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Trump, Biden e l’assalto a Capitol Hill: ecco che cosa sta accadendo negli Usa

07 gennaio 2021

Trump, Biden e l’assalto a Capitol Hill: ecco che cosa sta accadendo negli Usa

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L'assalto del 6 gennaio dei sostenitori di Donald Trump al Congresso degli Stati Uniti, cuore della democrazia Usa, è un evento senza precedenti nella storia americana. Un centinaio di manifestanti, alcuni armati, sono arrivati nelle aule dove si riuniscono Camera e Senato per impedire la ratifica della vittoria presidenziale di Joe Biden, formalità completata all'indomani dell'attacco. Il presidente uscente – al momento dell'assalto ancora in carica – ha incoraggiato i manifestanti e successivamente, pur invitandoli ad abbandonare il Campidoglio, non ha espresso alcuna parola di condanna.

Nel corso della sparatoria avvenuta tra gli assalitori e le forze di polizia una donna è rimasta uccisa ma si teme che il conto delle vittime possa essere più alto (secondo la polizia di Washington ci sono state altre tre morti nei dintorni ma non è chiaro se collegate direttamente all’attacco).

Il giorno dopo l'assedio di Capitol Hill tutti gli osservatori si interrogano sulle ripercussioni di un atto che è destinato a cambiare per sempre la politica americana agli occhi del mondo. Le analisi dei docenti dell'Università Cattolica.

Un articolo di

Redazione

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Secondo il professor Marco Lombardi, direttore del Centro di ricerca Itstime, l'assalto sarà una vulnerabilità enorme per tutto il mondo.

«Trump, il fautore di quanto accaduto, ha pensato di trarre vantaggio dalla esplosione innescata da una lunga minaccia cominciata presidenze addietro. E tutto ciò non ha nulla a che fare con le vicende elettorali americane recenti: è il risultato di un mondo sempre più radicalizzato al quale mancano leadership adeguate di governo».

«L'attacco a Capitol Hill – conclude - si dispiegherà come un'ombra nera sulle possibilità di governo pacifico del mondo globale. Quel mondo in cui l'America è chiamata a svolgere un ruolo da pivot. Che oggi ha drammaticamente messo in crisi. L’assalto ha creato un problema all’America alla quale, un po’ salvificamente, avevamo affidato il governo del mondo, e conseguentemente a tutti noi: che saremo chiamati a rimboccarci le maniche».

assalto a capitol hill

E adesso cosa potrebbe succedere? Secondo il direttore dell'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) Vittorio Emanuele Parsi, «la conseguenza più improbabile è una procedura di impeachment contro Trump anche se ci potrebbero essere i tempi tecnici e per alcuni aspetti pure gli estremi. La mia sensazione è che si cercherà una forma per metterlo sotto 'tutela informale'».

«Scatenando la folla contro il Congresso, Trump, che è il primo magistrato della Repubblica, ha perso perché tutto questo non ha portato a nulla se non alla chiusura di tutte le istituzioni verso il gesto eversivo. In questi 15 giorni è necessario che il presidente uscente “non tocchi palla” - opzione che conviene perfino a lui – altrimenti l'alternativa è appellarsi al 25esimo emendamento. E va messo sotto tutela anche sul fronte internazionale».

«L'elemento su cui si può contare è la lealtà delle Forze Armate alla Costituzione. Trump potrà anche scatenare i suoi sostenitori come se fosse un Lukashenko qualunque ma i militari hanno manifestato in più di un'occasione, pubblicamente, la loro indisponibilità a farsi trascinare sia in querelle politica che, a maggior ragione, in rotture costituzionali».

«Ma gli Stati Uniti restano un Paese spaccato ed è un Paese in cui la violenza corre, non dobbiamo pensare che tutto sia finito con gli eventi del 6 gennaio. La violenza – avvisa Parsi - potrebbe andare avanti anche dopo il giorno dell'insediamento di Biden e potrebbe colpire anche molto in alto. Dobbiamo stare tutti molto attenti».

professor Parsi

Per Gianluca Pastori, docente di Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa, i fatti di Washington «sono l’esito estremo della campagna di delegittimazione degli esiti del voto che il Presidente uscente ha portato avanti ancora prima che le elezioni dello scorso novembre avessero luogo. Più in generale, esse sono il prodotto della polarizzazione che ormai da diversi anni accompagna la vita politica statunitense e che, nei quattro anni dell’amministrazione Trump, è aumentata in maniera significativa».

«Negli ultimi anni, il Presidente ha dato voce - nel bene e nel male - a una fetta importante di opinione pubblica che non solo non si sente rappresentata dal mondo politico ‘tradizionale’ ma che, più a fondo, verso questo mondo e i suoi ‘riti’, nutre una sostanziale sfiducia. Gestire questa sacca di scontento è, forse, la sfida maggiore che l’amministrazione Biden dovrà affrontare, tenuto conto anche delle dimensioni che essa sembra avere raggiunto, sia in termini quantitativi, sia di portata della sfida che è capace di portare al ‘sistema’. I prossimi quattro anni non saranno, quindi, facili per né il nuovo Presidente né per un Paese la cui ‘traversata del deserto’ sembra essere appena cominciata».

Con Trump la polarizzazione della vita politica americana è aumentata in maniera significativa

Gianluca Pastori

Dopo la protesta antirazzista sorta in seguito alla morte di John Floyd, a distanza di sette mesi Washington D.C. è stata di nuovo colpita da una contestazione di massa stavolta contro l’esito delle elezioni presidenziali. Ma la folla di migliaia di persone sulla Pennsylvania Avenue che si è assiepata davanti al Campidoglio il 6 gennaio da chi era composta? L’abbiamo chiesto a Cristina Bon, docente di Storia delle istituzioni politiche.

I manifestanti sono prima di tutto repubblicani, di quella parte del partito che ha legittimato e continua tuttora a legittimare il presidente Trump

Cristina Bon

Ma quale influenza potrà avere sull’Europa l’attacco a Capitol Hill? La critica aperta alle democrazie liberali che si è fissata nelle immagini di Washington di questi giorni si presta alla creazione di nuovi spazi da parte delle forze di una nuova destra radicale anche in Europa. Nel podcast le riflessioni del professor Damiano Palano, docente di Scienza politica.

Il racconto dei media italiani

Secondo il professor Massimo Scaglioni, docente di Storia dei media in Cattolica, i media italiani, salvo qualche eccezione, si sono fatti trovare impreparati nel racconto "live" di quanto stava succedendo a Washington. «Se i canali all-news hanno svolto bene il loro compito altrettanto non si può dire della tv generalista che forse ha un po' sottovalutato i fatti. La cronaca è stata affidata a talk di intrattenimento già previsti e non ci sono state edizioni straordinarie. Questo è frutto di un circolo vizioso: gli italiani non sono particolarmente interessati ai temi di politica estera, le emittenti non investono dedicando tempo e ospiti di qualità e di conseguenza il pubblico è sempre più impreparato e disinteressato a ciò che succede nel mondo».

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