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I mille volti di George Gershwin

13 maggio 2022

I mille volti di George Gershwin

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Artista musicale tra i più noti del periodo attorno alla prima guerra mondiale, si mosse fluidamente tra musica colta e jazz, componendo tanto per Broadway quanto per le sale da concerto europee, al punto che oggi è unanimemente considerato l'inventore del musical statunitense.

Al genio di George Jacob Gershwin - all'anagrafe Jacob Bruskin Gershowitz (Brooklyn, 26 settembre 1898 – Los Angeles, 11 luglio 1937) - dobbiamo melodie divenute celeberrime nell’immaginario collettivo come "Rapsodia in blu" (1924) o "Un americano a Parigi" (1928).

Un talento dai mille volti, capace di assorbire e riflettere i tratti peculiari del contesto storico coevo, ma al contempo anche di influenzare stili e tendenze della nascente della cultura dell’epoca, che un pool di studiosi della Cattolica ha riassunto nell’incontro “Un americano in America. Il mondo di George Gershwin” ospitato dalla sede bresciana del nostro Ateneo in occasione del Festival Pianistico Internazionale di Bergamo e Brescia 2022.

Stati Uniti d’America, primi del Novecento. Un’epoca in cui ancora non esistevano i mezzi di registrazione e riproduzione musicale.

Per questo «prima di consegnare al mondo alcune delle sue composizioni più celebri, Gershwin iniziò la carriera facendo dimostrazioni pratiche, dal vivo, di spartiti che gli editori musicali volevano vendere» ha ricordato la musicologa Gaia Varon.

Ad essere ben delineato, e con un’industria in forte e costante crescita, era invece l’universo cinematografico in cui la sua musica entrò prepotentemente, contaminando i tempi registici e facendosi contaminare a sua volta.

«Scrisse direttamente per il cinema avendo ben chiari la struttura narrativa, la logica della forme e dei formati così come dei meccanismi produttivi che tramite tempi e ritmi puntano a stimolare l’emozione dello spettatore» ha notato lo storico del cinema Massimo Locatelli.

Lo stesso accadde nella letteratura dell’epoca e a dimostrarlo è stato il parallelo tra il compositore e Scott Fitzgerald - due pilastri del Novecento americano, ciascuno per la propria arte d’elezione - effettuato da Giulia Gresti, studiosa di letteratura inglese e anglo-americana.

«Punti di tangenza si riscontrano nella loro biografia personale e nel ruolo del Jazz. Il primo contribuì a definirne lo stile, innestandosi sul genere blues dell’America nera, il secondo ne fu talmente influenzato da titolare una delle opere più note “Racconti dell’età del Jazz” (1922)».

Tutto questo accadeva mentre l’Europa usciva dalla guerra e in America nasceva il mito di una economia nuova che vedeva nell’organizzazione finalizzata alla conquista del mercato il tratto distintivo del capitalismo made in USA.

«Un sogno senza futuro poiché si schiantò contro la grande depressione» secondo Giovanni Gregorini, storico dell'economia.

Eppure «dall’innamoramento tutto europeo per il mondo americano, i grattacieli e New York, si generarono i presupposti per lo svecchiamento e la ricerca di libertà» ha concluso Giuseppe Lupo, studioso di letteratura italiana contemporanea.

Un articolo di

Bianca Martinelli

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