Futuro, paura, viaggio. E prospettiva. Sono queste le parole che emergono, fulgide, dall’incontro con Cesare Cremonini nell’evento dedicato agli studenti in vista della 99ᵃ Giornata per l’Università Cattolica, che si celebrerà domenica 23 aprile. La prima parola che risuona nell’aula Gemelli è cristallizzata nel titolo stesso dell’evento, “I ragazzi del futuro”: un link diretto con il settimo album del cantautore bolognese. L’ultima, Cremonini la estrae dal cilindro rispondendo alle numerose domande poste dagli studenti, che per l’occasione hanno gremito l’aula più grande del campus milanese. «Prospettiva è una parola importantissima», racconta. «Lavorare in prospettiva dà grande insicurezza ma è uno dei segreti di chi, fin da giovane, ha iniziato a fare qualcosa e dopo tanti anni si ritrova nella posizione che aveva sognato. Al contrario, lavorare unicamente sul presente è un danno gigantesco al concetto stesso di arte. Un artista ha il diritto di fare un disco orribile, di perdersi e poi di ritrovarsi. Io ho iniziato con un grande successo; poi, quando mi sono separato dai Lunapop, ho vissuto un grandissimo insuccesso, che è durato dieci anni. Anni difficili, con una pressione feroce. Però ho creduto nella prospettiva: oggi le canzoni scritte in quegli anni sono quelle che vengono cantate di più da migliaia di persone, ai miei concerti negli stadi. Anziché guardare la cornice che avevo davanti, ho creduto che la cornice un giorno sarebbe tornata perfettamente in linea con me».
Nelle parole di Cremonini, come nei testi dei suoi più grandi successi, le emozioni si susseguono. E si leggono limpidamente negli occhi attenti degli studenti, ai quali Cesare si è donato con grande generosità. Nel dialogo con la giornalista del Tg1 Giorgia Cardinaletti, il singolo più citato è quello che dà il titolo all’ultimo album, La ragazza del futuro. Seguito dal secondo estratto dal precedente album, Nessuno vuole essere Robin. «La paura di fallire, di sbagliare un rigore (dice, parafrasando una delle strofe più celebri della canzone, ndr), è una costante della mia vita. Anche oggi che ho raggiunto risultati che dovrebbero darmi una certa sicurezza, io ho paura: di sbagliare, di rovinare tutto, di deludere, ho paura che la pigrizia mi tolga la passione. Quindi ho lavorato tantissimo per restare sul binario della vita. Il lavoro più difficile che faccio, ancora oggi, è quello di concedermi di sbagliare, ma sapendo sempre dov’è casa e non dimenticando mai che quando mi sto perdendo è ora di tornare». «Molte delle sue canzoni hanno accompagnato la mia vita», racconta Fausto Colombo, prorettore con delega alla Comunicazione, introducendo l’incontro promosso dall’Università Cattolica e dall’Istituto Giuseppe Toniolo, l’ente fondatore dell’ateneo. «Mi piace l’idea che in un’università molto attenta alla tradizione culturale si faccia cultura alta mescolando le istanze più diverse. Quella di Cremonini non è certamente musica leggera. La commistione tra cultura alta e cultura popolare è esattamente ciò che viviamo».