NEWS | La guerra in Europa

Le Chiese in Russia e in Ucraina: da centri del conflitto a ponti tra culture

06 maggio 2022

Le Chiese in Russia e in Ucraina: da centri del conflitto a ponti tra culture

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Come si può spiegare la guerra in Ucraina? "Perché tutto questo?" È la domanda cruciale e il titolo dei seminari organizzati nel Dipartimento di scienze linguistiche e letterature straniere del campus di Milano dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Il terzo appuntamento, "Le Chiese in Russia e Ucraina e l’ideologia del Russkij mir", ha approfondito il rapporto tra le chiese russe e ucraine, con la moderazione di Adriano Dell’Asta, docente di lingua e letteratura russa alla Cattolica, e gli interventi di Marta Carletti, ricercatrice per la Fondazione Russia Cristiana, dell’ex direttore del Žurnal Moskovskoj Patriarchii Sergej Čapnin e di padre Kirill Hovorun, teologo.

Già un secolo fa Michail Bulgakov poneva l’attenzione sul rapporto conflittuale tra le chiese ortodosse presenti in Ucraina: "Come finirà la proficua attività delle tre chiese? Con il distacco in massa dei fedeli e il ritorno nel baratro del più profondo ateismo”. L’auspicio di Dell’Asta è, invece, che proprio le chiese diventino «ponti e l’Ucraina un luogo di cerniera e incontro tra diverse tradizioni».

A condividere la funzione di guida nei percorsi della storia è anche Marta Carletti. Per la ricercatrice ripercorrere la nascita e l’ascesa delle metropolie di Mosca e Kiev significa dimostrare che l’azzeramento della cultura ucraina voluto dal presidente Putin viene smentito dai rapporti tra le due tradizioni e dalla «familiarità tra chiesa ortodossa russa e ucraina, con una ben precisa specificità del mondo ucraino». Ripercorrere a ritroso la storia significa riconoscere alcuni punti fondamentali: l’antichità di Kiev, l’apertura dell’Ucraina verso l’Occidente fin dai tempi dell’occupazione dei lituani nel 1362, la diversa afferenza di Mosca e Kiev fin dalla divisione della metropolia. Da un lato c’è la difesa gelosa del retaggio culturale con il mito di Mosca come “terza Roma”, dall’altro l’Occidente è lo stimolo ad accrescere il proprio livello culturale come avviene con la diffusione della stampa in ucraino fin dal Seicento. È la storia del millenario incontro e scontro tra due culture, di contaminazione e tentativi di ricerca di una natura specifica anche da parte ucraina con un’aspirazione indipendentista che diventa il seme del nazionalismo religioso. Con l’auspicio che proprio dalla chiesa possa esser ricostruito un ponte che già in un testo di Pavel Florenskij del 1906 veniva visto come “intransitabile”.

Il passato serve per far rivolgere lo sguardo dell’ex direttore della Rivista del Patriarcato di Mosca Sergej Čapnin al presente della chiesa russa e ucraina: «La comunità religiosa è in una situazione veramente complicata. Oggi la chiesa del patriarcato di Mosca ha copiato lo stile autoritario della politica e tutte le decisioni sono prese solo dal patriarca». Il giornalista denuncia l’azzeramento delle specificità reali delle chiese: «È un disastro; c’è una sorta di schiavitù nella federazione russa: negli ultimi sette anni abbiamo centinaia di preti che hanno criticato questa situazione». C’è dunque un’analogia tra la struttura verticale della chiesa russa e l’autoritarismo politico di Mosca e il rischio di scivolare verso l’autoritarismo è palpabile.

Con un presente incerto, diventa sempre più azzardato fare previsioni per il futuro. A pensarla così è anche il teologo ucraino padre Kirill: «La guerra finirà in qualche modo ma non sappiamo cosa ci aspetta. Ci sarà una nuova guerra fredda?». Un altro problema è la percezione della cultura russa, la cui grandezza e infallibilità ben si addice all’ideologia del Russkij mir. La percezione unicamente sentimentale - «un’aurea di bellezza che ha incantato molti studiosi e lettori» - è irrealistica. La guerra è un’esaltazione del senso di sacrificio ortodosso e un’occasione per ripensare con senso critico lo stereotipo ortodosso di possedere la verità. La soluzione proposta è il cambiamento di prospettiva nell’ottica di una metanoia: «Credo che sia ora di svegliarsi e avere una visione più realistica». Il futuro diventa più visibile solo con questa operazione di ripensamento dell’idea di grande anima russa. Anche Dell’Asta invita a «smettere di contrapporre le grandezze ideali della Russia alle miserie reali dell’Occidente». Solo in questo modo si evita una mentalità aggressiva basata su un’autoreferenzialità che esclude l’altro, una «pretesa di un’autonomia, di una totale centratura dell’uomo su se stesso, che diventa nichilismo allo stato puro mascherato sotto l’idea della grandezza spirituale».

Per cogliere la sfida lanciata dalla Russia occorre ripensare questo schema autoreferenziale, evitare sia l’aggressione che l’arrendevolezza e percorrere una sorta di terza via fatta di convivenza e accettazione.

 


Photo by Chris Linnett on Unsplash

Un articolo di

Eleonora Bufoli

Scuola di giornalismo

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