Forse non tutti sanno che i muri parlano. E cosa raccontano? La vita di civiltà antiche che una dopo l’altra si sono succedute nel corso dei secoli. I muri sono le schede di memoria che nessuna operazione online potrà cancellare, sopravvissuti - se pure a volte in piccole porzioni - a guerre, distruzioni, calamità naturali. Come nel caso di Cavellas (da cui prende il nome la Val Cavallina), l’area archeologica del Comune di Casazza (BG), dove si è concluso da pochi giorni il terzo scavo condotto dagli archeologi dell’Università Cattolica, guidato da Federica Matteoni, ricercatrice, direttore tecnico dello scavo e conservatrice della stessa area.
Scoperto per caso nel 1992 durante i lavori per l’edificazione di un supermercato, il sito è oggi collocato proprio sotto il complesso commerciale con accesso dal parcheggio in via Nazionale 47. Un luogo di oltre 1000 metri quadrati, oggi musealizzato e protetto, dove grandi e piccoli possono passeggiare osservando le strutture murarie di comunità vissute tra il I e il V secolo d.C. in un’area posta a breve distanza dalla via Nazionale dove, forse, in epoca romana scorreva l’antica strada di passaggio della valle.
L’eccezionalità della scoperta è data dalla perfetta conservazione del sito dopo il V secolo, sigillato sotto le numerose alluvioni del torrente Drione che ha formato un deposito di argilla, sabbia e ghiaia dello spessore di circa quattro metri. Questo ha permesso di ritrovare i resti materiali della comunità originaria che documentano l’allevamento del bestiame, la coltura dei cereali, la tessitura domestica della lana. I resti dei muri, i piani pavimentali, i focolari, il vasellame e le pentole da cucina attestano l’esistenza del villaggio costituito da case attigue.