Sul tema di Dio è intervenuto l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che è partito dalla sua esperienza pastorale di incontro con i giovanissimi che gli pongono domande su Dio: come fidarci di Dio quando tutto va male, come si percepisce la vicinanza di Dio quando le cose sono difficili, perché Dio permette la morte di un ragazzo, perché Dio non lo vediamo? L’arcivescovo ha colto in queste domande tanto umane l’assenza di Gesù, sembra che Gesù non c’entri con Dio. «La dimensione spirituale diventa un anestetico. Il futuro è minaccioso e allora si ricerca una manifestazione a dimensione spirituale che promette di essere consolatoria e rassicurante. Ci si costruisce un’idea e un’aspettativa in cui Gesù non c’entra. Eppure, Dio nessuno lo ha mai visto, ma è il Figlio che lo ha rivelato. È Gesù il punto di forza e di partenza per parlare di Dio. In tal senso anche l’Università ha il compito di favorire un percorso sull’incontro storico con Gesù a cui si accede attraverso il Vangelo, la carità fraterna e la celebrazione liturgica». L’arcivescovo ha quindi ribadito che Dio è un incontro prima che una domanda per cercare la rassicurazione alla propria fragilità. «Non siamo noi che cerchiamo Dio, ma è Dio che ha cercato noi e ci invita alla condivisione della vita del Figlio Gesù».
Sull’allontanamento dei giovani dalla fede, dalla Chiesa, da Dio, la sociologa Cristina Pasqualini ha offerto una serie di dati e statistiche ricavate dai questionari a 100 giovani dai 18 ai 29 anni riportati nelle pubblicazioni dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. Emerge un quadro sconcertante. Sono sempre di più i giovani che si definiscono atei e cresce anche la percentuale femminile che si allontana dalla vita ecclesiale. Nel 2023, cattolici e atei si equivalevano, intorno ciascuno al 31% del campione. Inoltre, dal 2013 al 2023, in 10 anni, le giovani donne cattoliche che hanno detto di essere cattoliche sono quasi dimezzate, dal 56% al 32,7%.
Tuttavia, Anche, ha notato la sociologa, «l’allontanamento dalla Chiesa-istituzione non coincide con l’allontanamento da Dio, con cui il rapporto prosegue in esperienza personale e intima».
Ha preso infine la parola il teologo monsignor Pierangelo Sequeri che ha condiviso tale analisi con il rammarico che la Chiesa non ha saputo cogliere la sfida culturale dell’analfabetismo religioso. Se nell’antichità la prova dell’esistenza di Dio era affidata alla metafisica, oggi necessita non tanto di prove filosofiche ma di dimostrazione affettiva. «Vogliamo convincere il mondo della bontà della fede, e lo facciamo solo con la razionalità, accantonando la fede, non comprendendo che la fede senza metafisica è niente. Del resto, il fermento culturale in Occidente è dovuto al Vangelo, la metafisica è venuta dopo. La realtà è che Gesù è l’unica salvezza». Con riferimento al suo libro “Addio a Dio” (Centro Ambrosiano) ha evidenziato l’importanza di tornare alla “compatibilità cristologica” che vede il discorso su Dio attraverso Gesù e il Vangelo. «Gesù, infatti, è l’unico fondamento a cui aggrapparsi. Gesù mi difende anche da Dio. Gesù è l’unica salvezza, e non sono io». Per questo «i segni del cristianesimo sono segni di salvezza a condizione dalla nostra disponibilità ad essere reclutati nella squadra del Messia». Di qui la conclusione della bellezza del commuoversi pensando all’esistenza di Dio che si manifesta in Gesù.
L’immagine conclusiva sul dibattito l’ha offerta il moderatore dell’incontro, Roberto Righetto, coordinatore della rivista “Vita e Pensiero”, che - in tema di religione e potere - ha ricordato che «Dio non siede sul trono ma si inginocchia ai piedi di ciascuno».