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La biblioteca culinaria più grande del mondo ritrovata da uno studioso dell’Università Cattolica

10 novembre 2025

La biblioteca culinaria più grande del mondo ritrovata da uno studioso dell’Università Cattolica

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È di un ricercatore dell’Università Cattolica il merito del ritrovamento della più grande collezione al mondo di antichi libri culinari. La B.IN.G., la Bibliothèque Internationale de Gastronomie, contenente manoscritti, incunaboli, cinquecentine, stampe antiche e moderne, si credeva dispersa dopo la morte del suo fondatore, Orazio Bagnasco, ingegnere italiano naturalizzato svizzero. Ora invece si è scoperto — grazie all’intuito e alla perseveranza di Simone Pregnolato, ricercatore di Linguistica italiana in Cattolica dall’inizio di quest’anno — che non solo la collezione fortunatamente non è andata perduta, ma che si trova a Doha, in Qatar.

La storia del rinvenimento sembra la trama di un romanzo.

Nel 2020 Pregnolato, all’epoca assegnista di ricerca nel Progetto di rilevante interesse nazionale AtLiTeG, diretto dalla professoressa Giovanna Frosini dell’Università per Stranieri di Siena, era sulle tracce di una copia manoscritta risalente al Cinquecento del Libro di buone e delicate vivande e di un altro antico manoscritto, ultime due testimonianze che ancora gli mancavano per completare uno studio su una tradizione di testi di gastronomia nota come “dei dodici commensali”. Dopo numerosi tentativi e false piste (una piuttosto accreditata gli indicava la Russia), stava quasi per rinunciare, quando — su suggerimento della professoressa Antonella Campanini, storica dell’alimentazione dell’Università di Bologna — ha iniziato a contattare le istituzioni culturali degli Emirati Arabi Uniti, estendendo poi la ricerca anche al Qatar. Qui, a Doha, è entrato in contatto con il Museo di Arte Islamica (MIA), dove ha trovato non solo ciò che cercava, ma anche l’intera biblioteca di libri antichi raccolti dall’ingegner Bagnasco.

Proprio questa scoperta ha portato ad un accordo scientifico tra il progetto AtLiTeG e il MIA, grazie al quale sarà messo a disposizione della comunità scientifica questo enorme giacimento culturale italiano, comprendente 4.079 libri antichi, collocabili lungo un arco cronologico plurisecolare che va dal Medioevo latino al 1899 (cioè, simbolicamente, fino alle soglie del XX secolo).

La presentazione dell’accordo è avvenuta giovedì 6 novembre a Palazzo Madama, nella Sala “Caduti di Nassirya”, alla presenza del Consigliere per le politiche culturali per gli italiani nel mondo Raoul Romoli Venturi, delegato dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, del senatore Dario Parrini, della professoressa Giovanna Frosini, studiosa della lingua del cibo e coordinatrice nazionale del progetto AtLiTeG, della direttrice del MIA Shaika Nasser Al-Nassr, del ricercatore di Linguistica italiana Simone Pregnolato. A congratularsi con lui a Roma è arrivata anche il prorettore vicario dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Anna Maria Fellegara.

La collaborazione scientifica con il MIA, della durata di cinque anni, promuoverà il confronto e il dialogo sui contenuti e sui metodi della ricerca mediante convegni, viaggi di studio, pubblicazioni e altre iniziative volte a divulgare questo patrimonio e a permettere un approfondimento della storia linguistica, sociale, letteraria e culturale italiana.

Nel frattempo, è ormai prossimo all’uscita, nella collana Iter Gastronomicum dell’editore fiorentino Olschki, il volume — curato da Simone Pregnolato — contenente la trascrizione scientifica e commentata dei più antichi ricettari culinari italiani, che permetterà di capire meglio cosa fosse servito sulle tavole dei contemporanei di Dante, Petrarca e Boccaccio.

Il volume e gli altri studi che grazie all’accordo con il MIA di Doha verranno realizzati, contribuiranno ad aggiornare l’Atlante della lingua e dei testi della cultura gastronomica italiana dal Medioevo all’Unità d’Italia, obiettivo del progetto AtLiTeG: un lavoro ingente, mai realizzato prima, fondamentale anche per sostenere la candidatura all’UNESCO della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità.

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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