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Patrimoni dissonanti, ricordare la storia senza celebrarla

23 aprile 2021

Patrimoni dissonanti, ricordare la storia senza celebrarla

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A Lavenone, piccolo comune valsabbino recentemente entrato a far parte del progetto “Borghi d’Italia” di Airbnb, si trova un’esempio di patrimonio dissonante, ovvero un bene culturale influenzato da ideologie e concezioni etiche contrastanti rispetto a quelle attuali, che in molti vorrebbero dimenticare, ma che invece deve essere ricordato in maniera critica.

Si tratta di uno storico murale riportante la frase di Mussolini “Noi sognamo l’Italia romana”, figlia di un'epoca in cui era consuetudine apporre scritte sui muri delle case come promozione della retorica di regime che, in seguito alla Liberazione avvenuta nel 1945, fu coperta con la calce, prima di riaffiorare tra gli anni Sessanta e Settanta. Fu così che, nel 1982, la Giunta Comunale dell’epoca (di sinistra) fece una scelta corraggiosa e decise di conferire una connotazione più "democratica" alla scritta, senza però rimuoverla.

Per preservare il valore storico del reperto, ma senza celebrarne i valori distorti alla base della sua concezione, furono chiamati gli artisti Adriano Grasso Caprioli e Giovanni Biasini che incorniciarono la scritta originale all’interno di un murale in stile futurista, simbolicamente inaugurato il 25 aprile del 1982 alla presenza della autorità nazionali.

Questa affascinante vicenda, che racconta l’evoluzione storica e identitaria del luogo, è diventata oggetto del recente lavoro di Silvia Amodio, Sofia Bandera, Sara Bianchetti, Arianna Capasso, Carola Marsili, Lorenza Giovanna Rovati, Deborah Spalenza, studentesse del corso di Politiche del turismo e legislazione per il territorio, tenuto dalla prof.ssa  Mariapaola Pasini, previsto al secondo anno della Laurea magistrale in Scienze linguistiche.

Il gruppo di lavoro, in collaborazione col Comune di Lavenone e la Comunità Montana della Valle Sabbia, ha infatti ideato un progetto di comunicazione turistica e culturale che pone l’accento sulle passate vicende che hanno caratterizzato la storia del borgo dalla Seconda Guerra mondiale in poi, per promuoverne il patrimonio in chiave turistica.

«Durante la Seconda guerra mondiale il borgo fu invaso dai fascisti, ma l’anima partigiana degli abitanti lottò sempre per far valere gli ideali di libertà e democrazia» hanno illustrato le studentesse durante una lezione aperta del corso.

«La frase, peraltro scritta con un vistoso errore grammaticale, continua a suscitare molte polemiche tra i cittadini e per questa ragione si parla di patrimonio dissonante, ma è importante considerare come non sia un prodotto artistico apologista del fascismo» sottolineano le studentesse nel flayer bilingue italiano/inglese, a cui seguirà una promozione digitale in italiano, inglese, spagnolo, tedesco e cinese tramite gli account Facebook e Instagram @borgolavenone. 

Oggi l’imponente scritta ha un significato del tutto diverso e assai importante: è stato creato per mantenere viva la memoria di un periodo storico che sarebbe più facile dimenticare, ma che abbiamo il dovere di tenere a monito.

Tra gli elementi che caratterizzano la nuova composizione: in basso a sinistra l’aquila ferita a morte simboleggia la fine degli imperialismi, in basso a destra un fascio littorio a pezzi rappresenta la fine del regime nazi-fascista, mentre il fungo atomico – metafora dell’autodistruzione dell’umanità se si seguirà di nuovo la via errata - occupa la scena centrale.

«Creare un’opera con finalità educativa e di riflessione è stata sicuramente una scelta ben più difficile rispetto alla semplice rimozione di una scritta. Eppure tutelare i monumenti storici, anche se legati a un passato non edificante, è fondamentale affinché gli errori non si ripetano» concludono le ragazze.

Le assonanze con la querelle tutta bresciana che vede protagonista il "Bigio" (la statua "L'Era fascista" di Arturo Dazi), ancora in cerca di collocazione dopo la rimozione da Piazza Vittoria, sono evidenti...

Un articolo di

Bianca Martinelli

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