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Gli studenti e i detenuti: un incontro inaspettato

20 aprile 2021

Gli studenti e i detenuti: un incontro inaspettato

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“Ci avete regalato una giornata diversa dal solito perché non è per niente scontato realizzare un incontro del genere di questi tempi tra persone di fuori con quelle dentro”. Così comincia la lettera di ringraziamento di un detenuto della Casa di Reclusione di Milano Opera che ci è arrivata per e-mail poco tempo dopo l’esperienza vissuta insieme la mattina di sabato 6 febbraio.

Quella mattina abbiamo incontrato attraverso gli schermi alcune persone recluse nel carcere di Milano Opera. Non sapevamo come sarebbe stato, cosa sarebbe accaduto ma certamente non avremmo mai pensato che sarebbe andata in questo modo. L’incontro aveva come fil rouge il tema dei “Giusti dell’Umanità” e per sciogliere il ghiaccio abbiamo cominciato raccontando la storia di alcuni Giusti come Gino Bartali, Nelson Mandela e Antonia Locatelli. Il primo, ciclista di fama internazionale, durante la Seconda Guerra Mondiale nascose nei tubi del telaio della sua bici documenti da falsificare per permettere la fuga a 800 ebrei. Il secondo sconfisse il regime dell'apartheid con un processo di riconciliazione nazionale. La terza sacrificò la sua vita per denunciare le atrocità del genocidio ruandese.

Storie forti, storie esemplari, che hanno subito fatto partire un dialogo vivo tra i partecipanti. Le persone della biblioteca - così ci riferivamo alla decina di detenuti di Opera che si erano riuniti nella biblioteca del carcere per la videochiamata – hanno mostrato immediatamente il forte desiderio di confrontarsi con noi e le loro riflessioni profonde, capaci di citare propriamente filosofi come Hannah Arendt e Martin Heidegger, ci hanno particolarmente colpito. Non sentivamo la presenza di barriere davanti a noi, i pensieri e le riflessioni oltrepassavano ogni confine. Abbiamo molto discusso su chi sia un Giusto e come si possa diventare Giusto per l’Umanità.

C’era chi, raccontandosi, sosteneva che un giusto è chi dona i propri organi senza sapere chi li riceverà, un altro riteneva un giusto quel poliziotto che aveva permesso ad un condannato di abbracciare la figlia in un’aula di tribunale, per un altro ancora un giusto era quel Schindler che salvò Moshe Bejski. Ognuno voleva condividere il proprio punto di vista mettendosi in discussione e così due ore sono volate in un lampo.

Inaspettato e decisamente arricchente. L’incontro di quel sabato 6 febbraio con persone che vivono ogni giorno una realtà molto distante dalla nostra, oggi ancor più tagliate fuori dalla società per via della pandemia, e vivere con loro un momento di dibattito su temi alti e importanti, ci ha fatto uscire dagli schemi e dagli schermi per aprirci agli altri con un sentimento libero di comunità. Inoltre, ci ha permesso di capire profondamente, usando le parole di una delle persone della biblioteca, che «il dentro e il fuori sono realtà complementari». Non solo una è conseguenza dell’altra, ma una si specchia nell'altra e “ovviamente" viceversa, anche se questa reciprocità non è sempre compresa o facile da spiegare.

Ringraziamo la professoressa Claudia Mazzucato, la dottoressa Giovanna Musco e tutti coloro che hanno collaborato per aver reso possibile l’incontro.

La testimonianza degli

Studenti di Giustizia riparativa e Legislazione per la tutela minorile e le altre fragilità

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