Era il 16 febbraio 1923 quando venne aperta la camera funeraria di Tutankhamon. La tomba del faraone egiziano era rimasta inviolata dal XIV secolo a.C. Ad aprire i sigilli fu l’archeologo Howard Carter, che il 4 novembre del 1922 scoprì l’accesso alla faraonica sepoltura nella Valle dei Re, nel cuore dell’Egitto faraonico, sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Luxor, l’antica Tebe. Il professor Giorgio Baratti, docente di Metodologia della ricerca archeologica alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Cattolica, ci racconta la scoperta e ci spiega l’importanza della scoperta: la più celebre della storia dell’egittologia e una delle più rilevanti dell’archeologia mondiale.
Nel pomeriggio del 16 febbraio del 1923, in una stretta anticamera sotterranea sulla riva sinistra della media Valle del Nilo stava andando in scena un evento destinato a marcare una sorta di spartiacque nella disciplina archeologica e a segnare in modo indelebile il rapporto tra l’uomo moderno e il suo passato.
La stanza era stata preparata con molta cura quasi a voler riprodurre l’effetto di una piccola sala cinematografica, uno di quei luoghi di socializzazione e d'incontro dove, almeno dall’inizio del secolo in America e in Europa, prendeva forma la vita immaginativa di milioni di persone.
Qui la piccola sala era però ben diversa dallo scenario brulicante e chiassoso dei nuovi monumentali edifici di spettacolo dove le grandi storie del passato scorrevano nelle scene, fastose e improbabili, di kolossal in costume; una ventina di illustri spettatori, membri del governo e scienziati, aveva preso posto in file serrate di sedie rivolte verso una porta murata contornata da due statue disposte a sentinella.
Quello che stava dunque andando in scena era la “cerimonia” di apertura della camera sepolcrale di una tomba egizia della Valle dei Re. Questa tomba aveva una caratteristica molto particolare per quel contesto, qualcosa di unico che tanti ricercatori avevano inseguito per più di un secolo. L’inglese Howard Carter, dopo anni di ostinate ricerche aveva infatti scoperto la tomba di Tutankhamun praticamente intatta, preservata da azioni predatorie antiche e moderne.
Sono diversi e sfaccettati i fili dei percorsi che si sono dipanati nell’arco dei cento anni dall’impatto di quell’evento; tra questa congerie di temi e significati, la ricorrenza offre lo spunto per riflettere su quanto la scoperta e le sue ricadute abbiano inciso sull’Archeologia, sui suoi metodi e strumenti, sul rapporto con il contemporaneo e in pratica sui suoi stessi significati.
Uno degli obbiettivi primari dell’Archeologia moderna è quello di procedere con metodo scientifico per ricostruire e raccontare storie, un crogiolo di piccole e grandi storie, di percorsi anche brevi, interrotti, a volte sincopati che si snodano attraverso grandi scenari, opere eccelse, umili tracce e piccole impronte che concorrono a ricostruire, anche se per brevi tappe, la nostra Storia.