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Interculturalismo tra populismo e riflessività

11 maggio 2022

Interculturalismo tra populismo e riflessività

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L’interculturalismo è un modo di avvicinarsi alla diversità culturale. Quale approccio propongono le scienze umane e sociali? In che modo l’interculturalismo ha a che fare con i cambiamenti culturali introdotti dalla diffusione del populismo in Europa di fronte alla crescente chiusura mentale e all’individualismo? Negli ultimi anni, infatti, il populismo (nelle sue varianti del sovranismo e del nazionalismo) è stato il vero nemico dell’interculturalismo, fomentando intolleranza e razzismo nei rapporti sociali e sui media.

La riflessione avviata da un’équipe di ricercatori dell’Università Cattolica parte da due dati certi, ovvero che l’intercultura attraversa tutte le discipline e che tra i valori fondamentali (universali ma astratti) e le pratiche quotidiane (importanti ma particolaristiche) c’è un livello intermedio relativo agli interventi e alle politiche sul territorio in ambito sociale ed educativo. 

È quanto emerge dal volume Intercultural issues and concepts. A multidisciplinary glossary a cura di Maddalena Colombo e Guia Gilardoni che è stato presentato il 12 maggio 2022 in largo Gemelli durante l’evento “Interculturalism today between populism and reflexivity”, promosso dalla Facoltà di Scienze della formazione e dal Centro di iniziative e ricerche sulle migrazioni di Brescia (CIRMiB). 

Il volume è il frutto del lavoro svolto con gli studenti dei corsi post lauream nell’ambito del progetto europeo Jean Monnet Module, realizzato nell’ultimo triennio da alcuni docenti dell’Università Cattolica assieme a docenti stranieri di discipline umane e sociali provenienti da otto paesi europei. 

Il libro si propone come un glossario di diciotto “concetti e questioni” tratti da diverse scienze (sociologia, psicologia, storia, filosofia, formazione, geografia umana, diritto internazionale) che sono ritenuti necessari per un approccio interculturale scientifico ma anche impegnato e consapevole dei rischi e delle criticità sul campo. I concetti sono ad esempio la convivenza sociale, la governance delle migrazioni, l’identità culturale, la partecipazione, la cittadinanza, la riflessività, la resilienza, mentre le questioni al dibattito, riguardano il superamento del razzismo, la rivitalizzazione della periferia urbana, il rafforzamento dei diritti umani. Scritto da un pool di ricercatori universitari multinazionali, il libro intende facilitare tutti gli attori coinvolti nella costruzione di una società più inclusiva. 

Il convegno era diviso in sue sessioni: al mattino quella dedicata al confronto sui principi proposti, dove erano presenti ospiti internazionali da Barcelona, Bruxelles, Rodi, Valencia, Debrecen. Nel pomeriggio, dedicato alle partiche interculturali tra populismo e riflessività, i partecipanti sono stati divisi in sei workshop, corrispondenti agli ambiti in cui le “sfide educative” si fanno più urgenti: la didattica, l’educazione degli adulti, il dialogo interreligioso, la progettazione sociale, il supporto ai pubblici amministratori, la sensibilizzazione del mondo artistico.

I workshop hanno cercato di delineare i caratteri specifici dei due approcci: quello ispirato al populismo rimanda a una semplificazione dei problemi, a una ricerca rapida di soluzioni veloci, all’uso di messaggi netti e polarizzati, al libero sfogo delle frustrazioni, alla ricerca del consenso immediato sia da parte di chi non ha potere e subisce le decisioni altrui, sia di chi deve prendere decisioni difficili in tempi incerti. La riflessività, invece, implica l’accettazione del fatto che si possa non avere la soluzione pronta, l’uscire dalle prassi istituzionalizzate e ricorrenti, il domandarsi il motivo di ogni atto e routine, il considerare gli “attori in gioco” non come semplici oggetti di transazione ma soggetti decisionali anche se “utenti”, il convivere con incertezze e ambivalenze delle strutture sociali, l’agire nel presente prefigurando le conseguenze a medio-lungo termine.

Tra i vari ambiti, quello del dialogo interreligioso è un terreno ideale per mettere a confronto questi atteggiamenti così diversi e sperimentare le prassi più funzionali al raggiungimento della comprensione reciproca e dell’integrazione. 

Per ciascuno degli ambiti si è chiesto ai partecipanti di svolgere tre attività. La prima è quella di rivedere gli assunti culturali alla base dell’operato dei decisori per individuare ciò che è davvero irrinunciabile ed essenziale da difendere nella propria cultura. La seconda prevedeva di rivedere i linguaggi e il vocabolario utilizzati nei contesti interculturali, riconoscendo la natura ambivalente e carica di tensione dei processi interculturali che portano con sé la paura della diversità. Infine, si è voluto provare a costruire un linguaggio comune, un vocabolario, una trama di concetti che creino unione ed eliminino le ambiguità e le ansie.

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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