Comunicare la scienza. Un tema delicato ma rilevantissimo, utile a chi fa ricerca e con ricadute su tutti i cittadini. Perché i frutti della ricerca sono un bene prezioso per l’intera comunità.
E proprio sullo sviluppo di soft skills dedicate alla divulgazione della ricerca si è focalizzata la Summer School organizzata nel campus di Santa Monica dell’Università Cattolica a Cremona per supportare i dottorandi nell’acquisizione di skills trasversali e strumenti strategici: «Nell’era dell’innovazione tecnologica spinta e della parcellizzazione disciplinare del sapere scientifico, diventano ancora più preziosi momenti formativi come questo, volti a “mettere in rete” le persone, a stimolarle al pensiero critico e creativo, a formarle ad una comunicazione più efficace e articolata a seconda dello stakeholder a cui ci si rivolge» spiega Guendalina Graffigna, professoressa di Psicologia dei Consumi e della Salute e direttrice scientifica della Summer School, che ha convogliato a Cremona 23 ricercatori provenienti da tutta Italia. Formare alla comunicazione e al finanziamento della ricerca significa del resto aprire ai giovani ricercatori un’occasione di riflessione su come essere imprenditori di sé e delle proprie scoperte scientifiche, «imparando anche a riconoscere il valore del coinvolgimento degli stakeholders interni ed esterni al loro settore di ricerca».
Sulla stella linea Roberto Brambilla, direttore Formazione Postlaurea & Research Partnership Area ricerca e Sviluppo dell’Università Cattolica, che precisa come da quindici anni «seguiamo i nostri dottorandi nella valorizzazione delle proprie competenze, in vista di un loro inserimento nelle carriere della ricerca e in altri settori professionali».
In Europa, lo sviluppo delle transferable skills è particolarmente curato nelle Scuole di dottorato, spiega Brambilla: «Il nostro Ateneo ha calcato da tempo questa strada e oggi vediamo crescere sempre più l’interesse per queste tematiche da parte dei giovani, che ormai arrivano alla nostra Summer School dalle maggiori università italiane».
Un segnale importante, conclude Graffigna «per rilanciare le basi di un patto di fiducia tra scienza e società, oggi sempre più in crisi: formare futuri ricercatori che non solo siano ottimi scienziati ma anche capaci divulgatori delle loro scoperte a beneficio dei destinatari finali delle loro scoperte».