La Diplomazia culturale come elemento di Soft Power, cioè l’abilità di un Paese di essere attrattivo sulla scena internazionale grazie ai suoi valori e ideali, la sua Cultura e la sua politica estera e interna, diventa efficiente quando il sistema culturale nazionale si inserisce in un sistema di economia della cultura. «La Cultural Diplomacy ha sempre avuto una sua dimensione chiaramente economica -ha sottolineato Giulio Terzi di Sant’Agata, Ministro degli Affari Esteri durante il Governo Monti e Rappresentante Permanente presso le Nazioni Unite-. Diplomazia culturale e “soft power” devono essere per l’UE, una irrinunciabile manifestazione di libertà degli artisti, degli scrittori, dei registi. Questa visione si collega alla sfera economica sempre sul terreno delle libertà: di mercato, di impressa e rispetto delle norme del diritto internazionale».
Oltre alla necessaria cooperazione tra la sfera culturale e quella economica occorre dare anche una dimensione etica alle azioni di Cultural Diplomacy: «L’UNESCO è nata proprio per contribuire al mantenimento della pace rafforzando la collaborazione tra nazioni proprio attraverso cultura e conoscenza -ha confermato Massimo Riccardo, Rappresentante Permanente d'Italia presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura nata a Parigi nel 1946, appena dopo la Seconda Guerra Mondiale-. Lavoriamo per rendere sempre più universali principi come quelli contenuti nella prima grande convenzione culturale che approvammo nel 1970 che vieta traffici illeciti di beni culturali».
L’Italia sta giocando un ruolo chiave nelle partite dell’UNESCO: «Stiamo dando il nostro contributo -ha concluso Riccardo-. Grazie all’iniziativa del Ministro Franceschini abbiamo previsto un appuntamento ministeriale nel prossimo G20 dedicato solo ai temi culturali. Siamo convinti sostenitori della filosofia dell’UNESCO, siamo primi contributori e ospitiamo numerosi suoi poli scientifici e di ricerca, basti pensare allo WWAP di Perugia, che ogni anno produce un rapporto sull’acqua per tutto il sistema ONU».
Per usare bene il soft power però serve comunicare bene: «Se esso è l’abilità di un paese di essere attrattivi sfruttando arte, cultura e storia stiamo parlando anche di come uno Stato comunica queste risorse -ha confermato Angelo Ficarra, consulente per la comunicazione istituzionale e politica della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica-. Diversi soggetti privati come musei e teatri hanno dimostrato una grande capacità, specie negli ultimi mesi, nel raggiungere target nuovi grazie a una comunicazione efficace soprattutto sui social network. Occorre introdurre nuove figure professionali che possano affiancare i nostri diplomatici per impostare strategie di comunicazione efficaci in modo da precedere i tempi senza dover inseguire sempre l’evoluzione delle tecnologie».