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Violenza contro le donne, la Convenzione di Istanbul a dieci anni dalla sua entrata in vigore: un primo bilancio

08 marzo 2024

Violenza contro le donne, la Convenzione di Istanbul a dieci anni dalla sua entrata in vigore: un primo bilancio

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A distanza di quasi dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione sulla prevenzione il contrasto alla violenza contro le donne e la violenza domestica del Consiglio d'Europa, meglio nota come Convenzione di Istanbul, appare opportuno formulare un primo bilancio della portata di tale fonte nell’ordinamento internazionale.

Il tema è stato al centro della lezione aperta di diritto internazionale, che ha coinvolto congiuntamente le facoltà di Giurisprudenza e di Scienze politiche e sociali, tenutasi lo scorso mercoledì 6 marzo. L’incontro è stato organizzato nell’ambito del ciclo “L’ordinamento internazionale in tensione”, curato dal professor Gabriele Della Morte.

Sono intervenute sulla tematica Sara De Vido e Micaela Frulli, professoresse di diritto internazionale e curatrici del volume “Preventing and Combating Violence Against Women and Domestic Violence: A Commentary on the Istanbul Convention” (Elgar Publishing, 2023), le quali hanno presentato agli studenti e alle studentesse una lucida analisi giuridica della Convenzione e delle attuali problematiche strutturali del fenomeno della violenza di genere.

La Convenzione di Istanbul, conclusa nel 2011 ed entrata in vigore nel 2014, costituisce un valido e completo strumento giuridico volto a proteggere la donna da diverse forme di violenza (fisica; sessuale; psicologica; economica).

Nel corso della lezione, è emerso come il punto di forza della Convenzione risieda nel suo approccio olistico, che consente di comprendere – e dunque affrontare – il fenomeno della violenza di genere contro le donne e la violenza domestica nella sua complessità. La Convenzione dedica particolare attenzione a profili di intersezionalità e alla tutela delle vittime, in particolare quella dei soggetti maggiormente vulnerabili, come donne migranti e minori. In aggiunta, l’approccio descritto comporta una completa eliminazione della distinzione tra dimensione “pubblica” e dimensione “privata” della violenza contro le donne, imponendo precisi obblighi agli Stati in relazione alla prevenzione e alla repressione della violenza in ogni contesto.

Soffermandosi sul contenuto della Convenzione, quest’ultima si basa su quattro pilastri: prevenzione, protezione, repressione e politiche integrate.

Per quanto concerne il primo, lo scopo è quello di sradicare le cause strutturali della violenza contro le donne, intervenendo in ambito educativo e formativo.

Con riguardo al secondo, la Convenzione introduce misure concrete volte a proteggere la vittima di violenza, imponendo agli Stati la creazione di servizi di supporto generali e specializzati.

Il terzo pilastro stabilisce l’obbligo di criminalizzare le diverse forme di violenza che ricadono nell’ambito della nozione contenitore di “violenza contro le donne” e di introdurre adeguati strumenti investigativi e repressivi nella legislazione nazionale.

Con il quarto, la Convenzione richiama la necessità di adottare politiche integrate, globali e coordinate, promuovendo il dialogo tra i diversi attori istituzionali e non coinvolti.

Infine, la recente adesione dell’UE alla Convenzione apre nuovi scenari in materia. Nonostante le criticità sollevate nel corso del travagliato processo di adesione, non si può ignorare come tale iniziativa possa contribuire in futuro a una maggiore effettività delle norme convenzionali e a un rigoroso rispetto delle stesse, al fine di poter contrastare efficacemente il fenomeno della violenza di genere in tutte le società dei ventisette Stati membri.

Un articolo di

Francesca Sironi De Gregorio e Riccardo Ricchetti

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