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“Il Costruttore” di cui avremmo ancora bisogno

18 giugno 2024

“Il Costruttore” di cui avremmo ancora bisogno

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Che cosa può insegnare a uno studente o a una studentessa di oggi la figura di Alcide De Gasperi? Se lo è chiesto Maria Bocci, ordinaria di Storia contemporanea alla Facoltà di Scienze della formazione della Università Cattolica, intervenendo alla presentazione in Ateneo del libro Il Costruttore (Mondadori) di Antonio Polito, dedicato al fondatore della Democrazia Cristiana. Un incontro promosso dall’Università Cattolica, dalla Fondazione De Gasperi e dall’Archivio Mario Romani nel 70esimo della morte del leader politico al quale hanno partecipato, insieme all’autore, anche altri docenti dell’Ateneo: Paolo Valvo, ricercatore presso il Dipartimento di storia dell’economia, della società e di scienze del territorio “Mario Romani”, Andrea Maria Locatelli, ordinario di Storia economica, alla Facoltà di Economia, Lorenzo Ornaghi, presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali della Cattolica dove è stato rettore dal 2002 al 2012 e ha a lungo insegnato scienza politica.

Per rispondere alla domanda, la professoressa ha fatto riferimento alla sua esperienza di insegnante. «Quando chiedo ai miei allievi chi a loro parere tra gli uomini politici possa essere considerato uno statista, normalmente sulla classe cala il gelo e solo dopo un po’ qualcuno a mezza bocca risponde, lasciandomi sconfortata: Mussolini». «Ciò – ha aggiunto la docente – non credo dipenda dalle simpatie politiche dei miei interlocutori. Penso piuttosto che le nuove generazioni semplicemente confondano un buon uomo politico, amato dal suo popolo, con un capo carismatico e demagogico». Scoprire o riscoprire chi fu De Gasperi, potrebbe aiutare, invece, le giovani e i giovani a dare una risposta diversa a quel quesito, perché al contrario di Mussolini, il leader democristiano fu un politico popolarissimo, ma non un populista; un premier forte, persino un «decisionista», e per questo venne criticato, «ma fu anche un democratico, convinto del valore in sé della democrazia, in tempi nei quali non era scontato che lo fosse tra gli stessi cattolici» – come ha sottolineato Paolo Valvo. De Gasperi seppe conquistare la fiducia per lungo tempo, non parlando alla pancia del suo popolo, ma facendo appello ai valori comuni. Può essere, insomma – è convinta Maria Bocci – «quell’esempio positivo che molte ragazze e ragazzi cercano con sempre maggiore insistenza oggi».   

Senza dubbio il libro di Polito, che, come ha riconosciuto lo stesso autore, ha un intento «pedagogico», può essere utile allo scopo. Tuttavia, l’incontro in Ateneo aveva anche altri obiettivi. Come ha suggerito Andrea Maria Locatelli il convegno vorrebbe contribuire al dibattito che si è riaperto sull’impegno dei cattolici in politica. In effetti, le cinque lezioni che l’editorialista del Corriere della Sera ricava rileggendo il percorso di De Gasperi sono utili «a sciogliere i nodi del presente», e forse definiscono anche i contorni di una proposta politica di cui i cattolici potrebbero farsi interpreti. 

Gli insegnamenti degasperiani riguardano vari aspetti della vita pubblica: la democrazia, intesa come anti-dittatura, da difendere contro tutti i totalitarismi, il fascismo ma anche il comunismo; l’appartenenza al patto Atlantico e l’europeismo, che furono i due punti chiave della politica estera di De Gasperi da cui discese anche la politica interna; il rigore nella spesa pubblica, necessario per la crescita dalla quale soltanto si ricavano le risorse per le riforme sociali; la coesione nazionale, per cui investire bene nel Sud è utile pure al Nord.

Ultima ma non meno importante, la quinta lezione interessa l’architettura istituzionale. Fu questo anche il punto su cui si consumò la vicenda di De Gasperi, dimostrando, nella ricostruzione che ne fa Polito, che «i leader sono forti, se sono forti le istituzioni non i partiti». 

Secondo l’autore de Il Costruttore De Gasperi ebbe il limite di «invitare i rappresentanti della DC nella Costituente a fare di tutto per evitare che emergesse una qualche centralità dell’esecutivo, nel timore che se ne avvantaggiassero le sinistre in caso di vittoria». Tale «difetto di fabbricazione della Repubblica», che andava bene anche a Togliatti, per le stesse ragioni del suo rivale, indeboliva di fatto il governo. De Gasperi cercò di porvi rimedio nel 1953 con una legge elettorale bollata dalla sinistra come “legge-truffa”. Il leader democristiano riuscì a farla approvare, dopo una durissima battaglia in Parlamento, ma alle elezioni di quell’anno vinse senza ottenere il premio di maggioranza che era previsto da quella riforma e che gli avrebbe permesso di formare un esecutivo solido. Quella sconfitta segnò anche la fine dell’era di De Gasperi e l’inizio della “Repubblica dei partiti” che sarebbe poi stata spazzata via da Tangentopoli.

Come ha messo in luce Lorenzo Ornaghi, che ha voluto insistere proprio su questa ultima e più problematica fase di quell’epoca, «De Gasperi creò il sistema dei partiti, ma dovette poi confrontarsi con il problema della governabilità, un tema cruciale ancora oggi, benché quel sistema si sia profondamente trasformato in qualcosa che non riusciamo ancora a definire» per cui «è giusto oggi chiedersi di quali istituzioni abbiamo bisogno e quali di queste si possano e come si debbano rafforzare». Specie ora che si torna a discutere di riforme costituzionali. 
 

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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