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La vocazione di Armida Barelli

09 marzo 2022

La vocazione di Armida Barelli

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«L’idea che la vita sia una vocazione per Armida Barelli era il senso». Un tema a cui la sensibilità contemporanea è poco incline ma che racconta l’attualità e la provocazione della sua figura. Così l’Arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Toniolo monsignor Mario Delpini ha introdotto la figura della co-fondatrice dell’Ateneo durante il primo di tre incontri (8 marzo, 1 e 29 aprile) verso la sua beatificazione il prossimo 30 aprile e la Giornata dell’Università Cattolica il 1° maggio intitolata “Con cuore di donna”.

Nell’introdurre l’intervista della giornalista del Corriere della sera Elisabetta Soglio all’Arcivescovo, il prorettore dell’Ateneo Antonella Sciarrone Alibrandi ha sottolineato la modernità di questa donna «con idee chiarissime sull’importanza dell’educazione, di una università pensata attorno a una visione dell’uomo, delle relazioni fra gli uomini, di un tessuto sociale saldamente radicato sull’antropologia cattolica». 

«Armida Barelli si è spesa in una vita difficile ma fermamente orientata verso la costruzione, passo dopo passo, di una serie di iniziative e istituzioni che si fondano su una fede profonda che le ha dato la capacità di capire fino in fondo il senso della dedicazione al Sacro Cuore di Gesù. Una scelta inconsueta a quel tempo, che noi abbiamo imparato a capire ogni giorno di più, coniugando ragione e fede, carità, realtà umana e affetto con le scienze e l’intelletto».

La Giornata per l’Università Cattolica sarà così dedicata al cuore attraverso padri e madri, fondatori e fondatrici, Padre Gemelli, Ludovico Necchi, Francesco Olgiati, Armida Barelli. 

«Sono stato colpito dalla forza di questa donna che aveva una grande “capacità di contagio”. La sua forza era la sua fede, la relazione con il Signore che l’ha convinta che aveva una missione da compiere» - ha continuato monsignor Delpini, parlando della responsabilità civile di cui lei era esempio -. In ambito politico e istituzionale, infatti, la Barelli voleva salvare la specificità delle donne come forze equilibratrici. 
Alla domanda della giornalista se il protagonismo femminile da allora sia oggi realizzato, l’Arcivescovo ha constatato che oggi «non ci sorprendiamo che ci sia una donna a capo di un ministero, o di una società, o di una facoltà universitaria. Piuttosto quello che non ha dato risultati significativi è che la società nel suo complesso sia una società in cui è desiderabile abitare per uomini e donne. Violenza, femminicidi, discriminazione delle carriere sono manifestazioni che dicono che c’è ancora molto da fare». 

Quello che sembra mancare oggi è la capacità femminile che Armida Barelli aveva tanto ben incarnato, «di essere una presenza costruttiva corale, che non si limita a protestare e rivendicare ma che propone dei percorsi. Armida non ha chiesto al Papa o all’arcivescovo o a Padre Gemelli, la sua presenza l’ha “imposta”, ha saputo creare una partecipazione e una convocazione che ha promosso delle azioni». Insomma, donne “locomotive”, per usare ancora un’espressione di monsignor Delpini, non vagoni.

Un riferimento alla situazione attuale era d’obbligo. Elisabetta Soglio ha interpellato l’Arcivescovo rispetto a quello che possiamo fare noi come cristiani in un momento di crisi e di guerra. Monsignor Delpini ha richiamato l’umanesimo della speranza come principio che fonda la vita dell’uomo. «C’è una voce che chiama, quella di Dio che interpella ciascuno promettendo una vita che meriti di essere vissuta. Non si aspetta che domani vada meglio ma ci si affida alla promessa di Dio che vale la pena di vivere, che c’è una missione da compiere, una felicità da desiderare. E poi ci sono altre voci che chiamano: il gemito dell’umanità e della natura. C’è una voce che chiama perché c’è una sofferenza che invoca aiuto.  L’umanesimo della speranza indica non solo la vocazione di Dio ad essere felice ma è la provocazione dei fratelli e delle sorelle che chiedono una consolazione, una prossimità, un essere “fratelli tutti”». 

Davanti agli scenari apocalittici della guerra, al di là delle trattative diplomatiche della comunità internazionale, i valori della solidarietà e della preghiera sono fondamentali per l’umanità. Oggi come al tempo di Armida Barelli che ha attraversato due guerre mondiali e le ha interpretate con un atteggiamento tripartito, come ha ricordato Antonella Sciarrone: «Prima di tutto la Barelli ha interpretato la guerra e la pace radicandole nella sua spiritualità rispondendo con la fede. Poi invitava tutti a comprendere, ad acquistare una consapevolezza con una lettura critica a partire dai principi della dottrina sociale della Chiesa. L’ultimo aspetto è l’invito alla carità, il fare un sacrificio con un atteggiamento volto alla condivisione e allo spirito caritativo. E tutto questo è ciò che la nostra università cerca di fare anche oggi con azioni concrete. È stato così con la proposta dell’adorazione eucaristica, con l’offerta di chiavi di interpretazione della guerra in questi giorni, con il sostegno alle iniziative della Caritas ambrosiana e con un ponte di accoglienza per gli studenti profughi che volessero studiare da noi».
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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