ci aspettavamo, ma sono alcune credenze stereotipiche che creano la distanza tra le donne e il denaro» prosegue la professoressa. «Questa ricerca ci mostra ancora una volta che il cambiamento culturale è uno dei fattori più importanti per promuovere la parità tra uomini e donne. Bisogna intervenire su diversi fronti. Innanzitutto è cruciale agire sulla consapevolezza. È necessario formare gli operatori riguardo all’influenza che gli stereotipi di genere esercitano sul loro lavoro. Inoltre, è fondamentale implementare strategie di comunicazione nell’ambito dell’educazione finanziaria, mirate in modo più efficace al pubblico femminile, utilizzando linguaggi meno stereotipicamente maschili».

«C’è la necessità di empowerment femminile per legittimare il ruolo della donna nel contesto finanziario» aggiunge Edoardo Lozza, ordinario di Psicologia, concludendo le molteplici suggestioni che si sono susseguite durante la mattinata. «Il gender gap nell’educazione finanziaria è legato a una molteplicità di fattori culturali, sociali ed economici. Oltre che parlare di conoscenze oggettive, è rilevante dedicare la giusta attenzione alle competenze percepite, ossia focalizzarsi su quanto donne e uomini si sentono competenti quando si tratta di denaro». 

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