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Dal transumanare di Dante al transumanesimo di oggi

01 aprile 2022

Dal transumanare di Dante al transumanesimo di oggi

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“L’uomo gioca a fare Dio”, diceva Hannah Arendt. Eugenetica embrionale, miglioramento psichico e cognitivo, meccanico, fisico e chimico, criogenizzazione, allungamento di telomeri, cyborg. Tutti termini che indicano prospettive futuribili intorno all’essere umano e che le scienze stanno indagando da decenni. Dagli anni Cinquanta del secolo scorso, infatti, si parla di transumanesimo, ovvero un movimento culturale, intellettuale e scientifico secondo il quale abbiamo il dovere morale di migliorare le capacità fisiche e cognitive della specie umana. Tutto questo attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie perché vengano eliminati gli aspetti indesiderabili della vita come la sofferenza, la malattia, la vecchiaia e perfino la condizione di essere mortali.

Scenari inquietanti, ma che certamente alimentano la sete di conoscenza dell’uomo, si stagliano all’orizzonte dell’umanità. E sulle implicazioni e ricadute in ambito fisico, psicologico, morale, sociale, giuridico si interroga continuamente la bioetica. In Università Cattolica il Centro di ricerca sulla filosofia della persona Adriano Bausola, diretto dal filosofo morale Adriano Pessina, ha proposto una riflessione in merito giovedì 31 marzo con la lectio di Elena Postigo Solana, professoressa di Bioetica presso l’Università Francisco de Vitoria a Madrid, direttrice dell’Istituto di Bioetica della stessa università, membro del CrifipAB della Cattolica e membro dell’Accademia Pontificia per la Vita.

«Lo human enhancement sta diventando un’ideologia, il corpo una res plasmabile - ha dichiarato Alessandra Papa, docente di Filosofia della persona dell’Università Cattolica, che ha introdotto l’evento -. Il dibattito etico oggi è molto vivace e ancor più per il preoccupante connubio tra medicina riproduttiva e ingegneria genetica. Il potenziamento umano forse cela un ego prometeico dell’uomo e sta diventando il pretesto per affrancarsi dalla natura e dai suoi vincoli, descrivendo un orizzonte dove tutto sembra essere lecito nel nome dell’autodeterminazione individuale sotto la bandiera della tecnologica migliorativa». 

«Si stanno slabbrando i confini tra salute e malattia, tra normale e patologico, si altera lo scopo stesso della medicina, della terapia, della giustizia sociale - ha continuato la docente». Su queste questioni aperte si è sviluppato l’intervento della professoressa Elena Postigo Solana che ha tratteggiato la storia del transumanesimo e ne ha definito le tre finalità: alterare la natura umana, migliorarla e allungare la sua esistenza. «Super intelligenza, super benessere e super longevità sono anche gli obiettivi della medicina tradizionale, ma nel caso dello human enhancement ci si spinge molto oltre - ha spiegato la professoressa -. Si passa dall’essere transumano, ossia l’umano in fase di transizione, nato da umani e con capacità naturali ampliate, al postumano, ovvero un essere le cui capacità eccedono l’umano (una chimera, un computer, un cyborg…). Queste derive delle biotecnologie applicate alla scienza implicano l’alterazione dei processi naturali del corpo e della mente umani per migliorare le sue capacità naturali». 

Questo cambia anche l’obiettivo della terapia medica che non sarebbe più quello di curare l’organo malato ma di potenziare quello sano. Con implicazioni inquietanti come l’eugenetica, il possibile rifiuto della disabilità e quindi la sua non dignità di sussistere, la liceità di interventi genetici sugli embrioni e così via.

L’idea che si cela dietro il transumanesimo è la “bioideologia” che mette a fuoco aspetti biologici, come la corporeità migliorata, un neo-gnosticismo tecno-scientifico, e alla fine una trasposizione materialista del desiderio di immortalità. 

Anche il concetto tradizionale di felicità verrebbe profondamente modificato dall’utopia del progresso illimitato della scienza che mira alla perfezione fisica. Solo che non è possibile raggiungere la felicità della persona semplicemente attraverso l’incremento qualitativo del corpo biologico. Senza contare le derive giuridiche che questa visione potrebbe portare con sé nella misura in cui chi non è perfetto potrebbe non avere diritto di vivere.

«La bioetica deve affrontare i problemi in forma concreta tenendo conto dei dati scientifici, dei dati antropologici con responsabilità per le generazioni future» - ha spiegato la bioeticista, alludendo a fatti reali come la terapia genica e la nanotecnologia applicata al corpo umano, e fatti verosimili per ora ancora utopici come la rivitalizzazione dopo la criogenizzazione o l’interfaccia tra cervello e computer e i nanoimpianti cerebrali. 

«Nelle prossime decadi si produrrà l’incrocio di tecnologie convergenti e sviluppo di quattro rami: la genetica, la neuroscienza, l’intelligenza artificiale e la nanotecnologia» con tutte le derive che sono state accennate. Occorre avere una “coscienza critica dell’era tecnologica”, parafrasando il professor Adriano Pessina, e rispettare il principio primum non nocere. «Ogni intervento dovrebbe operare per l’integrità della persona, la salute e la vita nel rispetto della sua dignità, senza discriminare le persone con disabilità, salvaguardando la coscienza, la libertà, l’identità, la privacy, la giustizia e l’equità».

In conclusione Elena Postigo ha evidenziato i punti che andrebbero salvaguardati per affrontare le questioni bioetiche esistenti e che si porranno in futuro: il passaggio dal paradigma del dominio della vita umana al paradigma della vita come un dono che merita cura e interdipendenza; la necessità della formazione e della riflessione nella scienza, nella filosofia e nella bioetica; il superamento della frammentazione del sapere e una ragione aperta alla metafisica e alla trascendenza; la dimensione sapienziale e la riflessione prudenziale unite alla ragione tecnico strumentale della scienza e della tecnica; una bioetica aperta alla trascendenza e all’orizzonte teologico.

Forse, ci si può ispirare alle origini della parola transumanesimo che ha radici ben più longeve di quanto si pensi. Infatti, è stata introdotta da Dante nella Divina Commedia quando parla di un transumanare di Beatrice, cioè della visione beatifica del suo volto su cui risplende il sole.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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