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Green Deal, aziende italiane pronte. Ue: «Le leggi non le ostacolino»

04 marzo 2021

Green Deal, aziende italiane pronte. Ue: «Le leggi non le ostacolino»

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Etica, giusta e partecipata. Ecco l’anima che l’Unione Europea vuole per la sua ripresa verde. La pandemia ha accelerato l’allineamento tra la volontà politica e la disponibilità tecnologica per avviare un processo di rinascita economica fondato sulla neutralità climatica. Le parole Green Deal e Next Generation Eu, e i loro miliardi, sono sulla bocca di tutti ma l’agenda europea che ha creato questi programmi è complessa e composta da tanti strumenti, che necessariamente dovranno portare a collaborazioni tra istituzioni e privati. Per capire meglio come funzionerà questo processo, il terzo webinar del ciclo “Alumni Global Talks”, moderato dalla giornalista di SkyTg24 e alumna della Scuola di Giornalismo dell'Università Cattolica Tonia Cartolano, ci ha portati direttamente nel cuore della Commissione Europea, dove è stato concepito il Green Deal.

Spendere bene tutti questi soldi non è semplice ed è fondamentale che istituzioni, governi e imprese remino dalla stessa parte: «In Italia le aziende sono molto avanzate e creative per quanto riguarda i processi di economia circolare -racconta Fulvia Raffaelli, responsabile Economia Circolare ed Edilizia della Direzione Mercato interno - ma ciò che le ostacola è una legislazione nazionale non adeguata. La definizione di rifiuto presenta grandissime differenze interpretative che variano addirittura da regione a regione. Progetti e riforme devono andare di pari passo, è importante che i privati siano sostenuti da una struttura amministrativa e legislativa adeguata».

Le risorse messe a disposizione per la ripresa verde sono eccezionali per ammontare e destinazione di spesa: il 30% dei 1100 miliardi che compongono il bilancio ordinario comunitario per il periodo 2021-2027, cioè i soldi che gli stati membri mettono a disposizione della Commissione Europea, dovrà essere speso per progetti green. Lo stesso dovrà accadere per il 37% dei fondi di Next Generation Eu: «È una agenda per il cambiamento ma anche una grande scommessa -conferma Raffaelli-. Se vogliamo favorire una transizione climatica che ci renda competitivi rispetto ad altri paesi dobbiamo cambiare il modo in cui pensiamo e implementiamo la crescita. Dobbiamo mostrare che la transizione non solo è possibile ma anche ricca di opportunità». Un esempio è Renovation Wave, il documento programmatico che favorisce investimenti green nei settori dell’edilizia e in cui si inserisce anche l’ecobonus del 110% lanciato dal governo italiano.

«Si tratta di una sfida epocale -conferma Valentina Superti, Direttore Risorse per la Direzione Mercato interno della Commissione nonché alumna della facoltà di Giurisprudenza-. La pandemia ha rafforzato le priorità di questa agenda, che però non possiamo affrontare unicamente noi da Bruxelles. Serve la partecipazione di tutti gli stati membri, del parlamento europeo e dei privati, che vogliamo sostenere in investimenti spesso troppo rischiosi, come infrastrutture sostenibili o attività di ricerca e sviluppo, attraverso fondi del nostro bilancio ordinario come InvestEu e con mezzi straordinari come Next Generation Eu, un passo storico per la progressione dell’integrazione europea».

La incredibile quantità di capitali messi a disposizione rischia di creare rischi speculativi da cui le economie e le imprese più deboli e arretrate devono essere messe al riparo. Per garantire il carattere etico della ripresa verde è fondamentale la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), partner strategico della Commissione Europea: «Siamo un organismo internazionale presente anche in paesi extra Ue, in Medioriente, Africa e Turchia – spiega Renato Giacon, Principal Counsellor per i Fondi Europei della BERS e alumnus della facoltà di Scienze Politiche e Sociali-. Abbiamo progetti con tante istituzioni del settore pubblico e privato, lavoriamo molto con partecipate comunali e imprese cercando sempre di finanziare progetti che abbiano, oltre a un ritorno economico, risvolti che favoriscano la transizione ambientale e una maggiore partecipazione democratica. Siamo investitori etici».

La BERS lavora con tanti paesi come Polonia e altri stati dell’Est Europa, che per lungo tempo sono stati sotto il regime sovietico, poco sensibile ai problemi dell’ambiente ma anche alla partecipazione dal basso: «Ecco perché lavoriamo tanto con i beneficiari finali come comuni e imprese -conferma Giacon-, serve una transizione ambientale giusta, che aiuti economie emergenti ancora molto legate ai combustibili fossili come Kosovo o Mongolia con investimenti di lungo periodo e con bassi tassi di interesse ma che a rafforzi anche processi di partecipazione democratica».

All’unione Europea va riconosciuto il merito di essere stata tra le prime istituzioni ad aver abbracciato il target della neutralità climatica: «Le condizioni per il Green Deal sono state poste con il lavoro degli ultimi quindici anni -conferma Simone Tagliapietra, assegnista di ricerca della Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica e ricercatore presso il think-tank Bruegel di Bruxelles-. Fino a dieci anni fa quando si parlava di decarbonizzazione europea i sorrisi erano tanti, ma pochi prendevano sul serio la transizione. Essa è diventata possibile grazie alla possibilità tecnologica e la volontà politica di farla. Oggi le energie rinnovabili costano molto meno, basti pensare che il costo dell’energia elettrica prodotta con pannelli solari è calato del 90% rispetto al 2011. Certo, la transizione non sarà una passeggiata perché ancora oggi il 70% della produzione energetica europea si basa su fonti non rinnovabili come petrolio e carbone. Ma la volontà politica è cambiata e l’Ue è riuscita a stimolare la creazione di un mercato delle rinnovabili e ispirare altri paesi, grandi aziende e PMI a intraprendere questo cammino».

E proprio sulla partecipazione di cittadini e imprese a questo processo di transizione è importante insistere secondo Valentina Superti: «Per ogni provvedimento legislativo della Commissione c’è una consultazione pubblica. Cittadini e aziende possono e devono interloquire con noi e partecipare in maniera proattiva: gli strumenti da cui passano i nostri finanziamenti sono tanti, ma basta andare su internet e cercare il nome del finanziamento per avere tutte le informazioni su come contattarci, abbiamo bisogno del contributo di tutti».  

Alumni Global Talks, prossimo appuntamento il 17 marzo

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Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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