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L'esperienza teatrale di Costanzo in Cattolica

25 febbraio 2023

L'esperienza teatrale di Costanzo in Cattolica

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Correndo il rischio molto diffuso, e già tante volte bollato come narcisistico, di parlare di sé nel momento in cui si ricorda un illustre scomparso, non posso rinunciare a rievocare i miei incontri con Maurizio Costanzo, quasi tutti avvenuti nell’ambito delle attività didattiche dell’Università Cattolica. 

Tutto nacque da un seminario, o meglio da un’esercitazione, se si vuol seguire il vocabolario accademico.  Era l’anno accademico 1976/77 e per le esercitazioni che svolgevo per il corso di Etica della comunicazione, nell’ambito della Scuola superiore delle comunicazioni sociali, ricevetti dal docente del corso una singolare proposta. Il docente Luigi Bini, gesuita del centro San Fedele e grande esperto di cinema, studioso di Bergman e Pasolini, sorprendentemente mi consigliò di cambiare la tradizionale scelta dell’oggetto di analisi del seminario: non più un film come da vari anni accadeva, ma un programma che - disse - avrebbe lasciato il segno nella storia dei media, Bontà loro

Andava in onda da qualche settimana su Rai proprio dopo il film del lunedì sera che era un appuntamento all’epoca imperdibile per gli italiani ma che Bontà loro rischiava addirittura di surclassare nelle preferenze del pubblico. Ci mettemmo al lavoro con gli studenti, analizzando in VHS e scoprendo i meccanismi comunicativi, gli elementi significanti e il funzionamento di quello che sarebbe diventato poi un nuovo genere televisivo, il talk show. 

Il lavoro fu apprezzato tanto che i risultati furono riportati in una pubblicazione dell’Università. Era il primo studio che cercava di affrontare il caso del talk show italiano al di là delle semplici valutazioni della critica televisiva quotidiana, più che altro sorpresa di fronte all’inaspettata novità. Poi sarebbero arrivati in frotte saggi e volumi, ma il nostro era il primo tentativo di leggere in profondità il fenomeno.   

Costanzo, non ricordo come, lo lesse e da lì cominciò uno scambio di opinioni abbastanza frequente. L’uomo, spesso dipinto come cinicamente attento solo ai numeri dell’audience, era tutt’altro che indifferente alle analisi riguardanti il territorio della sua attività, anche se proposte da un gruppo di studio accademico privo di visibilità mediatica. Tanto che negli anni seguenti, quando dopo l’incidente della P2, riprese la sua attività in casa Mediaset, si intensificò il nostro confronto sulla trasformazione della sua televisione che passava dai caratteri astratti e simbolici degli inizi alla teatralità esasperata del Maurizio Costanzo Show. 

Il luogo di questi confronti fu l’università, non più un ristretto gruppo di lavoro ma l’aula magna aperta a tutti gli studenti interessati, prima quella della sede di Brescia dove era stato aperto il DAMS, poi quella milanese. A Brescia accadde un episodio piuttosto buffo. L’aula era gremitissima in largo anticipo e alcuni studenti esperti del luogo, per cercare di accedervi, ebbero l’idea di passare dall’entrata posteriore riservata ai relatori. Un solerte bidello, con la tipica efficienza bresciana, si affrettò a chiuderla la porta e a presidiare l’entrata.

Quando arrivammo con Maurizio Costanzo cominciammo a bussare, ma dall’altra parte, temendo un sotterfugio studentesco, non ne vollero sapere. Ci fu qualche lungo momento di imbarazzo, soprattutto mio. Costanzo non mi sembrò particolarmente turbato: forse si godeva la strana scena come un esempio di quella teatralità della vita che era l’essenza del suo show.
 

Un articolo di

Giorgio Simonelli

Giorgio Simonelli

docente di Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico in Università Cattolica

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