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Alla scoperta del villaggio romano “Cavellas”

26 giugno 2024

Alla scoperta del villaggio romano “Cavellas”

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Forse non tutti sanno che i muri parlano. E cosa raccontano? La vita di civiltà antiche che una dopo l’altra si sono succedute nel corso dei secoli. I muri sono le schede di memoria che nessuna operazione online potrà cancellare, sopravvissuti - se pure a volte in piccole porzioni - a guerre, distruzioni, calamità naturali. Come nel caso di Cavellas (da cui prende il nome la Val Cavallina), l’area archeologica del Comune di Casazza (BG), dove si è concluso da pochi giorni il terzo scavo condotto dagli archeologi dell’Università Cattolica, guidato da Federica Matteoni, ricercatrice, direttore tecnico dello scavo e conservatrice della stessa area.

Scoperto per caso nel 1992 durante i lavori per l’edificazione di un supermercato, il sito è oggi collocato proprio sotto il complesso commerciale con accesso dal parcheggio in via Nazionale 47. Un luogo di oltre 1000 metri quadrati, oggi musealizzato e protetto, dove grandi e piccoli possono passeggiare osservando le strutture murarie di comunità vissute tra il I e il V secolo d.C. in un’area posta a breve distanza dalla via Nazionale dove, forse, in epoca romana scorreva l’antica strada di passaggio della valle.

L’eccezionalità della scoperta è data dalla perfetta conservazione del sito dopo il V secolo, sigillato sotto le numerose alluvioni del torrente Drione che ha formato un deposito di argilla, sabbia e ghiaia dello spessore di circa quattro metri. Questo ha permesso di ritrovare i resti materiali della comunità originaria che documentano l’allevamento del bestiame, la coltura dei cereali, la tessitura domestica della lana. I resti dei muri, i piani pavimentali, i focolari, il vasellame e le pentole da cucina attestano l’esistenza del villaggio costituito da case attigue. 
 

 

Da un intervento di scavo di emergenza del 1986 a breve distanza dall’attuale area musealizzata, erano state portate alla luce delle strutture murarie interpretate come mansio di età romana. Con lo scavo del 1992 è stato poi identificato un villaggio del I secolo d.C. di cui ci sono tracce fino al V, quando è stato abbandonato improvvisamente a causa di alluvioni ed esondazioni dei fiumi e torrenti limitrofi.  «I primi scavi nel 92 hanno portato alla luce materiale ceramico da mensa come olle, coperchi, tegami, segno di piccole attività artigianali legate ad ambienti domestici come una piccola macina in porfido per cereali – ha spiegato Matteoni –. Inoltre, si ipotizza la presenza di pali lignei per sostenere impalcati o tettoie, grazie alle tracce in negativo di buchi di palo. La strategia di scavo di allora aveva previsto di asportare depositi stratigrafici in corrispondenza dei punti di posizionamento dei pilastri, attraverso scavi di saggi dentro gli ambienti. I crolli hanno evidenziato la copertura dei tetti in tegole e coppi, mentre le pavimentazioni sono costituite da stesure in ghiaia e ciottoli o da un livello di malta su acciottolato».
All’interno delle abitazioni, insieme a numerosi focolari, sono stati identificati spazi dedicati alla macellazione e alla tessitura.

Lo studio dell’area nel 2021 ha avuto una svolta grazie a un accordo tra Museo Cavellas di Casazza, Comune di Casazza e Università Cattolica sede di Milano e sono stati indagati alcuni ambienti, tra cui una casa con il pavimento in pietra, già scavati e musealizzati. Nella campagna di maggio 2022 si sono aperte nuove aree di scavo per indagare nuovi settori del villaggio romano, scavi continuati nel mese di maggio 2024 per portare avanti un’indagine sistematica dei depositi ancora sigillati dai crolli degli edifici in modo da scandire in maniera completa e dettagliata l’evoluzione cronologica dell’insediamento di Cavellas. 

A questo scavo hanno partecipato archeologi professionisti, docenti universitari, dottorandi, specializzandi e specializzati alla Scuola in Beni archeologici dell’Ateneo, cinque studenti della laurea triennale in Scienze dei beni culturali e della magistrale in Archeologia e storia dell’arte che hanno svolto anche attività di formazione come campo scuola archeologico. 
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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