C’è chi è contento di partecipare, e chi vuole vincere. Cristina Chirichella fa parte del secondo gruppo. Capitano della Igor Volley, studentessa di Scienze motorie e dello sport nella sede milanese dell’Università Cattolica e atleta del programma Dual Career fin dal primo anno, a soli 27 anni Cristina ha già conquistato scudetto, Champions League, Supercoppa italiana e tre volte la Coppa Italia. Tutto con Novara, la sua seconda casa dopo i Colli Aminei.
Il bersaglio più grande, però, sono le Olimpiadi. Che per Cristina non sono una novità. Ma se ai tempi di Rio 2016 aveva solo 22 anni, oggi ha l’età giusta – e la squadra – per arrivare fino in fondo. «Le aspettative sono molto alte – racconta, poche ore prima di partire per Tokyo – Abbiamo passato anni portando risultati, competendo con le squadre al vertice della pallavolo mondiale, dunque è ovvio che sia così. E infatti sono alte anche le richieste nei nostri confronti. Arrivati a questo punto, dobbiamo eliminare le tensioni, concentrarci al cento per cento sull’obiettivo».
Dopo aver indossato la medaglia d'argento al mondiale 2018 e quella di bronzo al campionato europeo 2019, l’obiettivo è difficile da nascondere. «Prepararsi per le Olimpiadi – spiega – vuol dire lavorare per quattro anni. In alcuni casi, per una vita intera. È stato strano vederle spostare a causa della pandemia, ma abbiamo avuto un anno in più per prepararci. Questa non sarà un’Olimpiade normale, ma viene vissuta come un barlume di speranza e di riavvicinamento alla pratica sportiva. Un nuovo inizio di quotidianità».
Senza mai scomodare parole troppo grandi, scaramanticamente, le chiediamo però cosa farebbe nel caso in cui quell’obiettivo fosse a portata di mano. «Sono disposta a fare di tutto per arrivare lì. Potessi giocare la finale, sarebbe qualcosa di unico. Per farlo, dovremo dare importanza a ogni dettaglio, gestire al meglio le emozioni».
Calma, però. Prima ci sono i gironi, e l’Italia nel Pool B trova un vero e proprio girone di ferro. C’è la Cina detentrice del titolo olimpico, gli Stati Uniti, la Turchia di Giovanni Guidetti, la Russia e l’Argentina. «Chi temere? – sorride – Tutto il girone! Le 12 squadre qualificate sono di altissimo livello. Qualificarsi in Europa ormai è difficile. E in più ci sono i top team degli altri continenti, una lotta all’ultimo sangue».
Per uscirne in piedi, quel sangue deve rimanere freddo. Cristina lo sa bene. E allora, cosa portare a Tokyo delle lezioni e delle ore passate studiare in Cattolica? «Nella gestione delle emozioni quello che ho imparato mi aiuterà tantissimo – risponde – Penso all’esame di Psicologia generale e attività motorie, per esempio. Ma anche alle fasi di recupero dopo le partite, all’utilizzo non solo del riposo ma anche dell’alimentazione. Insomma, alle situazioni che prima, quando ero solo un’atleta, non consideravo con molta importanza». Perché in fondo, la differenza la fanno sempre i dettagli. Anche quando ti aspetta un girone di ferro, e un sogno olimpico.